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·4 giugno 2024

🧐 Rocchi: “Contiamo 12 gravi errori arbitrali nell’ultima Serie A! Open VAR? Audio puliti e mai tagliati”

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Intervenuto in conferenza stampa dall’Aula Magna di Coverciano, Gianluca Rocchi, responsabile della CAN, ha tratto il bilancio finale sul sempre contestatissimo operato dei direttori di gara nell’ultima stagione sportiva. Ecco quanto ripreso da TMW:

“L’ultima volta che ci siamo visti ero un po’ arrabbiato, ma stavo vivendo un periodo dell’anno in cui percepivo il bisogno di una scossa forte per i ragazzi e visto il girone di ritorno, è servita. Ci eravamo dati degli obiettivi, sin da 3 anni fa quando abbiamo cominciato. L’appendice dei playoff e playout di Serie B è stata stupenda perché abbiamo avuto zero interventi VAR in 10 partite. Zero. E senza neanche usare i nomi top… Nonostante tutto siamo stati costretti a usare meno giovani, la lotta retrocessione nel finale è stata molto incasinata, scusatemi il termine ma ci si giocava la vita. Cerchiamo di indirizzare su quei ragazzi che danno risposte molto forti. L’organico è troppo grande, dobbiamo ridurre il numero di arbitri, 39 sono oggettivamente tanti. Crediamo che il numero sia 30-32, con quelli riusciamo a fare una Serie A di alto livello. Averne tanti è un vantaggio perché con questi numeri possiamo permetterci la strada di ricerca e prova dei nuovi talenti. Fossimo pochi, faremmo più fatica. Invece abbiamo inserito tanti giovani: oggi alcuni sembrano esperti, ma tre anni fa erano appena arrivati. I risultati poi ce li dà anche la scelta da fuori degli internazionali: abbiamo avuto 179 designazioni da FIFA e UEFA e vi posso garantire che Rosetti e Collina non ci hanno regalato niente. Abbiamo anche fatto 87 designazioni per altre campionati, e l’altra metà le abbiamo rifiutate. Abbiamo mandato arbitri in Arabia, Azerbaigian, Cipro, Croazia, Emirati Arabi, Grecia e Turchia. Dove siamo molto richiesti è soprattutto il VAR: siamo rimasti sorpresi positivamente. Abbiamo due arbitri all’Europeo e non è scontato, non so da quanti anni era… E non solo, abbiamo Mariani come unico rappresentante UEFA alla Copa América. E ricordiamoci sempre che c’è Massa nel percorso del Mondiale 2026, anche lì saremo tra i pochi ad averne due. Alle Olimpiadi saremo rappresentati da Valeri e Di Monte. Più di così non potremmo chiedere ai nostri ragazzi e la cosa che mi rende orgoglioso è che sono tanti, non parliamo di un fenomeno singolo. Abbiamo dei giovani che crescono, il Derby di Milano l’hanno fatto Colombo e Sozza, così come le finali playoff: vogliamo allargare il gruppo degli arbitri di qualità. E poi vogliamo incrementare il gruppo VAR arbitro dai 13 di oggi a 20-22, mentre sugli assistenti l’utilizzo è limitato perché c’è la rigida indicazione che il ruolo può farlo solo un ex arbitro e non un ex assistente: c’è questo blocco. La qualità media dei gruppi arbitri VAR è superiore alla media e come categoria sono molto richiesta, a volte più degli arbitri stessi”.


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Una riflessione sul tema razzismo. “Era stato una delle cose sulle quali stare attenti, abbiamo avuto un caso, quello di Maignan a Udine in cui Massa era stato bravissimo. E sì, anche Acerbi con Juan Jesus ma parlo di rapporti tra il pubblico e i calciatori. Questo vuol dire che il pubblico come prima cosa si è comportato meglio e che, se stimolate, sul tema le persone danno risposte. Noi vorremmo avere zero casi, non uno, però possiamo farci un applauso tutti, come sistema calcio”.

Quindi una considerazione su Open VAR. “Per me è stato un lavoro molto, molto faticoso, lo dico sinceramente. Ci siamo dovuti reinventare un lavoro che non è il nostro: vi garantisco che andare davanti a una tv non è proprio semplice. Ha avuto un grande vantaggio, ci ha costretti a lavorare ancora di più sulla comunicazione. Uno sforzo che avevamo chiesto e al quale abbiamo avuto ottime risposte: le comunicazioni audio sono pulite e sono come sono, non ne abbiamo tagliata mezza. Come esperienza è stata molto bella e ha permesso agli arbitri di far capire come lavoriamo, fuori dal nostro mondo. L’obiettivo è avere un campionato che sia più corretto possibile. Dei cinque macro-obiettivi che ci siamo posti, uno non è stato raggiunto e siamo lontani, ovvero riduzione e redistribuzione organico. Gli altri sono o raggiunti o in raggiungimento”.

