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·11 May 2024

Tebas attacca: «Mondiale per club e calendari: così la FIFA uccide i campionati»

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«Bisogna conservare il valore dei campionati. Qualcuno non vuole che sia così a beneficio di un gruppo ristretto di squadre e non per il beneficio dei sistemi nazionali». Il presidente della Liga Javier Tebas va all’attacco del sistema calcio, in una lunga intervista rilasciata a Tuttosport.

«Innanzitutto c’è una sfumatura da chiarire: non credo che la Superlega voglia essere un’alternativa, ma proprio sostituire il sistema di competizioni europee che è sempre stato un modello di successo che credo vada mantenuto. Il dibattito si è intossicato e credo che la sentenza ammetta il monopolio dell’Uefa, ma dica che esiste una posizione dominante perché non c’è regolamentazione su come organizzare una competizione all’interno dell’Uefa e che quindi l’Uefa debba provvedere a regolamentare questo».


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«Dice anche cose importanti: devono essere create norme più trasparenti, con la partecipazione degli stakeholder interessati e questo accade un pochino nell’Uefa, ma non accade per niente nella Fifa che impone dall’alto tutto, a partire dal calendario. Alla Fifa dei nostri interessi non gliene frega niente: occupano tante settimane all’anno con le loro competizioni. E poi dicono di ridurre da 20 a 18 le squadre dei campionati: un danno per l’industria nazionale. Nella Fifa siede gente che non ha mai avuto un club».

«Mondiale per Club? No, non sono favorevole. Hanno approvato un calendario, lo hanno piazzato senza chiedere ai campionati nazionali, tutte le leghe devono ridurre i loro calendari o complicarli. Vorrei ricordare che nelle leghe europee, contando solo i professionisti, ci sono 60 mila giocatori, poi contate gli allenatori e tutte le persone che lavorano direttamente o indirettamente e… ecco, si capisce chi viene danneggiato. Questi attacchi danneggiano, per esempio, il calcio italiano: speriamo che cambi questa dinamica, io sono contro l’essenza del Mondiale del club».

«E vi chiedo: quanto denaro genererà questo per le leghe nazionali? Pochissimo. Leggo che l’80% degli introiti andrà ai club, il che significa che di quella cifra il 70% andrà nelle tasche dei giocatori, quindi andrà in Ferrari, in Lamborghini, in yacht o in resort di lusso, perché si tratta di giocatori di élite che sono già ricchissimi. Insomma non si generano risorse per il calcio in generale, si generano problemi e povertà. Ci guadagna solo l’industria del lusso e distruggerà il calcio meno ricco. Bisogna pensare ai calciatori che guadagnano 2000 euro al mese, ma la Fifa pensa solo all’élite».

«Sono molto preoccupato per il futuro. Ci sono le sfide della Fifa e delle grandi organizzazioni che sanno solo creare nuove competizioni, ma non analizzano bene l’industria e prendono decisioni che danneggiano i campionati nazionali, che sono la base della piramide. Bisogna limitare tutto questo perché altrimenti si uccidono i campionati nazionali. La seconda sfida è contro i pirati televisivi, secondo me le grandi competizioni e le piccole devono prendere sul serio questa situazione e fare di più. Invece di creare competizioni che arricchiscono solo l’élite, si dovrebbe combattere la pirateria che prosciuga il 30 o il 40% delle risorse del calcio mondiale».

Chiusura dedicata ai recenti sviluppi in Inghilterra e Italia, con l’intervento dei rispettivi governi nel mondo del calcio. «Io credo che sia una coincidenza e che solo Inghilterra e Italia siano situazioni simili, con i governi che stanno intervenendo mettendo in dubbio la sostenibilità economica dei campionati, in Inghilterra si è giunti all’estremo con la creazione di un’agenzia di controllo, un po’ come sta accadendo in Italia. In Spagna c’era un problema di corruzione della Federazione che noi della Lega avevamo denunciato più di una volta e che adesso ha visto il commissariamento. Noi sul fronte della sostenibilità ci siamo mossi da qualche anno con un regolamento di Fair Play finanziario che sta funzionando bene e ha risanato i conti dei club».

«Pericoloso l’intervento della politica? Credo, in entrambi i casi, che se non c’è un’autoregolamentazione da parte delle società, beh… lo Stato deve intervenire. Ci deve essere un’autoregolamentazione in tornei come la Serie A e la Premier che non sono sostenibili, come ho denunciato spesso. Così è inevitabile che lo Stato pensi a qualcosa per salvaguardare un’industria nazionale, in Italia il Governo dice spesso che vuole proteggere le industrie nazionali e il calcio lo è, perché con l’indotto dà lavoro a centinaia di migliaia di persone e può valere fino all’uno per cento del Pil nazionale. In Italia ci sono società con debiti astronomici, non è ammissibile per un settore così importante».

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