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·26. Juli 2025

L'importanza dei soci nel modello Osasuna: intervista al Direttore generale Francisco Canal

Artikelbild:L'importanza dei soci nel modello Osasuna: intervista al Direttore generale Francisco Canal

Celebre nel mondo per la festa di San Firmino, uno dei massimi capolavori di Ernest Hemingway (“Fiesta” appunto), oltre che per il fuoriclasse del ciclismo Miguel Indurain, la città navarra di Pamplona ha un altro simbolo della sua identità nell’Osasuna, club della Liga spagnola con una storia molto particolare: è una delle quattro società, insieme a colossi quali Athletic Bilbao, Barcellona e Real Madrid, a essere riuscita a mantenere lo status di associazione sportiva, dopo che nel 1990 la “Ley del Deporte” rivoluzionò l’intero movimento calcistico iberico.

Nello specifico, dopo che per anni la stragrande maggioranza dei club spagnoli fu colpita da gravi difficoltà economiche, la norma costrinse quasi tutte le società calcistiche a passare alla proprietà di privati grazie ad una nuova forma giuridica ad hoc, denominata SAD (Sociedad Aútonoma Deportiva), per ripianare i debiti accumulati. La riforma prese piede dal 1992 e fu prevista un’eccezione per i club che potevano dimostrare di aver chiuso i cinque anni precedenti la stagione 1992/93 con un bilancio non in rosso: tra questi c’era proprio l’Osasuna.


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Anche per questo motivo, Calcio e Finanza ha voluto intervistare Francisco Canal, direttore generale del club dal 2019, dopo avere collaborato con la società come consulente esterno già a partire dal 2016. In questa chiacchierata, il manager ha parlato del modello economico del club, di mercato, dell’importanza dell’identità del club nella regione e di un’anima in parte italiana che caratterizzerà la società nella prossima stagione. Precisando però che pur avendo un nome basco (Osasuna in lingua Euskera significa “salute” o “vigore”) il club è l’emblema della Navarra, regione storica della Spagna posta immediatamente a sud dei Paesi Baschi ma nella quale solo una piccola parte della popolazione parla la lingua basca.

Domanda. L’Osasuna è una delle quattro società della Liga che non hanno un azionista unico, ma che hanno mantenuto lo status di associazione sportiva. Quali sono i vantaggi di questo modello? E quali gli svantaggi?

Risposta. In Spagna, per molti anni, tutte le società si sono sfidate come associazioni sportive e nel 1990 è stata emanata una legge che obbligò i club in grandi difficoltà economiche a convertirsi in Sociedades Anonimas Deportivas (SAD). Si salvarono in quattro, tra cui l’Osasuna (oltre a Barcellona, Real Madrid e Athletic Bilbao, ndr).

In questo quadro ci sono diverse differenze, innanzitutto dal punto di vista degli organi sociali. Per esempio, nel nostro caso, la Giunta Direttiva convoca le elezioni ogni quattro anni per il rinnovo delle cariche, mentre nel caso delle SAD non sono previste elezioni. Dunque, da un punto di vista della gestione, club come il nostro sono molto più “democratici” rispetto alle SAD.

In secondo luogo, c’è un fattore molto importante: nessuna ricerca del profitto. Tutte le SAD, oltre al risultato sportivo, cercano il rendimento economico, mentre in una società sportiva quello che si cerca è la sopravvivenza e generare altri tipi di situazioni: opere sociali, lavorare per la società.

Quel che è certo è che anche noi quattro società sportive non abbiamo nulla in comune. Real Madrid e Barcellona sono club con maxi progetti a livello di impresa, probabilmente due dei quattro o cinque brand più importanti a livello sportivo in Europa, e sono macchine da soldi. L’Athletic Bilbao ha un modello molto più vicino al nostro, ma è anche molto più grande. La differenza principale è che il Bilbao è un club molto interconnesso con le istituzioni basche; per fare un esempio, quando hanno dovuto costruire lo stadio nuovo (il San Mamès, ndr), l’80-90% delle risorse necessarie per l’opera fu messo dalle istituzioni. Nell’Osasuna, abbiamo messo tutto noi per conto nostro. Dunque, non è questione di meglio o peggio, ma quello che conta è la nostra indipendenza: noi apparteniamo ai nostri 21mila soci che ogni anno rinnovano il loro abbonamento.

D. Con questo modello avete vantaggi fiscali? Ci sono invece degli svantaggi

R. No, nessun vantaggio fiscale. Dal punto di vista dei contro invece, ma che più che uno svantaggio è una realtà e un problema, noi non abbiamo capitale sociale. Una SAD inizia un progetto per fare il salto di qualità comprando giocatori o costruendo strutture e può contare sull’apporto di capitale sociale con cui crescere. Noi lo possiamo fare solamente dall’interno: è una limitazione, ma è anche una sfida. Si tratta di essere in grado di gestire il tutto in un modo diverso.