Rocchi esamina poi alcuni numeri: “Abbiamo fischiato un po’ di più, ma ho detto ai ragazzi che hanno fatto benissimo perché nelle ultime giornate si è registrato un abbassamento drastico del tempo di gioco. E anche sui rigori non abbiamo avuto grandissime problematiche, se si esclude l’episodio di Juventus-Bologna (rigore su Ndoye non fischiato, ndr). Sul tempo effettivo abbiamo avuto un calo a metà campionato: quando abbiamo giocato più tempo le giornate sono state arbitrate mediamente meglio. La media del campionato è stata di 55 minuti e 13 secondi, siamo saliti di quasi 4 minuti rispetto al pre-Qatar quando abbiamo sollevato il problema. E pensate che a inizio stagione ero contentissimo perché stavamo sui 57. La media dei recuperi è di poco meno di 8 minuti. Ma vi faccio un esempio: Cagliari-Fiorentina ha avuto 16 minuti di recupero ma solo 47 di tempo effettivo. Non c’entra nulla il recupero alto col tempo di gioco effettivo alto. Siamo sotto la soglia europea sia sui rigori che per i falli, ma anche su ammonizioni ed espulsioni. Gli interventi VAR sono stati meno dell’anno scorso ma possiamo fare meglio, ci sono state giornate con 9 interventi… Non è un bel messaggio. Il mio obiettivo è mandare in campo ragazzi che arbitrino senza l’utilizzo del VAR o comunque più parsimoniosa. Come media siamo cresciuti e questo non mi fa contento. Sta a noi rimettere la barra dritta. Devono decidere in campo, il paracadute del VAR non è per gli arbitri, bensì per le squadre e per i tifosi. L’arbitro deve pensare a non sbagliare, altrimenti non fa l’arbitro. Abbiamo riparato al 92% degli errori, ma mi chiedo come faceste a sopportare tanti errori… Penso a Inter-Verona (fallo di Bastoni su Henry nell’azione del gol vittoria per i nerazzurri), per esempio: è un episodio importante per un mancato intervento VAR ma forse 15 anni fa sarebbe stato un episodio singolo sul campo, senza il peso specifico che c’è oggi. Non siamo sempre contenti di conferme dopo revisioni dal campo, significherebbe che il VAR è mancato in qualcosa nel suo percorso decisionale”.

Qualche nome di arbitri giovani che si sono segnalati? “Non faccio nomi ma ripeto, lavoriamo di gruppo e non sul singolo. Se vai solo su un arbitro, rischi di fare del male. La nomina devi guadagnartela partita per partita: se non passa questo concetto, creiamo mostri”.

Avete superato la fase di tensione con qualche persona in campo? “Mi scuso se sono stato duro ma serviva, era un momento in cui la tensione cresceva ogni settimana. Da lì i numeri sono calati, credo che più la giustizia sportiva è dura, meno commetti errori. Ribadisco l’idea di non poter fare domande sugli arbitri agli allenatori dopo 6 ore, se lo prendi a freddo ha una visione diversa”.

Si rischia di vivere delle partite sminuzzate? “Questo però non ci può spostare. Il VAR è uno strumento straordinario se usato bene… Un altro aspetto che rende difficile l’arbitraggio è che tutte le partite sono estremamente competitive. Quando ho iniziato ad arbitrare io in Serie A, grande contro piccola aveva quasi il risultato scontato ma oggi non è così: abbiamo il doppio delle vittorie esterne rispetto a vent’anni fa. Il ricorso al VAR è perché dei risultati così vicini portano a guardare al capello, ma non è l’obiettivo nostro”.

Tendete ad applicare troppo il regolamento? “Soprattutto coi giovani lavoriamo per capire la giocata e non applicare solo il regolamento. Chi ha recepito meglio le nostre direttive sta facendo certe partite… Gli arbitri sono arbitri di calcio”.

A gennaio avevate evidenziato 8 macro-errori. Quanti se ne aggiungono oggi? “Nel girone di ritorno ne metto 4 e si è sentita la differenza, il cambio di passo, anche per alcune scelte di stringere la cinghia sulle designazioni”.

Che voto alla stagione dei suoi ragazzi? “I voti dateli pure voi, chi ha ottenuto è perché meritava”.

