ESCLUSIVA PSB – De Maio: “Ecco cosa farò da Club Manager! Brescia? Bellissimo gesto di Pasini, gli fa onore. Su Possanzini e Pio Esposito…” | OneFootball

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·20 de julho de 2025

ESCLUSIVA PSB – De Maio: “Ecco cosa farò da Club Manager! Brescia? Bellissimo gesto di Pasini, gli fa onore. Su Possanzini e Pio Esposito…”

Imagem do artigo:ESCLUSIVA PSB – De Maio: “Ecco cosa farò da Club Manager! Brescia? Bellissimo gesto di Pasini, gli fa onore. Su Possanzini e Pio Esposito…”

Alla veneranda età di 38 anni e dopo ben 455 presenze tra i professionisti, di cui 451 tra Serie A, B e C, Sebastien De Maio ha deciso di dire addio al calcio. Addio che, nella realtà dei fatti, si è rivelato solo un fugace arrivederci, dato che il Mantova lo ha ingaggiato per il ruolo dirigenziale di Club Manager. Intervistato in ESCLUSIVA ai microfoni di Pianeta Serie B, De Maio si è raccontato per la prima volta in assoluto dopo il ritiro, parlando nello specifico dei compiti riguardanti la sua nuova mansione, attualmente in rapida espansione ma ancora poco conosciuta in Italia. Immancabile, dato il suo legame con la città, un commento sul fallimento del Brescia e sulla rinascita della società targata Giuseppe Pasini, ma non solo. Di seguito l’intervista completa.

Partiamo dalla fine di un percorso, ovvero il tuo recente ritiro dal calcio giocato. Quali motivi ti hanno portato a prendere questa scelta e che emozioni hai provato?


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“Non è stata una scelta per nulla facile: da un lato avevo una proposta lavorativa da dirigente con il Mantova, dall’altro ero stato contattato da alcune squadre di Serie C per continuare a giocare. La voglia di proseguire c’era ma, riflettendo a fondo, ho capito di voler intraprendere un nuovo percorso, anche in virtù del corso da Team Manager che ho seguito l’anno scorso. L’anno prossimo mi sarei comunque ritirato in ogni caso, dunque giocare un anno in più o in meno non avrebbe cambiato nulla per quanto riguarda la mia carriera. Ho deciso dunque di cogliere al volo l’opportunità che mi è stata offerta dal Mantova”.

Come dice il proverbio, “chiusa una porta, si apre un portone”: raccontaci il nuovo ruolo da Club Manager del Mantova. Quali saranno le tue mansioni e che posizione avrai nella dirigenza virgiliana?

“Ricoprirò una figura che si porrà tra il Team Manager Nicola Marchesi e il Direttore Sportivo Christian Botturi. Le mie mansioni si suddivideranno in tre macroaree: la prima sarà la gestione generale, ovvero vivere il quotidiano della squadra, l’organizzazione e le dinamiche societarie. Poi ci sarà la cura dell’area tecnica, cioè il confronto e lo scambio di pensieri ed opinioni con mister Possanzini, il DS Botturi e il presidente Piccoli. Ultimo, ma non per importanza, il ruolo di rappresentanza della società nelle occasioni come eventi o riunioni in Lega ad esempio. Mi sono sempre detto che, se mai avessi intrapreso la carriera dirigenziale, avrei iniziato proprio da questo ruolo, perché ti permette di comprendere veramente come funziona un club; nonostante abbia trascorso tanti anni nel calcio e qualche cosa l’abbia vista, solo se ti trovi veramente all’interno dei vari meccanismi capisci appieno tutte le dinamiche. Era il passo giusto da fare: partire subito dal ruolo di DS o TM sarebbe stato affrettato, e non è detto che diventerò uno dei due in futuro”.

La costante è Mantova, a cui ti sei legato fortemente in questo anno e mezzo: ti chiedo un commento sulla splendida salvezza dello scorso anno e cosa servirà per replicare l’impresa?

“Come hai ben detto, ho un legame forte con Mantova perché ogni persona che lavora all’interno della società è perbene. La salvezza della stagione scorsa è frutto di un lavoro maniacale e dei concetti richiesti da Possanzini; la squadra ha dimostrato che, giocando a calcio, ci si può salvare e ottenere dei buoni risultati. Quest’anno dovrà essere lo stesso: mi auguro che l’anno di esperienza in più aiuterà ad affrontare ancora meglio la Serie B. La squadra ha ampi margini di miglioramento: alcuni ragazzi provengono dalla Serie C o dalla D addirittura, in due anni hanno fatto un salto enorme. Sono quasi tutti italiani, a dimostrazione che il talento c’è, basta solo avere un’idea giusta da perseguire e crederci: noi ci abbiamo creduto sin dall’inizio, e questo ha fatto la differenza”.

La figura di mister Possanzini è stata fondamentale: tu che l’hai vissuto sia da compagno di squadra che da allenatore, hai notato qualche differenza? Si può dire che il miglior acquisto del calciomercato del Mantova sia stata la sua permanenza?

“Mister Possanzini è una grandissima persona; è acculturato, gli piace innovare e sì, il fatto che sia rimasto è stato l’acquisto più importante per il Mantova. Questo perché continua il progetto triennale con lui, che è un punto di riferimento assoluto per lo spogliatoio: sa come parlare alla squadra e farsi capire, anche se ormai i ragazzi hanno assimilato tutti i suoi concetti. Secondo me avrà un futuro roseo, perché ha delle idee molto interessanti”.

