Pagine Romaniste
·22 agosto 2025
Conferenza stampa, Gasperini: “Mi aspettavo una rosa più completa. Pellegrini può andare via”

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·22 agosto 2025
Oggi, venerdì 22 agosto 2025, alle ore 14:00, la sala stampa del Centro Sportivo Fulvio Bernardini a Trigoria ospiterà la prima conferenza stampa stagionale di Gian Piero Gasperini, neo-allenatore della Roma, in vista dell’attesissimo esordio in Serie A 2025/26 contro il Bologna.
L’appuntamento, che segna l’inizio ufficiale della nuova era giallorossa sotto la guida dell’ex tecnico dell’Atalanta, è molto atteso dai tifosi e dagli addetti ai lavori, con lo Stadio Olimpico già sold out per la partita di domani, sabato 23 agosto, alle 20:45.
Ecco le dichiarazioni live del nuovo allenatore giallorosso.
Presenza numero 600 per lei. Come si immagina questo esordio? Come arriva la squadra? «Ho letto stamattina che domani sarà la mia seicentesima partita. Per me, che non guardo molto le statistiche, è stata sicuramente una grandissima sorpresa. Non poteva esserci occasione migliore per raggiungere questo traguardo: la prima di campionato, una nuova esperienza con la Roma, in uno stadio pieno di gente. Sicuramente è qualcosa di straordinario. La squadra arriva con tanta voglia di fare. Domani sarà un biglietto da visita: dietro di noi c’è tanta passione, tanti tifosi, tanti abbonati. Giochiamo contro una squadra che negli ultimi anni si è confermata tra le migliori del campionato, ben preparata e solida. Sarà una bellissima prima di campionato».
Come sta vivendo la situazione Bailey e in generale il mercato? Come sta Dybala? «Bailey, incredibile, sono veramente dispiaciuti. Un infortunio, anche per la sua gravità, in una situazione davvero difficile da spiegare. C’è anche un video dell’episodio. Peccato, peccato davvero, perché al di là dell’immediatezza della partita – che non so quanto avrebbe potuto aiutare, ma probabilmente sì – pesa soprattutto l’entità dell’infortunio, avvenuto in un gesto assolutamente consueto. Sul mercato le trattative non so che durata possano avere, siamo ormai nella fase finale e tutto diventa molto imprevedibile. Io però guardo alla partita con il Bologna, guardo all’inizio del campionato. Per quanto riguarda Paulo, è rientrato ormai da dieci giorni e secondo me è sulla strada giusta. Era partito bene in preparazione, poi ha dovuto fermarsi qualche settimana, ma adesso ha ripreso e sta facendo tutto. Anticipo anche un aspetto legato alla formazione: secondo me non può ancora giocare 90 minuti, quindi o parte dall’inizio o entra a gara in corso».
Avrebbe voluto una rosa più completa per la prima di campionato? «Indubbiamente sì, soprattutto per un allenatore nuovo che magari arriva e vorrebbe portare altre idee. Però devo dire che con i ragazzi con cui abbiamo lavorato abbiamo fatto bene: hanno passato un mese e mezzo insieme e, tra quelli che erano già presenti dall’inizio, sicuramente abbiamo fatto tanto. Gli altri sono arrivati un po’ alla spicciolata, qualcuno prima, qualcuno dopo, poi c’è stato anche uno stallo. Certo, tutti noi vorremmo sempre poter partire con una squadra definita, con una rosa completa, per sfruttare al meglio il periodo di preparazione. Ma ormai questo sembra essere diventato un po’ un’utopia per tutti».
Aveva ricevuto delle rassicurazioni? «Ti fai delle indicazioni, ti dai dei propositi, no? Poi c’è la realizzazione. Quelli sono sempre molto validi, sempre molto riconosciuti in ogni riunione che facciamo. Poi però la realizzazione può avere tempi diversi e bisogna vedere anche quanto si riesce a fare».
Dovbyk? «Non lo so, non ho la sfera di cristallo per capire cosa succederà in questi dieci giorni. Io sono qui, oltre a domani, dopo di che è convocato, come tutti quelli che lo sono in questo momento. Io penso sempre a guardare avanti e domani credo che ci attenda un bel momento, l’inizio del campionato. Dovbyk, insieme agli altri ragazzi convocati, debve avere la massima concentrazione davanti al nostro pubblico per la prima volta quest’anno. È vero che queste date di mercato possono portare a ritrovarti un giocatore contro due volte, oppure ad averlo e poi rivederlo dall’altra parte. Quello che succederà nei prossimi dieci giorni lo vedremo».
