OneFootball
·21 juillet 2025
In partnership with
Yahoo sportsOneFootball
·21 juillet 2025
David De Gea ha rilasciato una lunga intervista a âCronache di spogliatoio⊠Il campione spagnolo Ăš stato uno dei migliori giocatori del campionato, soprattutto in una prima parte di stagione in cui sembrava invalicabile.
Juan Mata eÌ il compagno con cui hai condiviso piuÌ partite in carriera: ha detto che la tua caratteristica da campione eÌ questo modo di giocare con tranquillitaÌ che ti fa quasi sembrare incosciente.
Parlo con Juan quasi tutti i giorni, eÌ un mio carissimo amico. Sento di essere molto tranquillo, ma credo che sia uno stato dâanimo che cerco di trasmettere, ad esempio quando guido la difesa. Ma cerco sempre di avere personalitaÌ in campo.
Hai giocato in tantissimi spogliatoi insieme a calciatori molto importanti: stai soffrendo questo cambio generazionale?
Quando sono arrivato in Inghilterra ero molto giovane. Non parlavo con nessuno. Ho visto due epoche: il rapporto tra calciatori eÌ lâaspetto che piuÌ eÌ cambiato nel calcio. EÌ una cosa... che mi pesa abbastanza. Quando ero un ragazzo, arrivavo nello spogliatoio e innanzitutto salutavo: se qualcuno mi parlava, rispondevo, altrimenti stavo zitto e ascoltavo i piuÌ grandi, senza disturbare. Ora eÌ tutto diverso: i ragazzi praticamente non ti salutano neanche. Non câeÌ piuÌ il rispetto di prima, credo che si sia perso e sia un altro mondo, totalmente diverso. Negli ultimi anni, anche in Spagna, mi sono sentito fuori posto. Ne parlo spesso con Mata ed Herrera: siamo di unâaltra generazione. Mi pesa molto vedere i giovani ragazzi che non hanno ancora fatto niente nel calcio sentirsi di aver giaÌ fatto tutto dopo una partita. Fatico a capire questa mentalitaÌ.
Pensi che oggi sia piuÌ facile sentirsi giocatore?
Prima era molto piuÌ difficile. Anzi, era quasi impossibile trovare continuitaÌ a 17 anni. Mi pesa questo cambio generazionale. Quando sono arrivato in Inghilterra ero molto giovane e anche timido: ora ho molta piuÌ esperienza e alla Fiorentina sono praticamente tutti piuÌ giovani di me. E quindi cerco di parlare con tutti e aiutarli in cioÌ che posso, voglio essere un esempio dentro e fuori dal campo. Mi piacerebbe essere un modello per chi mi vede come un veterano.
EÌ stato difficile continuare a sentirsi giocatore durante il tuo âanno sabbaticoâ? PercheÌ durante quel periodo, ho saputo, hai rifiutato offerte dallâArabia Saudita e anche dallâInghilterra: in questo caso per amore del Manchester United. Quindi avresti potuto tornare subito in corsa... percheÌ hai scelto di fermarti?
Ho vissuto tra Madrid e Manchester. Quando ho sentito di volermi tornare ad allenare per ritrovare la forma, ho iniziato a informarmi per trovare un allenatore dei portieri che mi aiutasse e mi hanno consigliato Craig Ellison e dal primo allenamento il nostro rapporto ha subito preso forma.
Ci ho parlato, mi ha detto che doveva convincerti quando pioveva...
