Rampulla: «Volevo essere Anastasi, segnai di testa con la Cremonese. Lippi in Cina spaccò la lavagna. Marotta aveva un bel sinistro…» | OneFootball

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·25 agosto 2025

Rampulla: «Volevo essere Anastasi, segnai di testa con la Cremonese. Lippi in Cina spaccò la lavagna. Marotta aveva un bel sinistro…»

Immagine dell'articolo:Rampulla: «Volevo essere Anastasi, segnai di testa con la Cremonese. Lippi in Cina spaccò la lavagna. Marotta aveva un bel sinistro…»

Un gol che ha fatto la storia, un’incursione offensiva che lo ha consegnato per sempre alla memoria collettiva del calcio italiano. Michelangelo Rampulla non è stato solo un portiere affidabile e un secondo di lusso nella Juventus dei record, ma è l’uomo che, il 23 febbraio 1992, ha infranto un tabù, diventando il primo portiere a segnare un gol su azione in Serie A. Quella rete al 90′ in un Atalanta-Cremonese ha trasformato un ragazzo partito da un paesino della Sicilia in un’icona. Ma dietro quel gesto istintivo c’è la storia di un attaccante mancato, di un padre juventino che sognava per lui un futuro alla Anastasi e di una carriera ricca di aneddoti e di maestri, da Giagnoni a Trapattoni, fino a quel Marcello Lippi che ha seguito anche nella sua avventura in Cina. Oggi, a 63 anni, l’ex portiere si racconta in un’affascinante intervista a La Gazzetta dello Sport, un viaggio che parte da una Seicento bianconera e arriva a una lavagna spaccata in due dalla rabbia del suo mentore.

DA ATTACCANTE A PORTIERE – «Comincio attaccante, ala sinistra di un 4-3-3 moderno. Ma papà, juventino da sempre, mi parla di Sentimenti IV, Combi, Anzolin… Io ho sette/otto anni e voglio essere come Anastasi, Pietruzzo è l’idolo di noi siciliani. Il mio primo allenatore mi vede con i guanti però mi dice “Tu vai in attacco”. Ma io… gli dico: mister, mio padre non vuole. È un professore di lettere, conosce mio padre e sa che è un po’ fumantino. Mi guarda e fa: “Va bene, vai in porta”».


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ATALANTA-CREMONESE – «Atalanta-Cremonese, siamo sotto di un gol. C’è una punizione, è il 90’, mi decido e faccio a Giagnoni: “Mister, io vado!”. E lui: “No, no, no!”. Ma Garzilli, il mio compagno, urla: “Ti copro io”. Giagnoni allarga le braccia rassegnato. Sogno un gol in rovesciata, invece mi arriva la palla sul secondo palo e la spingo di testa con tutto me stesso».

L’ESULTANZA – «Non capisco niente, penso a tornare per non lasciare la porta vuota, quasi non mi rendo conto che è gol. La cosa divertente è che, trenta secondi dopo, c’è una situazione simile e Giagnoni mi fa: “Vai, Miche!”. Boccheggio, non ce la faccio più. “No, no, mister, non sfidiamo la fortuna…”. Purtroppo, non basta a salvarci».

GIAGNONI «Gran persona, di cuore, d’altri tempi. Arriva dopo l’esonero di Burgnich che aveva un’abitudine: concedere un bicchiere d’acqua e mezzo di vino a pasto. Giagnoni si siede a tavola per la prima volta e vede il massaggiatore che versa dalle due bottiglie. “Ma che fa?”. Gli spiegano. E lui: “Ma questi sono uomini adulti e sposati. Fateli bere”».

A VARESE C’ERA MAROTTA DS – «Diceva: “Ti fermi che tiro un po’?”. Si cambiava e veniva in campo. Aveva un bel sinistro».

COL CESENA È ANDATO A TIRARE UN RIGORE. – «E Torresin lo para. È un bel Cesena. Sbagliamo quattro rigori di fila in campionato e l’allenatore Buffoni, disperato, mi fa: “Te la senti?”. Con meno! Succede con il Monza ma all’ultimo cambio angolo: la cosa da non fare mai».

LA JUVE NEL ’92. – «Mi vuole anche la Lazio, sembra fatta, ma la Juve pensa a me come vice Peruzzi, un mostro. Incontro Zenga in tv e mi fa: “Vai alla Juve! Lascia stare il resto, è sempre la Juve”. Poi, per uno juventino come me… Dieci partite lì valgono trenta altrove: ne gioco 99. Ma la centesima per me è l’amichevole Juve-Toro del ’94 per gli alluvionati, da capitano».

TRAPATTONI – «Lo ascolto a bocca aperta, come tutti. Prima della partita ci spiega al dettaglio cosa fare. E in campo gioca con noi le partitelle: ha 50 anni ma, caspita, che grinta, tira ancora qualche scarpata».

LIPPI – «Marcello è straordinario. Non sa quante partite vinciamo grazie ai suoi discorsi motivazionali: ottiene il 200 per cento dai giocatori. In Cina siamo a un passo dallo “scudetto”, dobbiamo solo pareggiare. Spiega tutto ai ragazzi, ma dopo 8 secondi siamo sotto. Nell’intervallo rientra negli spogliatoi furibondo. Urla e spacca, anzi, frantuma la lavagna con un calcio da karate, i ragazzi sono terrorizzati. Rientrano, pareggiamo e il titolo è nostro».

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