Lei fece quel discorso sulla musica. «Non era su Dovbyk. In generale, nel calcio ci sono dei tempi, un po’ come nella musica. Vale per chiunque giochi a calcio, e i giocatori di maggiore qualità sono indubbiamente quelli che hanno il tempo giusto, come nella musica. Chi entra un po’ prima o un po’ dopo corre il rischio di steccare. Ma questo vale anche in un’azione, in una qualsiasi situazione di gioco. Ma l’avete portata su Dovbyk, poverino».
Allora è più “intonato” Dovbyk o Ferguson? La Roma è più forte dello scorso anno? «Per me, sono due ottimi strumenti, diversi tra loro. Entrambi sembrano essere cresciuti rispetto all’inizio della stagione, sia sul piano dinamico che fisico. Se la Roma di oggi è più forte lo dovremo capire, perché della Roma di prima abbiamo dei parametri, mentre questa ha appena iniziato a giocare ed è sicuramente molto diversa. Se guardiamo l’ultima formazione scesa in campo a Torino, a fine maggio, rispetto a quella oggi sono passati tre mesi: ci sono tre titolari che non ci sono più, 6-7 giocatori in panchina che non ci sono più. In totale una decina di calciatori hanno lasciato, mentre ne sono arrivati cinque, di cui uno purtroppo si è fatto male subito. Parlo ovviamente dei giocatori di movimento. È una Roma diversa, anche nei numeri: basta fare il confronto per accorgersene. Se sarà più forte, me lo auguro, ma non posso dirlo adesso. Lo scopriremo strada facendo, quindi cerchiamo di capirlo insieme».
Pellegrini? È possibile vedere El Aynaoui più avanzato? «Le soluzioni sono quelle: una o l’altra. Abbiamo due o tre opzioni, tra cui anche questa. Su Pellegrini mi sembra che stia recuperando ed è vicino al rientro. Io sono arrivato che lui era già infortunato, quindi non ha mai potuto allenarsi con la squadra. Non so perché questa domanda venga sempre fatta a me e non al giocatore o alla società. Quello che ho visto io con Pellegrini è che la situazione non è così chiara: è evidente che la società non ha intenzione di allungare il contratto ed è altrettanto evidente che lui ha bisogno di giocare per ambire alla Nazionale e ai suoi obiettivi personali. Non sono io la persona più indicata per parlarne, però visto che me lo chiedete cerco di rispondere. Ho ereditato questa situazione e provo a chiarirla, perché in tutte le interviste mi mettete in mezzo a questa vicenda. Non so se per fare polemica il giocatore si esponga in un certo modo, ma io non voglio farne. Risolveranno: a me sembra che, se lui trova una situazione adeguata, sia contento di andare via, e lo sarebbe anche la società. Però trovare la soluzione giusta non è semplice e per questo siamo in una fase di stallo. Non mi pare di dire nulla di nuovo o di scoprire l’acqua calda: questa è la realtà della situazione».
Un pensiero sui nuovi? Possono giocare tutti e quattro da titolari? «Sono i profili su cui la Roma ha pensato di ricostruire o di costruire il proprio futuro. Sono tutti ragazzi giovani. Il più vecchio è Neil, che ha 24 anni. Ghilardi è un 2003, Wesley un 2003, Ferguson un 2004, tutti di 21-22 anni. Sono giocatori giovanissimi con esperienze diverse. Sono due profili. Mi piace lavorare su di loro, su tutti, ma in prospettiva sicuramente sì. Arrivano da momenti diversi: ad esempio Wesley arriva da 30 partite di fila in Brasile, perché la stagione è diversa. Ferguson arriva da molto tempo in attività. Ghilardi ha saltato tutta la preparazione e l’ha iniziata quando è venuto da noi. El Aynaoui mi sembra un po’ più in condizione anche nelle partite. Penso che si possa lavorare bene».
Il suo modo di schierarsi contro il 4-2-3-1? «Non è una questione che riguarda i nostri giocatori, è semplicemente un adattamento, una situazione che si può avere nei confronti di un avversario, a seconda anche di come si schiera e di chi utilizza. Io credo che per me l’ideale sia che la nostra squadra abbia sempre la capacità di poter giocare almeno due moduli disinvoltamente, senza grandi problemi. Quindi, anche nell’arco della stessa gara, poter passare da una situazione all’altra in modo chiaro e comprensibile soprattutto per i giocatori. Certo, ci vogliono delle partite: più giochi e più assimili concetti, più assimili la facilità di poter avere questa duttilità».