SiÌ! CâeÌ stata una connessione bellissima, un fenomeno come persona e come allenatore, gli voglio molto bene. Ne eÌ nata unâamicizia. Mi ha aiutato in quel momento di pausa: mi sono allenato molto e abbiamo condiviso tanto tempo insieme. Tante chiacchierate con un ragazzo eccezionale. Durante questâanno di pausa, per me particolare visto che giocavo da 15 anni ad alti livelli, mi sono allenato nel centro federale della Nazionale spagnola e su un campo di quinta divisione in Inghilterra. Penso che questo anno di riposo mi abbia fatto benissimo mentalmente e anche fisicamente: ero un poâ saturo. Alla fine, trascorrere 13 anni a Manchester non eÌ facile... ho sentito che era il momento di fermarmi un attimo. EÌ stato un anno bellissimo che ho trascorso con la mia famiglia: li ho visti piuÌ di quanto avessi fatto da quando sono diventato professionista. E in piuÌ ho conosciuto persone come Craig che mi hanno aiutato nel percorso. Mi sono allenato duramente e fin dallâinizio alla Fiorentina sono stato ricompensato. Sentivo di poter ancora competere a un livello altissimo.
EÌ unâanalisi interessante e sicuramente una scelta coraggiosa.
Uno degli anni piuÌ belli della mia vita. Ho rifiutato le offerte dallâInghilterra percheÌ dopo che trascorri cosiÌ tanti anni in una societaÌ come lo United, hai la sensazione di non voler giocare in unâaltra societaÌ in Inghilterra. Volevo solo il Manchester United e se eÌ vero che ho ricevuto offerte dallâInghilterra, sapevo che per il mio cuore sarebbe stato impossibile giocare da unâaltra parte. Ho trascorso liÌ tutta la mia vita, eÌ la societaÌ che mi ha formato e che mi ha permesso di fare una carriera bellissima. Sentivo che era il momento di riposarmi e tornare con ancora piuÌ forza. Le persone mi chiedevano: âMa quando torni?â. Tranquillizzavo tutti: âSto bene, adesso tornoâ. Era normale che la gente avesse qualche dubbio dopo un anno fermo, ma ero certo che dopo una o due partite sarei tornato come prima.
Lo abbiamo visto subito nella scorsa stagione, in effetti.
Mi sono ambientato velocemente a Firenze. Dal primo momento mi sono sentito come a casa, soprattutto in questo centro sportivo (il Viola Park, ndr) che eÌ incredibile, cosiÌ come con la gente. EÌ stato tutto facile: ne parlavo lâaltro giorno con alcuni compagni di squadra che eÌ molto difficile trovare strutture come questa. Ce ne saranno due, tre o quattro in Europa. EÌ impressionante. CâeÌ tutto, eÌ pazzesco.
Adesso ritrovi anche Edin DzÌeko, magari parlerete di quella Premier League del 2012, quando il City ve lâha tolta allâultimo secondo con una delle rimonte piuÌ belle di sempre contro il QPR.
Me lâha giaÌ menzionata il primo giorno di ritiro... e mi ha ricordato che il primo gol che ho subito dopo aver firmato con il Manchester United me lo ha segnato lui in Community Shield, la supercoppa inglese. Gli ho ricordato peroÌ che alla fine quella partita e il trofeo li abbiamo vinti noi! Ma quel pomeriggio in cui abbiamo perso la Premier League faccio fatica a scordarlo: ero davvero giovane, ultima partita della stagione, avevamo rimontato 7 punti al City per poi superarli. Siamo arrivati allâultima giornata che ci avevano recuperati. Noi giocavamo in trasferta contro il Sunderland, loro in casa con il QPR. Ricordo che i nostri tifosi esultare ai gol del QPR mentre noi vincevamo 0-1. Quando la nostra finiÌ, ho pensato: âOk, eÌ fatta, siamo campioniâ. Poi hanno segnato il pareggio e sulle tribune sono iniziati i mormorii, e il Kun AguÌero allâultimo istante ha completato la rimonta e hanno vinto 3-2. Fu un momento di shock. Negli spogliatoi la gente era a pezzi, arrabbiata. Perdere un campionato cosiÌ non lo auguro a nessuno. Ma ci siamo rifatti lâanno dopo: Ferguson prese van Persie, che fece una stagione incredibile, e vincemmo il campionato.