D. Rispetto alle altre tre società – due big del calcio mondiale quali Madrid e Barcellona e una realtà molto particolare, come quella del Bilbao – l’Osasuna è un club più piccolo. Essere in grado di mantenere una struttura con i tifosi come soci è un merito aggiunto?

R. Storicamente, quando ci fu l’obbligo di convertire i club in SAD, l’Osasuna veniva da molti anni di gestione austera. Una gestione in cui si spendeva solo quello che si poteva spendere, una cosa che gli permise di costruire un patrimonio. Successivamente ci furono anni molto complicati, prima del nostro arrivo, nei quali il club perse tutto quello che aveva per debiti. Mentre negli ultimi 11 anni quello che abbiamo fatto è stato recuperare e ricostruire questo modello per il club, per continuare a essere diversi dagli altri.

Francisco Canal

D. Negli ultimi anni siete riusciti ad arrivare a giocare nuovamente le coppe europee (la Conference League nel 2023/24, con eliminazione ai preliminari) e l’obiettivo è stato sfiorato anche l’anno scorso. Nei piani c’è l’idea di riuscire a qualificarsi stabilmente per le competizioni UEFA?

R. L’obiettivo sportivo deve sempre essere la salvezza, per una ragione molto importante: gli obiettivi devono essere in linea con la realtà del club a livello economico. Da un punto di vista del fatturato, ci posizioniamo tra il 13° e il 20° posto della Liga.

Certamente, dopo che negli anni siamo riusciti a costruire un blocco di calciatori che ti permette di ottenere buoni risultati, oggi a livello sportivo probabilmente possiamo ambire a zone più alte della classifica. Però questa è una circostanza data dall’aver azzeccato gli acquisti e la politica economica degli ultimi anni, ma non sempre si può garantire che questo accada.

D. A proposito di rosa, quali sono i piani per il mercato estivo dell’Osasuna?

R. Abbiamo acquistato una giovane promessa del Real Madrid, che ha debuttato anche nel Clasico con il Barcellona: Victor Munoz. Porteremo a termine qualche altro innesto, ma di base del blocco titolare solo il laterale destro, Jesús Areso, è l’unico calciatore che si trasferisce (all’Athletic Bilbao, ndr). Al suo posto arriva Valentin Rosier, che ha giocato nel Leganès nell’ultima stagione. Siamo probabilmente tra le squadre che cambiano meno la propria rosa anno su anno, manteniamo quasi tutto il blocco. Per fare un esempio, in dieci anni non abbiamo mai esonerato un allenatore, siamo un club che ha pazienza e tranquillità nelle decisioni e siamo tra le società con i numeri più bassi in Spagna per calciatori che entrano ed escono: è il nostro modo di lavorare.

D. Ha detto che Real e Barcellona sono tra i quattro o cinque brand calcistici più importanti al mondo. Quanto è importante avere buone relazioni con questi club, anche per poter sfruttare i loro settori giovanili?

R. Il Real Madrid non ha buone relazioni con nessun club. Non ha cattive relazioni, però alla fine dividiamo in qualche modo il destino della Liga come organizzazione e il Real Madrid ha un rapporto costantemente conflittuale con l’organizzazione. Però allo stesso tempo non si può dire che ci siano cattivi rapporti con qualcuno di specifico, è una situazione più generale. E con il Barcellona è più o meno lo stesso. Hanno il loro modo di lavorare su giocatori di categoria inferiore. Quando acquistiamo calciatori da queste società, il vantaggio per noi è che pur essendo piccoli siamo molto solvibili. Un accordo economico con noi ha la garanzia di essere coperto e rispettato. Altri club di bassa classifica fanno più fatica a trovare i soldi per raggiungere accordi economici con questi club. La relazione all’interno di questi affari può essere sicuramente cortese ed educata, ma di fatto non c’è rapporto.

D. La Liga spagnola prevede che i club debbano rispettare un Fair Play Finanziario interno. Cosa ne pensa di questo sistema di controllo dei costi? Crede che sia efficace e applicato in maniera corretta?

