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·13 febbraio 2024
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L’attaccante del Toronto FC Lorenzo Insigne ha rilasciato una corposa intervista ai canali ufficiali dell’UEFA riportata da TMW.
Un primo bilancio della tua avventura a Toronto “Per ora il bilancio non è stato del tutto positivo. La mia avventura qui a Toronto è partita col piede giusto inizialmente, considerando le prime partite e l’impatto che ho avuto con un campionato differente. Poi, però, gli infortuni mi hanno costretto a saltare tante partite ed è stato frustrante perché avrei voluto fornire il mio apporto alla squadra. Ora sto bene, sto lavorando nel miglior modo possibile per arrivare pronto alla prossima stagione. Voglio dare molto a questa società, tutti si aspettano tanto da me e avere la fiducia di club, mister, compagni e l’intero staff mi aiuta tantissimo. Devo dare di più rispetto all’anno scorso, continuando a curarmi bene anche fuori dal campo, perché è fondamentale a questi livelli”.
Toronto è una delle 16 città che ospiterà la prossima Coppa del Mondo FIFA. Quale atmosfera si respira in città e che sensazioni ti ha dato giocare al Toronto Stadium? “C’è tanta passione a Toronto e sono sicuro che accoglieranno la Coppa del Mondo molto bene. L’MLS sta crescendo tanto e organizzare un Mondiale porterà sicuramente ulteriore visibilità, per questo sono certo che le persone renderanno l’ambiente ricco di entusiasmo per un evento così importante. Nel nostro stadio si respira un’atmosfera fantastica, nonostante non siamo riusciti ancora a ripagare tutto l’affetto ricevuto, i tifosi sono sempre in tanti e ci supportano in ogni partita. Anche quando non fai bene le persone qui vengono allo stadio e ti acclamano e questo per tutti noi è fondamentale”.
A che punto è il calcio della MLS e cosa hanno dato gli arrivi di calciatori come te e Messi negli ultimi anni? “Rispetto ad altri sport nazionali, qui il calcio è un po’ indietro ma ci sono stati tanti investimenti per farlo crescere e migliorare sempre di più. A Miami sono arrivati giocatori fenomenali come Messi, Suarez, Jordi Alba e Busquets, qui a Toronto ci siamo io e Fede (Bernardeschi), è arrivato da poco Forsberg a New York… Altre squadre magari non avranno nomi altisonanti ma ci sono tanti giocatori forti che contribuiscono alla crescita della Lega. Giochiamo in degli stadi sempre pieni, c’è tanto entusiasmo e continuando così la MLS raggiungerà grandi livelli”.
Che differenze hai trovato rispetto al calcio europeo? “C’è tanta differenza con il calcio europeo, fatto di più dettagli e accorgimenti. Ma sicuramente la differenza più grande è la distanza delle trasferte: ci sono viaggi molto lunghi e a volte risulta un po’ stressante scendere in campo in pochi giorni. Ma è tutto una questione di abitudine. Dal punto di vista del gioco il campionato è in crescita e noi, ad esempio, ora abbiamo un nuovo allenatore che sta lavorando molto bene, con idee precise che dobbiamo mettere bene in pratica in campo”.
Un salto in Italia. Sei stato uno dei protagonisti principali del percorso che ha portato il Napoli negli anni ad arrivare fino allo scudetto, pur non avendolo vinto di persona. Cosa hai pensato quando gli azzurri hanno vinto il tricolore? “Sono super felice, tanto. Per noi napoletani è sempre stata un’ossessione portare lo scudetto a Napoli. Anche se non l’ho vissuto in prima persona, da tifoso ero lì col cuore. Qualcuno avrà pensato che io abbia invidiato il fatto di non averlo vinto ma veramente sono stato felicissimo. Vedere il Napoli lassù mi ha dato tante emozioni. Ora il tifoso che è in me sta soffrendo un po’ per come sta andando questa stagione ma è sempre difficile ripetersi. È stato fatto qualcosa di unico e i tifosi devono stare vicino alla squadra perché questi ragazzi lo meritano davvero”.
