PianetaSerieB
·19 December 2024
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Più di vent’anni di calcio, l’Italia attraversata seguendo il richiamo probabilmente più glorioso del Gioco, quello del gol. Pasquale Iadaresta ha sempre risposto presente all’appuntamento con la gioia, ed è nella mescolanza tra talento, dedizione e continuità che ha costruito i meritati elogi che lo rendono, oggi, uno dei calciatori più rinomati del calcio campano. Fresco di passaggio alla Real Acerrana, compagine militante in Serie D, il centravanti classe ’86 è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni per parlare della sua esperienza in quel di Bari, compagine che Iadaresta ha difeso nell’annata della ricostruzione, la prima post fallimento, quando i pugliesi hanno divorato proprio la massima serie dilettantistica.
Hai fatto parte del primo Bari dell’era De Laurentiis. Che ricordi hai di quell’esperienza e che ritratto potresti consegnarci del presidente?
“È stata un’esperienza unica per tutti i calciatori della rosa di quella stagione. Il Bari si è ritrovato per la prima volta in Serie D, campionato che la società ha affrontato con una famelica voglia di vincere e tornare subito tra i professionisti, energia che anche la squadra percepiva nitidamente. Ogni partita era una festa addobbata da ferocia calcistica. Si creò un idillio con i tifosi, e sottolineo come il presidente – per rispondere alla domanda – fosse sempre presente. È stato un nuovo inizio, vissuto pieno di entusiasmo e gioia. Eravamo fortissimi, il ricordo che ho stupendo, diventammo un’unica entità”.
Creiamo un rapido parallelismo con il Napoli, altra società che i De Laurentiis hanno risollevato dalle ceneri e restituito al calcio: spesso è stato sottolineato come, nei primi allenamenti dopo il fallimento, mancassero addirittura i palloni. Tu a Bari sei arrivato a gennaio, ma cos’hai percepito sotto quest’aspetto? In sintesi: che ricostruzione è stata?
“Io sono arrivato per l’appunto a gennaio, ma ascoltavo i discorsi su questo tema e devo dire che il Bari, situazione probabilmente derivante da quanto accaduto a Napoli, è stato strutturato nella miglior maniera sin da subito. C’era tutto ciò che occorreva per incidere sin da subito, l’organizzazione era impeccabile. La società aveva le idee davvero chiare, la famiglia De Laurentiis ha portato a Bari l’esperienza di Napoli, creando un’impalcatura solida e notevole”.
In quella squadra c’era un gigante come Valerio Di Cesare, che ha concluso la carriera con i biancorossi ed è ora diventato dirigente del club. Che presenza aveva all’interno dello spogliatoio?
“Valerio non aveva nulla a che vedere con la categoria, lo dico con convinzione, ma sono altresì consapevole che quanto successo dopo sia una storia ancora più bella. In Serie D aveva già 35 anni, ma nei 6 anni successivi ha fatto cose eccezionali e, probabilmente, vissuto la miglior fase di carriera. Tralasciando i risultati, nella sua ultima annata è stato straordinario e determinante sia in campo che fuori. Si è preso il Bari sulle spalle e l’ha portato alla salvezza. Nei 6 anni citati, dalla D in poi, Valerio è stato l’anima del club, che ha voluto fortemente riportare nel calcio che conta”.
A rifornirti dalla fascia sinistra, in quell’annata, c’era un giovanissimo Giacomo Quagliata, oggi alla Cremonese, alla prima esperienza tra i grandi.
“Ti racconto un aneddoto. Tornavo da Ibiza per prendere parte al ritiro con il Latina, in vista della prima amichevole contro la Roma che avremmo giocato di lì a poco. In aeroporto, appena atterrato, trovo questo ragazzino, Giacomo, che sarebbe venuto con me a Latina. Era piccolo, gracilino, ma fino a dicembre – quando poi sono andato a Bari – giocò tutte le partite e, secondo me, risultò il migliore della squadra, pur essendo partito con uno status da scommessa. Quando sono arrivato in Puglia, parlando con la società, ho segnalato, assieme al mio procuratore, questo ragazzo, che non aveva grande esperienza ma che alla prima partita, davanti tra l’altro a ventimila persone, fece una prestazione strepitosa. Giacomo ha un carattere straordinario, ha meritato l’Under 21 e le esperienze importanti con i club. Ha lavorato tanto, è stato un orgoglio vedere l’evoluzione della sua carriera, e spero sinceramente che possa fare sempre di più. La sua è una bella storia, peccato che il Bari non ci abbia creduto, perché avrebbe potuto beneficiare di una grande risorsa”.