Quel gol doloroso lo segnoÌ AguÌero, che eÌ anche uno dei tuoi migliori amici. Come riuscivate a coltivare questa amicizia nonostante la forte rivalitaÌ e le pressioni?
Lâamicizia eÌ piuÌ importante di ogni rivalitaÌ. Abbiamo condiviso la stanza allâAtleÌtico e ci siamo trasferiti nello stesso momento in Inghilterra: lui al City, io allo United. A Manchester eravamo vicini di casa, capisco che per le persone fosse strano vederci insieme nonostante giocassimo per due squadre opposte, ma eÌ normale. Siamo molto uniti, abbiamo fatto tantissime cene a Manchester, molte grigliate. Ci piaceva molto giocare alla PlayStation insieme.
Mi hanno detto che ti piace molto giocare.
SiÌ, molto. Soprattutto a Rainbow Six, ma quando mi trovo con gli amici facciamo qualche partita a FC: premiamo quadrato per avere due squadre casuali e ci affrontiamo, almeno nessuno poteva lamentarsi.
Ti piace talmente tanto che hai anche una squadra di eSports, percheÌ hai scelto di investire in questo settore?
Si chiama Rebels Gaming e mi piace tantissimo. Qualche anno fa mi proposero di investire in un club di eSports, cosiÌ parlai con le persone a me vicine e dissi: âPercheÌ non ne creiamo uno nostro?â. Abbiamo iniziato a strutturarlo pian piano, e ora siamo cresciuti molto: abbiamo raggiunto buoni risultati. Ogni settimana facciamo videochiamate e lavoriamo a pieno ritmo. Mi piace essere protagonista se inizio un percorso. Seguo le partite dei nostri gamers: puntiamo su vari videogiochi, tra cui FC, Street Fighter e Counter Strike.
Unâaltra passione che hai eÌ la musica: rock o heavy metal.
Non eÌ la musica di adesso, o meglio, forse non eÌ quella dei giovani. Mi piacciono molto gli Avenged Sevenfold, gli Slipknot, i System of a Down. Quel genere liÌ. Ci ho provato a metterla negli spogliatoi, ma eÌ complicato, non ho avuto sostegno. Alla fine liÌ va molto il reggaeton e ci sta, non eÌ il mio genere ma per caricare ci sta.
Senza dimenticare il Giappone.
Quando ho condiviso lo spogliatoio con Shinji Kagawa avevamo una bella amicizia. Sono attratto dagli anime e da quel mondo: sicuramente Naruto e Dragon Ball su tutti, ora sto guardando Solo Leveling. Fin da piccolo sono attratto dal Giappone.
Abbiamo parlato di Manchester, non posso non menzionarti Sir Alex Ferguson. Ti do una statistica: ha saltato due partite nella sua carriera, una per il matrimonio di suo figlio e lâaltra per visionarti dal vivo e comprarti. Non poteva sbagliare lâerede di Van der Sar...
Avevo letto questa statistica! EÌ curioso, solo per vedermi giocare. Immagina. Proprio per questo credo che fosse un padre per tutti, sebbene fosse molto esigente. Ma la sua presenza era incredibile, cosiÌ come lo erano le sue arrabbiature allâintervallo quando la squadra non andava bene. Arrivava e si arrabbiava. Ancora oggi parlo con lui. Credo che, se non eÌ il miglior allenatore della storia, eÌ uno dei migliori senza dubbio.
Hai un aneddoto con lui?
Mi ricordo di un discorso prima di una partita. Eravamo in un momento difficile della stagione, ma nello spogliatoio mi prese come esempio, disse: âGuardate David, eÌ arrivato da ragazzo ed eÌ giaÌ il numero unoâ, davanti a tutti. Câerano Ferdinand, Rooney e tutti i big dello United. Fu una spettacolare iniezione di fiducia.
