Luis Enrique boom: meglio il Psg di oggi o il suo Barcellona di 10 anni fa? Ecco la comparazione di due squadre “ingiocabili” | OneFootball

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·11 de julho de 2025

Luis Enrique boom: meglio il Psg di oggi o il suo Barcellona di 10 anni fa? Ecco la comparazione di due squadre “ingiocabili”

Imagem do artigo:Luis Enrique boom: meglio il Psg di oggi o il suo Barcellona di 10 anni fa? Ecco la comparazione di due squadre “ingiocabili”

Luis Enrique tra passato e presente: il suo PSG attuale vale il Barcellona di ieri? Le ultime

In attesa di vedere se domenica sera il Psg sarà capace di superare il Chelsea, dopo averlo fatto con Bayern e Real Madrid, è indubbio che Luis Enrique sia l’allenatore del momento. E non solo per quanto sta succedendo oggi, in questo preciso momento. A colpire è un senso di già visto, di somiglianza profonda con un’epoca passata.

Un decennio dopo, c’è la stessa firma d’autore, la stessa impressione di onnipotenza. La vittoria del Paris Saint-Germain in Champions League, culminata con la demolizione per 5-0 dell’Inter in finale, ha chiuso un cerchio nella carriera di Luis Enrique, riportando alla memoria la sua prima, grande opera d’arte: il Barcellona del 2014-15, la squadra del Triplete e del tridente più iconico della storia, la MSN. Le cronache di oggi, come quelle di allora, usano la stessa parola per descrivere la sua squadra: “ingiocabile”. Ma se la filosofia di fondo è la stessa, le due creature di Lucho sono profondamente diverse, lo specchio di un’evoluzione che lo ha consacrato come il miglior allenatore del mondo.


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Il paragone nasce da un’identità condivisa, un DNA calcistico che è il marchio di fabbrica di Luis Enrique. Sia il Barça del 2015 che il PSG del 2025 sono squadre che dominano attraverso il possesso palla, ma senza mai cadere nella sterilità. Come ha spiegato Walter Sabatini, l’uomo che lo portò a Roma, «pensano di riuscire a fare qualsiasi cosa perché poi con la palla fanno qualsiasi cosa».

Entrambe le squadre alternano un palleggio quasi ipnotico a verticalizzazioni improvvise e letali. L’azione che porta al terzo gol del PSG nella semifinale contro il Real Madrid al Mondiale per Club – meravigliosa, tutta verticale con triangoli e veloce – sembra un’eco perfetta del gol di Rakitić nella finale di Berlino del 2015 contro la Juventus, un’azione a difesa schierata fatta di tocchi rapidi e inserimenti senza palla. Una a campo lungo, l’altra a terreno di gioco ristretto: ad accomunarle la precisione perfetta dei sincronismi, l’inserimento puntuale dei centrocampisti (il Rakitic di oggi è Fabian Ruiz).

L’altro punto in comune è la creazione di un gruppo dove anche le stelle si sacrificano. Se nel 2015 erano Messi e Neymar a pressare, oggi sono Dembélé e Kvaratskhelia a rincorrere gli avversari per 60 metri, con una generosità eccezionale, anche superiore a quella dei predecessori in maglia blaugrana, forse perché ancora non sono stelle così affermate come l’argentino e il brasiliano.

Eppure, le differenze sono profonde e raccontano la crescita del tecnico. Il Barcellona del 2015 era una macchina perfetta costruita attorno a tre divinità offensive: Messi, Suárez e Neymar. La palla, alla fine, doveva arrivare a uno di loro. L’azione del primo gol di Neymar nella semifinale di andata contro il Bayern è emblematica: Messi inventa, Suárez assiste, Neymar segna. Era un sistema che esaltava l’ineguagliabile talento dei singoli. Il PSG di oggi, invece, è un’entità più fluida e corale. Non ha un tridente fisso, ma un collettivo di talenti interscambiabili – Dembélé, Kvaratskheila, Doué, Barcola, Fabián Ruiz – che si muovono in un sistema di movimenti incessanti, cambi di posizione e di ruolo. Il gol di Hakimi in finale contro l’Inter, con l’assist di Doué servito da Vitinha, è la sintesi di questa orchestra: tutti partecipano, tutti sono pericolosi, tutti fanno la cosa giusta: un attaccate, un centrocampista, un difensore (per così dire, il marocchino non è racchiudibile in una definizione ristretta).In definitiva, il PSG del 2025 è l’evoluzione del Barcellona del 2015.

Se quella squadra aveva la genialità irripetibile della MSN, questa ha raggiunto un livello di fede incrollabile e di autorità collettiva forse ancora maggiore. Manca il genio singolo di quel Messi, ma c’è una consapevolezza tattica distribuita che la rende altrettanto dominante e, a suo modo, ancora più spaventosa. Un decennio dopo, Luis Enrique forse si è superato e solo ipotizzarlo è qualcosa di realmente mostruoso.

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