Falso storico dire che c’è il metro italiano e quello europeo? “Sì. Da quando siamo qua abbiamo deciso di adottare la stessa metodologia di lavoro rispetto alle partite internazionali. Anche perché gli arbitri italiani poi vanno ad arbitrare all’estero. Voglio abituare le squadre italiane a giocare con un certo metro. E non scrivete che è merito degli arbitri, ma abbiamo 5 finaliste nelle coppe europee negli ultimi due anni. La Champions League è la categoria più facile da arbitrare, ma ricordate che l’arbitro più bravo è quello che si adatta alla partita”.

Avete capito e spiegato il buco tecnico sul fuorigioco di Sassuolo-Milan? Il gol di Chukwueze. “Il fuorigioco è fuorigioco, la virtualizzazione delle telecamere la stabilisce la regia, non noi. Sono arrivati immagini con una visione opposta. Mi riallaccio ad Atalanta-Fiorentina di Coppa Italia: non c’erano i tempi tecnici in televisione per far rivedere l’immagine ed è andata il giorno dopo. Mi sono arrabbiato. Però vi dico, almeno alla macchina crediamoci. Su quel gol di Sassuolo-Milan secondo me è stata sbagliata la proposizione, ma il fuorigioco c’era perché la macchina ce lo dava”.

Come formare i rapporti tra VAR e arbitri? “Ormai molti VAR sono professionisti e se ne fregano dell’arbitro. A volte però il VAR non interviene perché c’è un range entro cui l’arbitro decide. Quando fai qualcosa, sbagli, c’è da capire prima possibile dov’è che viene commesso l’errore”.

Pronti per un passo in più oltre Open VAR? “Come dicevo per gli allenatori, parlare a caldo è sempre complesso. Riproporre giornata su giornata anche per il futuro non è un problema”.

Qualche percezione politica ha influito sul vostro operato? “Le turbolenze ci sono stati, anche perché gli arbitri sono esseri umani e come tali risentono delle tensioni. Con fatica, ma ne siamo venuti fuori: la parte tecnica ha prevalso su quella politica. Come mondo arbitrale, però, più siamo uniti e meno siamo attaccabili”.

Qualche aspetto che le è piaciuto meno dei suoi? “Vorrei più personalità degli arbitri, un rapporto diretto e nel quale non subiscano proteste di arbitri o allenatori. Oggi si misura nel superamento di un incidente. Lì cerchiamo di lavorarci. Bisogna essere severi, tutti vogliono un arbitro che diano una risposta forte. Gli episodi che ci hanno portato più problemi sono stati quelli sui falli in azioni che hanno portato alla rete. Voglio far crescere il gruppo nella consapevolezza dei propri mezzi”.

Come ridurre l’organico? “Non è un percorso che si può fare da soli e in un solo anno, serve sostegno e supporto della Federazione, non mandiamo nessuno in mezzo a una strada da mattina a sera. Il COVID ci ha ricaricato in organico, servivano arbitri a dismisura, oggi dobbiamo diluire”.

Rifarebbe Open VAR? “Sì, ci permette di diffondere ciò che facciamo e non avere segreti. Il lavoro di questo percorso va condiviso con i ragazzi: pensate cosa è stato per loro rendere pubbliche le loro conversazioni dopo poche ore. Ho avuto un gruppo di totale disponibilità e li ringrazio

Si rischia di ridurre troppo l’uso del VAR agli analisi di campo. In Inghilterra vogliono toglierlo. “Lì la filosofia del calcio è diversa dalla nostra, da sempre l’errore dell’arbitro è visto come incidente di percorso. In Italia sposta la settimana. Se intervengo su ogni errore, porto via la filosofia del calcio, che dovrebbe essere sempre fluido. E lavoriamo anche sui tempi morti delle revisioni”.

Come operare sul tempo effettivo? Udinese-Empoli e Cagliari-Fiorentina hanno generato polemiche. “Le partite citate riguardano episodi nei minuti finali, nel recupero, che è sempre un casino. Abbiamo indagato per capire come mai ci fosse un tempo di gioco così basso e abbiamo visto per esempio che c’entrava anche il tempo di ripresa del gioco, lì si perdeva molto. E ribadisco, abbiamo avuto partite da 42 minuti di tempo effettivo, arbitrate da due top. Per me è più una questione di filosofia del gioco che non riguardante gli arbitri”.

Il VAR a chiamata è possibile? “C’è un esperimento in corso della FIFA con i campionati giovanili. Lo strumento è talmente innovativo che in futuro dico, perché no, può esserci la possibilità. Ma il problema è sempre capire come utilizzarlo…”

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