E invece di quella volta che ti accusarono... di aver rubato in un supermercato?
Che storia! Mi hanno accusato di aver rubato delle ciambelle. Quel giorno Ferguson aveva fissato allenamento. Mentre andavo al centro sportivo, sui giornali apparse questa notizia con la mia foto. E poi anche in televisione. Ero senza parole: mi accusavano di aver rubato... delle ciambelle in un market di Manchester! In Inghilterra eÌ cosiÌ, sembrava la fine del mondo. Si parlava solo di quello, per una ciambella. Chiaramente non era vero, mi chiesero anche scusa. Ma per farvi capire che padre fosse Sir Alex Ferguson: quel giorno entroÌ negli spogliatoi in silenzio, serio, e tiroÌ fuori una cassa di ciambelle e la mise sul tavolo. âPrendi Davidâ, mi disse. Scoppiammo tutti a ridere. Un gesto semplice che ti fa arrivare alla squadra.
Una figura importante eÌ stata anche Eric Steele, il tuo preparatore dei portieri.
SiÌ, assolutamente. Il preparatore per un portiere eÌ la figura piuÌ importante e anche la piuÌ vicina, visto che spesso eÌ stato un portiere e puoÌ capirti. Ha lavorato tantissimo con me, soprattutto quando sono arrivato percheÌ ero esile, lo sono anche adesso ma allâepoca di piuÌ, quindi lavorammo tantissimo a livello fisico, mi spediva sempre in palestra. Abbiamo avuto alcuni tira e molla, ma i risultati sono arrivati.
Sei arrivato allo United crescendo nellâAtleÌtico, ma per te non eÌ stato facile. Anzi, a un certo punto ti avevano relegato âper punizioneâ a terzo portiere della squadra riserve.
Avevo 18 anni e câerano diverse squadre che mi volevano in prestito: Numancia, Las Palmas, se non ricordo male anche il Wigan. Ma io volevo restare allâAtleÌtico e debuttare con quella squadra. Mi dissero: âSe non vai in prestito, sarai il terzo portiere della squadra riserveâ. Poi lâallenatore della prima squadra mi difese e mi disse: âTu sei uno dei nostriâ. Partii come terzo portiere, avevo davanti Sergio Asenjo che era una promessa ed era stato acquistato da poco, e Roberto. Asenjo si infortunoÌ con la Spagna u20, anche il secondo si fece male dopo poche partite e quindi, ironia della sorte, trovai davvero spazio pur essendo la terza scelta! Feci bene, poi Asenjo rientroÌ e lo misero nuovamente titolare. Ma non fece bene e tornai io: da quel momento non sono piuÌ uscito. Fu davvero un miracolo, sarei dovuto restare solo per allenarmi in teoria...
A proposito: ho visto una tua foto durante i primi anni di scuola, non giocavi in porta...
Ero il capocannoniere della mia scuola, giocavamo a calcetto percheÌ eravamo piccoli. In quella squadra câerano anche i miei due migliori amici fino a oggi, Javier e Felix. Mi piaceva giocare in attacco percheÌ a quellâetaÌ prendi un sacco di gol e mi pesavano gli sguardi dei genitori in tribuna che davano sempre la colpa al portiere. Ma ero destinato a fare il portiere.
Per tuo padre?
SiÌ, esatto. Mio padre era portiere e lui voleva che facessi quel ruolo. Al momento di scegliere... non ho avuto grandi opzioni! Mi ha influenzato, certo, ma mi ha dato una grande mano per allenarmi nel cortile di casa. Durante le partite, anche se non câera nessuno sugli spalti, lo trovavi sempre dietro la mia porta, da solo, che piovesse o ci fosse il sole.
E poi sei arrivato ad altissimi livelli, nonostante un problema alla vista.
