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·16 dicembre 2024

Ranieri, incubo hollywoodiano

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Il Messaggero (A. Sorrentino) – Alessandro Gabrielloni (chi era costui?) segna a 30 anni il suo primo gol in serie A e al 93′ decide Como-Roma; Keira Knightley, due candidature agli Oscar, saltella di gioia in tribuna urlando “Come on” insieme a Michael Fassbender, anche lui due candidature alla statuetta, e poco più in là c’è Adrien Brody, americano, un Oscar vinto; la Roma sprofonda ed è due punti sopra la retrocessione.

Presi uno per uno, solo qualche settimana fa, i tre eventi sarebbero appartenuti alla categoria dei sogni, o degli incubi. Invece si verificano tutti e tre nel giro di pochi secondi di una maledetta domenica, e per fortuna che è solo il lago di Como: fossimo in Scozia spunterebbe pure il mostro di Loch Ness, che qua non c’è limite alla fantasia.


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Come la Francia, che ha avuto quattro Primi ministri da gennaio a oggi, la Roma è al quarto allenatore dell’anno, e continua a non raccapezzarsi. E per la prima volta Cincinnato Ranieri stecca davvero. La sua Roma sembra quella di Juric nella formazione di partenza e negli impacci, gira in tondo e a vuoto e senza Hummels frana ancora in difesa, ritorna bruscamente sulla terra e si spaventa davvero, adesso. Anche Ranieri sta prendendo coscienza del difetto strutturale ben noto: la fragilità atletica di troppi giocatori di rilievo, la loro inaffidabilità a gioco lungo, la necessità di ruotarli e farli rifiatare perdurando gli impegni, ma le rotazioni obbligate impediscono di mantenere una fisionomia chiara. È un problema disperante, niente affatto nuovo e quasi di impossibile soluzione, come l’uroboro, il serpente che si morde la coda.

Pare abbia finalmente perso le staffe il presidente Dan Friedkin (forse anche per la figuraccia davanti alle stelle del red carpet) che fa tuonare da lontano il suo disappunto, e la promessa di interventi sul mercato. Nell’attesa, la Roma è ora costretta a concentrarsi solo sul campionato: nelle coppe, vivacchiare e risparmiarsi, a cominciare dalla Samp.

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