Calcio e Finanza
·14 de julho de 2025
Phillips (Fifpro): «Il calcio di FIFA e UEFA è finito. E’ tempo di accordi collettivi»

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·14 de julho de 2025
Quella sul riposo e il benessere dei calciatori è una delle battaglie più recenti del mondo del calcio. In questi giorni, la FIFA ha fatto sapere di avere stabilito un minimo di tre settimane di pausa per i giocatori a fine stagione, con almeno 72 ore di riposo tra una partita e l’altra. Una decisione – non è chiaro però quanto vincolante – presa senza un confronto con Fifpro, il sindacato internazionale dei calciatori.
Alex Phillips, che di Fifpro è il segretario generale, ha rilasciato un’intervista al Financial Times nella quale ha parlato di come i calciatori siano marginalizzati nella governance del calcio, delle sfide che affrontano dentro e fuori dal campo, e di perché sia necessario un cambiamento nei rapporti di potere nel mondo del pallone.
Phillips ha esordito dicendo che vorrebbe che il calcio fosse gestito maggiormente «non solo dai calciatori. Anche da allenatori, arbitri, tifosi e altri che metterebbero il calcio al centro delle priorità. Negli sport americani, le associazioni dei giocatori hanno molto potere. E sono sport di enorme successo. Nel calcio i giocatori non hanno quasi voce in capitolo. Devono solo obbedire. Vengono spesso usati come accessori per far sembrare chi è al potere vicino al gioco».
«Questo è l’atteggiamento: “Stiano zitti e giochino di più perché guadagnano tanto.” Ma non è così. Ho parlato con i giocatori del Mondiale per Club: non vogliono più soldi. Semplicemente hanno un contratto e devono giocare. Uno mi ha detto: “So che l’unico momento in cui mi riposerò sarà quando mi farò male.” È triste», ha aggiunto il segretario generale di Fifpro.
Il sindacato internazionale rappresenta oltre 70.000 calciatori tramite 70 sindacati nazionali. «Non siamo presenti ovunque, anche perché espelliamo i membri corrotti. In Scandinavia il problema è il passaggio a una seconda carriera. In altri paesi è farsi pagare puntualmente: il 41% dei calciatori non ha ricevuto lo stipendio in tempo almeno una volta negli ultimi due anni. Un buon sindacato — e ne esistono di cattivi — può essere un punto di riferimento per i giocatori. Ma è difficilissimo parlarne».
Sul tema della salute mentale, Phillips ha spiegato che «i giocatori non possono mostrare debolezza: rischiano il posto. È assurdo che esista un solo giocatore professionista apertamente gay (Josh Cavallo, ndr). Vivono sotto pressione. Alcuni si tolgono la vita. Succede anche in altri ambiti, ma nello sport professionistico è amplificato».
Fifpro chiede maggiore riposo per i calciatori: «Servono almeno 4 settimane di pausa tra le stagioni e altre 4 di preparazione. E un giorno libero a settimana. Ma chi organizza le competizioni non se ne preoccupa. Vogliono solo lanciare nuovi tornei. Il Mondiale per Club genera 1,25 miliardi di dollari. Se fosse una lega, ai giocatori spetterebbe il 50%. Ma così ricevono solo briciole: un club di MLS può guadagnare 10–30 milioni, i giocatori forse 1 milione in tutto».
Partendo dal caso Diarra, Phillips è convinto che il calcio stia cambiando: «Ci saranno ricorsi legali, ci vorrà tempo. Ma l’impatto più grande sarà questo: la fine dell’era in cui FIFA e UEFA decidono da sole. Stiamo andando verso la contrattazione collettiva. I giocatori avranno voce nelle decisioni. Vogliamo co-progettare il sistema. Non chiediamo trasferimenti illimitati, ma regole più eque. In passato erano eccessive: un giocatore non poteva muoversi nemmeno a contratto scaduto. Ora vogliamo diritto di veto sul sistema di trasferimenti. Per questo abbiamo riformato la governance. Dobbiamo dimostrare di meritarci un posto al tavolo».
Fifpro non sarebbe contraria anche a un salary cap: «In USA le unioni lo accettano, ma come parte di un pacchetto che include salari minimi, pensioni, assicurazioni. In Inghilterra non siamo favorevoli alle proposte attuali, ma dipende dal contesto. A livello internazionale è quasi impossibile da applicare».
«È difficile farlo funzionare anche in un solo paese. A livello globale, con tasse e leggi diverse, è ancora più complesso. Il fair play finanziario UEFA è simile a un tetto salariale, e anche quello è difficile da applicare», ha concluso.
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