A scuola il professore si accorse che avevo problemi nel vedere la lavagna. Mi mancavano diottrie e misi gli occhiali. Poi le lenti a contatto per giocare. Mi davano fastidio percheÌ mi seccavano gli occhi durante le partite e soffrivo parecchio. Qualche anno fa mi sono operato con il laser, una meraviglia. Ma da ragazzo mi dava fastidio, avevo lenti apposite fatte su misura per andare in campo, piuÌ morbide, ma che davano comunque fastidio. Mi allenavo peroÌ senza lenti... allenavo il riflesso! E poi avevo una scusa se prendevo gol: âSai, non ci vedo!â.
Pensare che saresti potuto diventare il portiere del Real Madrid. Anzi, in realtaÌ lo eri diventato nel 2015, ma saltoÌ tutto per colpa di un ritardo nel deposito del contratto. Avevi fatto anche le visite?
A fine carriera parleroÌ di cosâeÌ successo quel giorno. Alla fine non eÌ successo e credo che quando accadono certe cose, ci sia un motivo: sono rimasto a Manchester e sono stato felicissimo. EÌ casa mia e penso che sia andata bene cosiÌ. Ci eÌ andato Courtois, che aveva trovato spazio allâAtleÌtico proprio grazie alla mia partenza. Ha fatto benissimo e sono felice per lui.
Avresti potuto giocare prima con Cristiano Ronaldo, ma lo hai trovato comunque a Manchester.
Mi ha fatto sorridere che qualcuno non abbia capito il commento che gli ho lasciato sotto al post del rinnovo con lâAl-Nassr. Cristiano eÌ una bestia, ma so che vi dico cose che avete giaÌ sentito, percheÌ non eÌ normale. Ha 40 anni, continua a segnare e vincere titoli. Una bestia da competizione. Il modo in cui si cura eÌ sensazionale. Ce ne sono uno o due nella storia come lui. Puoi fare bene un anno o due, ma fallo per 20 anni in quel modo.
A Manchester hai condiviso lo spogliatoio con Pogba. Sei contento che sia tornato in pista?
Gli ho scritto: âDai, vieni alla Fiorentina!â. Spero che torni a giocare bene, eÌ fortissimo. Fisicamente tra i migliori che ho visto. Mi eÌ dispiaciuto per cioÌ che gli eÌ successo, spero che torni a essere il calciatore completo e forte che abbiamo visto tutti, eÌ un bravo ragazzo. Sempre allegro, sempre a ballare.
Ti ho chiesto di Cristiano, devo chiederti di Messi.
Una volta ho dato una spallata fortissima a Messi pensando di farlo volare tre metri piuÌ in laÌ. Giocavo nellâAtleÌtico Madrid, ero giovanissimo. Pensai di fargli sentire la mia presenza e mandargli un segnale forte. Bloccai un pallone in area vicino a lui e prima di rinviare, gli andai addosso per tirargli una spallata fortissima. Gli ho dato un colpo fortissimo con corpo, spalla e pallone. Vi giuro: non lâho mosso di un centimetro. Era di marmo! Vi assicuro che la botta era forte, ma non si mosse. Un altro esempio che lui, come Cristiano, ha sempre curato tutto in carriera: una vita pensando alla performance. Messi eÌ piccoletto, ma ha un fisico incredibile. E te lo costruisci anche con la mentalitaÌ. Per questo voglio vedere tra qualche anno in quanti riusciranno ad arrivare ai loro livelli. Ma non per una stagione o due eh... per venti anni!
In Nazionale invece hai avuto Busquets.
Un ragazzo spettacolare con una famiglia splendida. Avete presente quanto eÌ forte in campo? Ecco, traslatelo anche nella vita normale. Ha rivoluzionato il ruolo, il numero 5 dopo di lui non eÌ piuÌ stato lo stesso. Una calma e una tranquillitaÌ con il pallone... mi ripeteva di dargli la palla anche se lo avessi visto con un avversario sul collo. Impressionante.