R. Innanzitutto, il grande vantaggio che abbiamo all’interno della Liga è che la Liga siamo noi. E’ un sistema che tutti abbiamo votato e sul quale tutti siamo d’accordo, fatta eccezione per il Real Madrid. E’ un sistema a due facce: da una parte ci obbliga a essere sostenibili, perché non si può spendere più di quanto si incassa, ma d’altra parte quando affrontiamo club di altri Paesi ci indebolisce, perché la Liga perde potenziale. Negli scorsi anni abbiamo recuperato qualcosa con l’arrivo di Mbappè o di Bellingham, calciatori di livello mondiale, ma abbiamo vissuto anni dagli addii di Lionel Messi e di Cristiano Ronaldo, in cui i calciatori migliori si trovavano tutti in Premier League. Quindi in Spagna non abbiamo avuto la spinta di questi super giocatori che potevano essere attraenti per il pubblico internazionale, specialmente a livello di diritti televisivi. Quel che è certo, però, è che alla fine spendi per quello che ti puoi permettere. Così si evitano le bancarotte: in Spagna è da molti anni che non ci sono club retrocessi per default, dimostrazione che il sistema è imprescindibile.

D. Per poter sostenere costi più alti, è necessario passare da un aumento dei ricavi. Su quali aree sentite di poter lavorare e crescere ancora di più rispetto ad ora? Come si chiuderanno i conti della stagione 2024/25?

R. Il nostro fatturato per la scorsa stagione è nell’ordine degli 80 milioni di euro. La voce più importante è quella dei ricavi da diritti tv, intorno ai 50 milioni di euro. E a partire da lì, cresce su tre pilastri che sono: soci, ticketing e hospitality.

Una seconda voce è rappresentata dagli sponsor e una terza dalla gestione dei diritti dei calciatori.

A livello di sponsor, siamo un club che supera gli 11 milioni di euro; per quanto riguarda il ticketing siamo intorno agli 8-9 milioni, mentre sulla gestione dei calciatori intorno ai 9 milioni e nel 2025/26 supereremo questa soglia. Siamo un club con una linea abbastanza coerente e l’attuale gruppo dirigente ha accumulato circa 34 milioni di euro di utile, una cifra che ci ha permesso di crescere. Abbiamo costruito uno stadio nuovo che abbiamo pagato integralmente e l’unico debito che rimane al club è quello legato all’intesa tra la Liga e il fondo CVC, che va ripagato in 50 anni e quindi non crea alcun tipo di problema. E’ chiaro poi che ogni due o tre anni dobbiamo cercare di vendere un calciatore, altrimenti si crea il limite per cui se gli altri incassano e tu no, allora possono emergere problemi.

Francisco Canal

D. Parlando dell’accordo siglato dalla Liga con il fondo CVC (intesa che la Lega Serie A invece non volle sottoscrivere nel 2021), crede che si tratti di una buona operazione o sarebbe stato possibile fare qualcosa di meglio?

R. E’ un’ottima intesa. La ripartizione è giusta, perché si basa sui ricavi da diritti televisivi degli anni precedenti. E anche l’applicazione delle risorse, con la possibilità di destinare solo il 15% al miglioramento della rosa. E’ un accordo che ci ha permesso di convertirci in azienda. I club hanno iniziato a lavorare molto sui social network, per fare un esempio noi siamo passati da 500mila follower a 6 milioni complessivi. Abbiamo una nostra radio, un canale YouTube in cui trasmettiamo le partite amichevoli. Tutto questo crea una seconda linea di ricavo a livello di sponsor, perché un partner ti paga di più se hai 6 milioni di follower, invece di averne 500mila. Ora abbiamo un dipartimento internazionale, un dipartimento brand, un dipartimento marketing e si possono portare a termine molti progetti che prima non erano realizzabili.

D. In Italia ci sono diversi club che hanno attratto investitori esteri anche e soprattutto per la fama a livello internazionale delle città che li ospitano, per esempio Como, Pisa o Verona. Pamplona è un buon esempio di questa categoria. Avete la sensazione che possano esserci investitori interessati a entrare nella società?

R. No, è impossibile. Intanto perché l’accordo per la cessione del club dovrebbero approvarlo i soci e non lo farebbero mai. Inoltre, in secondo luogo perché ad oggi non rientra nei nostri obiettivi. A meno che non ci obblighino legalmente, è impossibile.

D. La città di Pamplona, per motivi anche storici, porta con sé una base di tifosi locale molto forte. Questa base così forte, quanto è importante nel calcio internazionale attuale, meno radicato rispetto al passato

R. Nella regione della Navarra si è sempre detto che quello che unisce le persone sono l’Osasuna e San Fermìn (la celebre festa che si tiene a Pamplona ogni anno tra il 6 e il 14 luglio, ndr). Quindi, quello che abbiamo cercato di fare in questi anni è non entrare in alcun tipo di dibattito politico e in alcun tipo di situazione che potesse dividere la gente. Il nostro stadio ha una capienza di 23mila posti e il massimo che possiamo avere di soci è di circa 20.500. Poi ne abbiamo altri 5.800 in lista di attesa, che pagano 50 euro all’anno. La nostra forza sociale è molto grande e per noi è importante. Quest’anno, il 99,75% degli abbonati ha rinnovato la propria sottoscrizione e di quelli che non lo hanno fatto, quasi tutti si sono semplicemente dimenticati. Abbiamo contato che di quasi 20mila soci, quelli che non hanno rinnovato, contando anche quelli che ce lo hanno chiesto in ritardo, erano solo 43. E di questi sappiamo che 32 sono venuti a mancare, quindi solamente 11 persone han deciso di smettere di essere soci e questo vuol dire che stiamo facendo bene le cose

