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·14 giugno 2025

Chelsea, Maresca: “Qui ho dimostrato che il talento da solo non basta. In Italia serve un cambio culturale”

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Enzo Maresca ha chiuso la sua prima stagione sulla panchina del Chelsea con risultati ben oltre le aspettative: quarto posto in Premier League, qualificazione in Champions e vittoria della Conference League.

Chelsea, Maresca: “Qui ho dimostrato che il talento da solo non basta. In Italia serve un cambio culturale”

Il tecnico italiano, protagonista di un’annata straordinaria alla guida della squadra più giovane della storia della Premier, ha parlato in vista dell’esordio al prossimo Mondiale per Club.


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Obiettivi raggiunti e nuove sfide “Arriviamo mentalmente pronti. Abbiamo chiuso bene la stagione, con obiettivi raggiunti e superati. Tornare in Champions in un anno era qualcosa che la società si aspettava in due, e abbiamo anche portato a casa un trofeo europeo. Al Chelsea si scende in campo sempre per vincere, indipendentemente dalla competizione.”

Il debutto nella nuova edizione del Mondiale per Club è alle porte, e Maresca sottolinea come questa esperienza rappresenti un terreno del tutto nuovo: “Affronteremo squadre che conosciamo poco, che non fanno parte dei circuiti europei. Ci stiamo preparando studiandole nei dettagli. Anche l’ambiente sarà diverso: giocheremo negli Stati Uniti, con dinamiche che cambiano rispetto all’Europa.”

I nuovi innesti e il ritorno del numero 9 Il Chelsea ha già rinforzato la rosa con tre nuovi giovani: Liam Delap, Dario Essugo e Mamadou Sarr. Su di loro, Maresca ha le idee chiare:

“Delap lo conosco bene, l’ho allenato al City. Ha segnato 12 gol in Championship con l’Ipswich, nonostante la retrocessione. È un attaccante potente, completo. Gli altri due sono giovanissimi, classe 2005, e avranno bisogno di tempo, ma il talento c’è.”

A Delap toccherà anche sfidare la “maledizione” della maglia numero 9 del Chelsea. Ma il tecnico è fiducioso: “Ha le qualità giuste per riuscirci. E poi è inglese, questo lo aiuterà ad ambientarsi più rapidamente.”

Giovani, talento e la vera sfida Allenare una squadra così giovane non è scontato, spiega Maresca:

“L’esperienza resta importante, ma il calcio moderno sta cambiando. Guardiamo al PSG: ha vinto la Champions con una rosa giovane. Anche noi siamo arrivati quarti e abbiamo vinto la Conference con una squadra molto verde. Energia e fame fanno la differenza.”

Ma il passaggio più complesso non è stato tecnico, bensì mentale:

“La vera difficoltà è stata far comprendere al gruppo che il talento da solo non basta. Serve senso di squadra, sacrificio, voglia di migliorare. E non è facile trasmetterlo a un ambiente abituato a vincere con giocatori completamente diversi.”

Bilancio personale: soddisfazione e consapevolezza “Quello che più mi rende orgoglioso è aver riportato il Chelsea in Champions, e il modo in cui ci siamo arrivati: con le nostre idee, con una squadra giovane, solida, capace di chiudere con la terza miglior difesa del campionato. È stato anche l’anno in cui abbiamo fatto esordire più giocatori del vivaio.”

La Conference League è il primo trofeo da allenatore, ma Maresca confessa che il gusto della vittoria oggi è diverso:

“Da giocatore te la godi di più. Da allenatore, appena finisce una partita, pensi già alla prossima. Non hai il tempo di fermarti. Dopo la finale col Betis abbiamo iniziato subito a lavorare per il Mondiale per Club. È un ciclo continuo.”

Uno sguardo sull’Italia e sul futuro Maresca vive da anni all’estero, ma osserva con attenzione ciò che accade nel calcio italiano:

“Dispiace vedere la Nazionale in difficoltà. Quando vivi all’estero vorresti poterti vantare della tua nazionale, ma da tempo facciamo fatica. Credo che il problema sia culturale più che tecnico.”

“Le giovanili ottengono buoni risultati, quindi i talenti ci sono. Ma poi faticano ad arrivare in prima squadra. Serve più fiducia, più spazio, più pazienza. È lì che si blocca il sistema.”

E sul futuro della sua carriera non si sbilancia:

“Mi piacerebbe, un giorno, allenare l’Italia. Ma il calcio è troppo veloce per fare previsioni. Adesso sono felice dove sono. Guardiamo un mese alla volta.”

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