Un altro che ha cambiato un ruolo eÌ Neuer.
Ci ho giocato contro, un grande, un esempio di costanza anno dopo anno, anche adesso dopo gli infortuni. Calciatori che sono liÌ da una vita a combattere ad alti livelli: se non fossero speciali, non sarebbero liÌ. Lavorano e fanno le cose per bene.
Calciatori incredibili come Rooney?
Un attaccante soprannaturale. Se ne parla poco. Avrebbe potuto giocare di piuÌ, era una bestia. Si allenava come un animale e in partita era uguale. Si arrabbiava e trascinava la squadra. Un vero inglese, autentico.
Il tuo rapporto con Kean, invece, qual eÌ?
Molto buono. Quando sono arrivato, il mio italiano era pessimo e parlavamo in inglese. Ora sono migliorato e comunico con lui piuÌ facilmente. Ha fatto una stagione ottima, ma adesso per me deve fare un altro anno buono, e poi un altro ancora e cosiÌ via. Non basta un anno buono, deve proseguire cosiÌ e dare continuitaÌ a cioÌ che ha fatto. Ha fatto numeri molto buoni, ma deve continuare cosiÌ e dimostrare di poterlo fare nel tempo.
A Firenze invece ti trovi benissimo con i tuoi giovani compagni di ruolo. Siete andati anche a cena insieme!
Sono dei ragazzi splendidi. Hanno voglia di imparare, ti osservano, cercano sempre di migliorare. Sono davvero bravi. E quando vedo persone brave che vogliono imparare, mi piace aiutare e fare tutto il possibile affincheÌ migliorino e stiano bene. Prima della partita contro il Lask in Conference League, avevo detto a Martinelli che se avesse fatto un clean sheet, li avrei portati tutti a cena. Tommy ci eÌ riuscito e dopo una settimana siamo usciti tutti insieme e ho offerto io. Loro hanno preso i frutti di mare, ma a me non piacciono molto.
Con mister Pioli invece come ti trovi? Cosa deve fare la Fiorentina adesso per alzare il livello?
Come dice il mister, bisogna lavorare e farlo bene. Ha uno stile di gioco chiaro, dobbiamo seguirlo tutti insieme e migliorare. Ho parlato con lui varie volte e ho percepito la sua energia. Possiamo fare una grande stagione.
Ti piacerebbe tornare in Nazionale? EÌ un sogno che hai ancora?
Non eÌ una cosa che mi toglie il sonno. Ho giocato abbastanza per la Spagna, sono stato parecchi anni in Nazionale e ho ricordi bellissimi. Io faccio del mio meglio, se il ct in qualche momento vorraÌ chiamarmi, io sono qui. Ma me la vivo tranquillamente, non eÌ qualcosa che mi uccide. Ho vissuto il mio periodo liÌ, giocando due Mondiali e due Europei. Ho fatto il meglio che potevo. Ora nella mia testa câeÌ solo la Fiorentina: vogliamo fare un buon anno.
Ti sarebbe piaciuto rimanere a Manchester, invece?
I tifosi mi scrivono ancora. Ci ho trascorso tanti anni, eÌ casa mia: sarei rimasto tutta la vita. Ma il calcio eÌ cosiÌ: succedono cose che non ti aspetti. Come lâopportunitaÌ di venire qui a Firenze.
Hai ricevuto tante offerte ma hai scelto di restare a Firenze questâanno, rinnovando fino al 2028.
EÌ stata una scelta importante. SaraÌ uno dei miei ultimi contratti. Lo dicevo da tempo alla mia famiglia: âVoglio restare quiâ. Mi trovo bene, il club ha fatto uno sforzo per tenermi e lo ringrazio. Mi piace tutto qui: la Fiorentina, la gente, i tifosi. EÌ come una famiglia. E il centro sportivo eÌ fantastico. Sono molto felice.
đž Paolo Bruno - 2025 Getty Images