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·8. August 2025
🐺 El Shaarawy: “Un onore essere il capitano. Ho sempre dato tutto per la Roma”

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Il capitano della Roma, Stephan El Shaarawy, ha rilasciato un’intervista all’interno della puntata di AS Roma Podcast. Ecco le sue parole riportate dal Corriere dello Sport:
“Il focus è sempre quello di migliorare la propria condizione per arrivare al campionato pronti. Massima serietà ed impegno da parte di tutti, che non è mai mancato”.
LE FASI DIFFICILI DELLA CARRIERA – “Quale fase della mia carriera mi ha insegnato di più? Quelle in cui hai momenti di difficoltà, dove magari soffri un po’ di più. Nella mia carriera ne ho vissuta qualcuna, penso al primo grave infortunio avuto al Milan: avevo 20 anni, mi ha tenuto lontano dal campo per un anno intero. Non ho avuto paura di smettere, ma ero in un periodo difficile, non avevo mai avuto un infortunio così lungo. Impari a rialzarti, che era l’unica via possibile. Impari anche il valore della resilienza. Poi c’è stato quello del Monaco nel 2015. Lì stavo bene, però non rientravo nei piani dell’allenatore e della società. Mi sono allenato da solo, ho imparato ad andare avanti per la mia strada. L’opportunità della Roma è arrivata ed è arrivata bene. C’è stata anche quella della Cina, che è stata un insegnamento molto importante. Quella scelta è stata molto pensata, ho ragionato un po’ più con la testa. Quando sono tornato sono stato veramente contento”.
LA FASCIA DI CAPITANO – “Un orgoglio e un onore. Indossare la fascia di capitano della Roma è un qualcosa di speciale. Senti il peso della storia di una città intera, ti senti in dovere di dare tutto e di non risparmiarti. Questo è quello che ho fatto e che farò sempre, con o senza fascia. Chi mi conosce sa che sono sempre stato uno che ha dato tutto per la Roma, che ha sempre messo il massimo impegno quando chiamato in causa, e così continuerà ad essere. Il mister è stato chiaro in questo: vuole che ci siano nello spogliatoio più giocatori che guidino il gruppo, che trasmettano lo spirito giusto, un senso di appartenenza”.
I GOL – “Il primo è stato quello che ho sentito di più, venivo dal periodo che avevo vissuto prima ed è stato come una rinascita. Presentarsi all’Olimpico con un gol di tacco sotto la Sud all’esordio, oltre che bello, è stato significativo ed importante per me. Su tutti dico quello”.
I GOL PREFERITI IN CARRIERA – “Ne ho anche tre o quattro. Ci sono quelli che mi fanno venire i brividi, che sono i tre gol del Mondiale del 2006: quello di Grosso, quello di Del Piero, ed il rigore in finale contro la Francia. Sono brividi continui. Tolti quelli i miei preferiti sono quello di Kaka contro il Manchester, quello di Ronaldinho al Bernabeu, e quello di Neymar al Santos, che ha vinto anche il Premio Puskas. Una delle sue serpentine con gioco di tacco, uno-due e poi ha scavalcato il portiere con l’esterno destro. Gol stratosferico“.
IL TALENTO – “Penso che si debba partire da una buona base di talento sempre, perché ti permette di dimostrare quanto vali, di emergere e di arrivare a un certo livello. Quando arrivi ad alto livello, la cosa che ti mantiene in alto è il lavoro, il sacrificio, la dedizione e la testa. Il talento non ti prepara al fallimento, il lavoro sì. Solo col talento fai fatica”.
ROMA – “Negli anni a Roma, soprattutto quando sono tornato dalla Cina, ho visto questo cambiamento. Nelle volte in cui c’era bisogno di aiutare la squadra io ero sempre lì in prima linea, mettendo da parte l’individualità. Sì, è una caratteristica mia”.
SERIE TV O FILM? – “Guardo entrambi. L’ultima serie tv che ho visto è Adolescence. Mi ha colpito perché è diversa da tutte, è tutta in piena sequenza. Unica e bellissima. Tratta tematiche delicate, però bella. La musica? Generalmente ascolto un po’ di tech house, un po’ di reggaeton, un po’ di tutto. Ogni tanto la metto in spogliatoio. Soulé e Dybala mettono un po’ di reggaeton, la mia è un po’ più spinta, ma magari nello spogliatotio non è il caso. Gli altri accettano”.