Calcio e Finanza
·21 settembre 2024
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Scavando nel materiale sequestrato ai fratelli Elkann (John, Lapo e Ginevra), al loro commercialista di fiducia – e attuale presidente della Juventus, Gianluca Ferrero – e al notaio che ha redatto il testamento della nonna, gli investigatori della Finanza hanno scoperto che c’è un altro tesoro nascosto dagli eredi dell’avvocato Gianni Agnelli oltreoceano.
Un trust con sede alle Bahamas, che solo nel periodo oggetto delle contestazioni della Procura di Torino (ossia dal 2015 al 2019) ha fruttato redditi di capitale pari a 116,7 milioni di euro. Ricostruendo poi la massa ereditaria lasciata da Marella Caracciolo ai suoi tre nipoti prediletti, è emerso inoltre – scrive Il Messaggero – che il patrimonio ammonta a circa 800 milioni di euro, più dei 734 milioni inizialmente censiti.
«Oltre alle disponibilità indicate nell’inventario dell’eredità redatto dall’esecutore testamentario svizzero, ci sono infatti quote di un fondo di investimento lussemburghese e le spartizioni post mortem» tra John, Lapo e Ginevra. Tra cui opere d’arte e gioielli di ingente valore ed elementi patrimoniali di una società immobiliare lussemburghese.
Tra i documenti trovati nel caveau di John Elkann e sequestrati dalla Finanza c’è un fascicolo rilegato contenente una mail del 5 febbraio 2008 scritta in francese a firma dell’avvocato Rocco Rondi con oggetto “Madame M. de Pahlen” e allegati 47 documenti. Tra questi ci sono riferimenti «a ulteriori società offshore verosimilmente appartenute all’avvocato Gianni Agnelli e di cui, pertanto, è necessario – spiegano gli inquirenti – verificare il passaggio a Marella Caracciolo e, da ultimo, ai fratelli Elkann».
Il sospetto è che l’eredità lasciata da uno degli imprenditori più importanti del nostro Paese sia finita all’estero. Nei 47 allegati ci sono anche riferimenti alla Fondazione Alkione con sede a Vaduz, in Liechtenstein, costituita nel 2001 da Agnelli e i cui “gestori fiduciari” erano i suoi tre consulenti personali: il defunto Gianluigi Gabetti, lo svizzero Siegfried Maron e l’avvocato Franzo Grande Stevens (lo studio legale di quest’ultimo è stato perquisito in quanto al 95enne risultano essere, o essere state, riconducibili tre società fiduciarie oggetto dell’inchiesta).
Contro Gabetti, Maron e Grande Stevens, Margherita aveva intrapreso un’azione legale chiedendo di conoscere la reale consistenza del patrimonio del padre: sospettava che i tre professionisti le avessero tenuta nascosta la fetta più grossa della torta dell’eredità.