Il momento più bello della tua carriera a Napoli? “Porto nel cuore tante cose della mia carriera a Napoli. Undici anni sono tanti. Ogni anno ho vissuto momenti indimenticabili ma l’ultima partita con il Genoa la porterò per sempre nel mio cuore. Non mi aspettavo quell’accoglienza, quel calore. Pensavo che le persone avessero preso male la mia partenza a zero. Sapevo di aver dato tutto a questa squadra e le strade si sono divise. Ma quel momento è stato davvero emozionante: lo stadio pieno per me, da napoletano, è stata una cosa davvero unica”.
Quanto è stato fondamentale Spalletti per il Napoli e quanto lo può essere per il futuro dell’Italia? “Spalletti è stato veramente fondamentale per la vittoria dello scudetto. Ha creato un grande gruppo nei due anni a Napoli, con uno staff molto preparato. Lui ti aiuta a stare sempre sul pezzo e ad essere sempre pronto a tutto. Credo che la nazionale abbia fatto la scelta giusta dopo Mancini. Era l’unico che poteva prendere quel posto per quello che aveva fatto in carriera e negli ultimi anni, anche se di certo non è facile ripetere il gioco che si è visto a Napoli in nazionale, visto che non si lavora quotidianamente. Tuttavia, sono sicuro che lui non dormirà la notte per preparare al meglio l’Italia e seguendolo si faranno grandi cose”.
E a proposito di nazionale. Quanto ti piacerebbe rivestire quella maglia? “Io ho parlato già con il mister in maniera molto tranquilla. Con lui ho un ottimo rapporto e lui sa che finché gioco non ho intenzione di non pensare alla nazionale. Resta sempre il sogno di quando sei bambino. Io ho avuto la fortuna di giocare per l’Italia, di vincere un Europeo ed è stata una cosa indimenticabile. Anche se sono in Canada ho sempre dato la mia disponibilità ma ovviamente il CT fa le scelte per il bene della squadra e le rispetto. Se dovesse chiamarmi sarei felice di accettare la chiamata ma se non dovesse farlo sarei il primo tifoso della nazionale italiana, consapevole di dover fare ancora di più per metterlo in difficoltà”.
Cosa manca al calcio italiano in questo momento, visto che sembra essere indietro rispetto a quello di altre nazioni? “Posso dire che da quando ho iniziato a giocare io in Serie A il calcio è cambiato tantissimo. Nel periodo di Sarri a Napoli abbiamo affrontato squadre e giocatori molto forti, ora sono poche le squadre che hanno calciatori di un certo livello in Italia. Il calcio è tecnica, divertimento e bisognerebbe investire molto di più su quello quando si ha a che fare con i giovani con queste caratteristiche, piuttosto che pensare soltanto alla struttura fisica. Il CT Scaloni qualche giorno fa ha parlato proprio di questo e dell’esigenza che si sta sviluppando tra alcuni allenatori di insegnare tattica a bambini di 7-8 anni… Io non so se da piccolo avrei continuato a giocare a calcio se fosse stato così. C’è tempo per imparare la tattica, per crescere fisicamente, prima bisogna divertirsi e migliorare la tecnica”.
Mertens ha detto che potrebbe presto ritirarsi a causa dell’età che avanza. Che cosa ne pensi? “Dispiace pensare che Mertens potrebbe ritirarsi. Con lui ho vissuto grandi emozioni, un giocatore straordinario. Non ha detto bugie, quando arriviamo a questa età siamo giovani per la vita ma non per il nostro lavoro, a 36 anni vieni considerato in maniera differente e ti senti in un altro modo atleticamente. Io a 32 anni non ci voglio proprio pensare, sto male solo a pensarci, perché ho sempre fatto questo nella mia vita. E mi sale l’ansia se penso a cosa fare dopo aver smesso. Voglio godermi altri 4-5 anni alla grande, finché ce la faccio mi diverto. Poi bisogna essere anche consapevoli di quello che ci dice il corpo e capire quando può essere il momento giusto per dire basta”.
Pensi che la tua carriera finirà a Toronto? “Qui sto benissimo, dove vado?! Non ho mai pensato di andare via. Un anno e mezzo fa ho fatto questa scelta e sono contento. Mi dispiace non aver dato ancora il mio contributo al 100% alle persone che hanno creduto in me. Con la mia famiglia ci troviamo alla grande qui e fin quando mia moglie e i miei figli stanno bene sto bene anche io. Siamo felici, a Toronto ci hanno accolto davvero benissimo”.