Tra quasi un mese partirà ufficialmente il prossimo campionato di Serie B: quali squadre partono come favorite ai blocchi di partenza?

“Come ben sappiamo, il campionato di Serie B è difficile per tutti: pongo un gradino sopra le altre le tre squadre che sono retrocesse dalla A, ovvero Empoli, Venezia e Monza, anche se solitamente una “toppa” sempre. Poi va aggiunto sicuramente il Palermo, che ogni anno è tra le papabili per la promozione; direi pure giustamente, visto quello che spendono. Poi hanno preso un allenatore molto preparato come Inzaghi, che è reduce dall’impresa con il Pisa”.

Durante il tuo ultimo periodo in attività hai incontrato qualche centravanti che ti ha stupito in particolar modo?

“Un attaccante che mi è piaciuto molto, anche se non ci siamo fronteggiati direttamente in campo, è Pio Esposito. Secondo me ha grandi margini di crescita: fisicamente è prestante, forte, si muove bene, è cattivo sottoporta. E poi ha segnato tanto l’anno scorso. Ti dico lui tralasciando ovviamente Laurienté, che è un giocatore di un’altra categoria; basti pensare che faceva la differenza già in Serie A con il Sassuolo”.

Filippo Inzaghi, dopo la storica promozione con il Pisa, è tornato in Serie B per tentare di replicare l’impresa con il Palermo: sarà lui l’uomo giusto per i rosanero? Che tipo di allenatore era e che rapporto avevate quando le vostre strade si sono incrociate a Bologna?

“Il Pippo Inzaghi che ho trovato a Bologna era un allenatore molto preparato: conosce tutto del mondo del calcio e dei giocatori, la sua vera forza è la tattica. Non si inventa nulla di trascendentale, però le sue squadre sono tutte compatte, atte al sacrificio reciproco e alla corsa. Il nostro rapporto era buono, anche se con lui non ho giocato molto: ha fatto altre scelte in quel momento, le ho accettate e sono andato poi all’Udinese. Non so se sarà l’uomo giusto per il Palermo, però in B ha sempre fatto bene perché conosce a menadito il campionato”.

Più volte hai dichiarato “Brescia è casa mia”: come darti torto, dato che lì hai impiantato la tua vita e che in biancoblù hai vissuto stagioni ricche di soddisfazioni. Quanto ha fatto male veder scomparire, in uno schiocco di dita, 114 anni di storia?

“Ha fatto male, malissimo: Brescia è diventata veramente casa mia in questi 20 anni che sono in Italia. Ho avuto anche l’onore di giocare per le Rondinelle per ben cinque stagioni. Brescia è una piazza troppo importante, ci hanno giocato calciatori di altissimo livello, e vedere il presidente Cellino che non ha mosso un dito per salvarla è la cosa che mi rode di più. Avrei potuto capire se non avesse avuto più soldi per pagare, ma al contrario aveva tutte le disponibilità monetarie per salvare la società e non l’ha fatto. Non dimentichiamo che ha lasciato anche tanta gente senza lavoro: non ha avuto cuore. Il fatto che non avesse un buon rapporto con i tifosi non lo giustifica per quello che ha fatto: bastava vendere, salutare e basta, senza fare un torto così grande”.

È nato da poco, invece, il nuovo Union Brescia di Giuseppe Pasini: cosa ne pensi di questo progetto? Le modalità non sono state esattamente carine nei confronti di Salò e della Feralpisalò…

“Su questo discorso sono un po’ combattuto: il fatto che non si chiami Brescia Calcio un po’ mi tocca. Io l’ho conosciuto così, con il suo nome, con la Leonessa… Magari è un discorso egoistico, però avrei preferito ripartire dall’Eccellenza con un percorso più pulito, sostenuto magari da un imprenditore del posto. Capisco però che salvare il Brescia era importante, e secondo me Pasini ha compiuto un bellissimo gesto verso la città. È vero che pure la Feralpisalò ha i suoi tifosi, e mischiare le due cose non è stato proprio il massimo, però comprendo le dinamiche e sono sicuro che Pasini l’ha fatto per cercare di aiutare, e questo gli fa onore”.

Durante una recente intervista hai dichiarato che il compagno di reparto con cui ti sei trovato meglio è stato Burdisso che, come te, ricoprirà un ruolo dirigenziale a Monza. Come lo vedi nelle vesti di DS?

“Oltre a Burdisso, uno che mi ha aiutato tanto è stato Daniele Portanova, quindi ci tenevo a ringraziarlo. Lui è un leader nato: non a caso ha giocato in grandi piazze come Inter e Roma. È una persona stupenda, leale e ha un carisma incredibile. A dir la verità, vedendo come si approcciava e come dialogava in campo, avrei pensato più ad un ruolo di campo come l’allenatore. Ha comunque tutte le carte in regola per fare bene, anche perché il calcio italiano lo conosce alla perfezione”.

Il presente dice che sei un Club Manager, ma in un futuro prossimo ti piacerebbe diventare un allenatore?

“Ad oggi ti dico di no, ma perché non ho ancora approfondito questo argomento: sicuramente farò il patentino per cultura personale, perché è propedeutico pure per le altre tipologie di ruoli societari. Tutti mi dicono che, una volta entrato nell’ottica dell’allenatore, ti si apre un mondo e lì capisci davvero se ti piace o meno. Sarà da valutare, un domani si vedrà”.

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