D. Cosa significa per un navarro l’Osasuna?

R. In molte città spagnole, un bambino nasce e nonostante ci sia un club cittadino – per esempio, l’Hercules di Alicante, che non si trova in una categoria alta, ma è comparabile a una squadra di prima divisione – tifa Real Madrid o Barcellona. A Pamplona, i bambini che nascono tifano Osasuna. Lavoriamo molto sul settore giovanile, siamo il club che vanta più società affiliate al mondo e il maggior numero di bambini sotto osservazione: parliamo di circa 19mila bambini osservati, appartenenti ai club affiliati, in una provincia con 400mila abitanti. I bambini quando nascono a Pamplona ricevono la maglia dell’Osasuna e quando giocano nelle rispettive squadre durante le scuole superiori già li seguiamo. Poi eventualmente li inseriamo nella nostra società.

In questi giorni stiamo iniziando a costruire la nuova cittadella sportiva, che avrà 12 campi e uno stadio con capienza di 4mila posti. Del resto, il nostro club deve difendere il lavoro sul settore giovanile e di identificazione della nostra gente con la squadra. Quando nel 2023 siamo arrivati alla finale di Copa del Rey contro il Real Madrid, nonostante Pamplona si trovi a 1.200 km di distanza da Siviglia dove si svolgeva la finale, nello stadio c’erano più tifosi dell’Osasuna. Siamo scesi in Andalusia con quasi 30mila spettatori al seguito, mentre il Real ne aveva 22mila. Poi sul campo vince quasi sempre il migliore e conquistare una finale contro il Real è complicato.

D. A suo modo, l’Osasuna ha un’anima italiana. Lo sponsor tecnico è Macron, l’allenatore è Alessio Lisci – novità di stagione – e in rosa è presente Ante Budimir (ex calciatore del Crotone). E’ solo una coincidenza o avete visto nel nostro Paese qualcosa di particolare?

R. Noi abbiamo un accordo con Macron, del quale siamo estremamente soddisfatti. Abbiamo siglato un contratto di sei anni nella scorsa stagione e siamo molto contenti. Macron è un brand moderno, che si adatta alle esigenze e necessità di un club. Le due divise da gioco di questa stagione sono “retro” e simboleggiano due anni in cui l’Osasuna ha giocato in Europa ottenendo risultati speciali.

Il nostro allenatore (Alessio Lisci, ndr) è italiano, è arrivato al Levante molto giovane, dove ha iniziato a lavorare, e lo scorso anno ha disputato una stagione incredibile in seconda divisione con il Mirandès che ha il minor fatturato della categoria. Siamo entusiasti di lui e credo che gli metteremo a disposizione una buona rosa per competere. Soprattutto quello che cercavamo in lui è anche quello che abbiamo come squadra, uno spirito di lotta e combattivo, che è quello che si aspetta da noi il pubblico.

E ovviamente in rosa abbiamo Ante Budimir, che più che croato credo che sia navarro ormai. In questi giorni è nato il suo quarto figlio in Navarra, lui è con noi da molti anni e lo scorso anno è diventato l’attaccante con il maggior numero di gol nella storia del club in Prima Divisione. E’ parte della nostra storia ed è un giocatore molto disciplinato e che apprezziamo per il suo comportamento. E’ difficile che non si fermi un’ora in più a fine allenamento collettivo per migliorarsi sotto tanti aspetti. Non si considera mai soddisfatto e vuole sempre di più.

D. Non si può dimenticare in questo contesto che tra i grandi sportivi della Navarra c’è Miguel Indurain, dominatore assoluto delle grandi corse a tappe negli anni novanta quando vinse cinque Tour de France e due Giri d’Italia nonché rivale storico di Gianni Bugno. E’ una figura vicina al club?

R. Viviamo vicini, ed è uguale a quando era giovane. Va ancora molto spesso in bici, sta molto bene. Io penso che il vostro Gianni Bugno sarebbe stato a quell’epoca il miglior ciclista al mondo se non ci fosse stato Indurain. Ogni tanto Miguel viene anche allo stadio, ma non gli piace molto essere al centro dell’attenzione. Però certo, quando può segue volentieri la squadra.

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