I nuovi arriri sono giusti per il gioco di Gasperini? «I giocatori giusti sono quelli bravi, sempre. Questo è ciò che caratterizza il mio modo di pensare: i giocatori bravi, che hanno valore e potenzialità, rientrano tutti nella mia idea di calcio. Sono ragazzi che, come ho detto prima, rispondono alle caratteristiche con cui si vuole ripartire, alle richieste che la società mi ha fatto: la necessità di ringiovanire, non con giocatori già affermati e con contratti pesanti, ma con elementi emergenti, che possano diventare plusvalenze. Anche se sembra una cosa semplice – basta prendere qualche giovane, farlo giocare e rivenderlo – non è affatto così. Bisogna scegliere ragazzi che abbiano davvero un futuro, un valore. I giovani costano, spesso più dei giocatori affermati, ma si punta sulla speranza e sulla forza di poter realizzare le famose plusvalenze. Perché si vogliono fare? Alcuni club le cercano per ripianare i bilanci, altri per vendere e reinvestire, acquistando nuovi giocatori e alimentando questo meccanismo. L’alternativa è prendere giocatori affermati, con contratti molto alti, alzando immediatamente il livello della squadra, ma lavorando meno in prospettiva. In questo momento, il segnale forte che la società mi ha dato è stato chiaro: puntare su questo modello. Speriamo di poterlo realizzare e, per riuscirci, servirà tutta una serie di scelte concrete. Sto pensando a come lavorare: per me si guarda sempre avanti, ma non è semplice. Cerco di essere chiaro una volta per tutte, non è che faccio sempre interviste così lunghe. Già con questa spero di chiarire, dopodiché mi auguro di parlare solo dell’avversario e della partita di domani. Ma non ci sono stati altri momenti e quindi ho cercato di sfruttare l’intervista di oggi».
I suoi esterni all’Atalanta erano fisici, a Roma sono diversi. Cambierà il gioco? «Ne ho avuti talmente tanti, uno diverso dall’altro, che non tutti facevano le stesse cose. Posso dire che Conti era diverso da Spinazzola, Gosens era diverso da Hateboer, Maehle era diverso da Castagne, Bellanova era diverso da Zappacosta. E così Angelino e Wesley sono diversi da tutti gli altri, come lo è Rensch rispetto a tutti gli altri. Vanno rispettati per quelle che sono le loro caratteristiche, le loro qualità migliori, e bisogna cercare di farli rendere al massimo proprio in base a queste qualità».
È possibile vedere una Roma più difensiva o già “gasperiniana”? «Posso dire che la cerchiamo, poi se ci riusciremo già domani non lo so. Giocheremo per un solo obiettivo, come sempre: cercare di ottenere il massimo risultato. Non per mancanza di rispetto verso l’avversario, chiaramente, ma con la fiducia che possiamo costruirci e con l’intenzione di affrontare la partita con quello spirito».
Conosceva le difficoltà del mercato? Hermoso? «Hermoso sembrava non dover venire in ritiro, poi invece è stato aggregato all’ultimo momento. Si vede che ha giocato a livelli alti: è un giocatore che era rimasto fermo quattro mesi prima di iniziare la preparazione. È serio, ha fatto tutta la preparazione, si è allenato bene e ha disputato tutte le partite, anche se inizialmente non sembrava rientrare nei programmi. Domani Celik è squalificato, quindi devo trovare un sostituto. Hermoso è mancino come Ndicka: o si farà un giro così oppure si troverà un’altra soluzione tra quelle possibili. Io sapevo delle difficoltà fino al 30 giugno, mi auguravo che dopo ci fossero più possibilità. In parte c’è stato, poi però c’è stato un blocco. Il mercato, comunque, si potrà valutare fino al 31 agosto. La volontà della società nei miei confronti è sempre stata la stessa, hanno sempre detto le stesse cose. Le loro priorità per me sono sempre state chiare, ma la realizzazione è un po’ più complicata».
Cosa l’ha colpita di Ferguson? «Ferguson è il classico ragazzo che ha fatto benissimo due anni fa e poi ha avuto una fase in cui, magari per motivi diversi – infortuni o altre situazioni – non ha rispettato quelle che erano le aspettative. È anche la classica situazione in cui è bello riuscire, insieme, ad aiutare questo ragazzo a ritrovare i valori che aveva qualche anno fa».
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