Calcionews24
·01 de março de 2025
Tovalieri: «Mi chiamavano Cobra, questo è il motivo. Quella volta che segnammo io e Maradona. Ho fatto un gol più difficile di quello di Arnautovic. A Bari inventammo il trenino…»

In partnership with
Yahoo sportsCalcionews24
·01 de março de 2025
Magari non tutti si ricordano chi sia stato Sandro Tovalieri, bomber degli anni ’80-90. Ma quel che è certo è che chi lo ha in mente lo associa al suo soprannome, indicativo delle sue caratteristiche da attaccante: Cobra. Ecco il racconto della sua carriera fatto a La Gazzetta dello Sport.
LA NASCITA DEL SOPRANNOME – «Nasce a Bari, metà anni 90. Cobra perché è un animale pericoloso, morde e fugge: i compagni di squadra dicevano che in area di rigore io ero così».
LE SUE CARATTERISTICHE – «Ero un 9 puro, lucido, istintivo, letale. Quando inquadravo la porta non sbagliavo un tiro. Mazzone mi urlava: “Nun te move!…Cobra, stai sempre in area… Nun te move!».
IL GOL NEL CUORE – «Il primo in Serie A, Napoli-Roma 1-1. A fine partita alzo la testa e guardo il tabellone del San Paolo con i nomi dei due marcatori: Tovalieri e Maradona».
LA RETE PIU’ BELLA – «In un Bari-Genoa, cross di Gautieri, Bortolazzi rinvia calciando altissimo, io aspetto che la parabola scenda e tiro al volo. Hai presente Arnautovic l’altra sera? Il mio aveva un coefficiente di difficoltà ancora più alto».
L’ESULTANZA DEL TRENINO – «L’idea fu di Guerrero, il colombiano. Che ridere: ci impiegammo tre mesi per impararlo, perché non eravamo sincronizzati. Però poi ce lo copiarono tutti. Lo facevano anche i tifosi del Bari in curva e nei campionati dilettanti: dopo il gol tutti accucciati a fare il trenino».
LIEDHOLM – «Il Barone mi stimava. All’epoca giocavo nella Primavera, segnavo un sacco di gol. Nell’anno dello scudetto, 1982-83, un giorno, Roma-Genoa, mi portò in panchina: ero poco più che un ragazzino, ma ero spavaldo come lo si è a quell’età. La Roma vinse 2-0, alla fine gli dissi ridendo: “Mister, cinque minuti alla fine me li poteva far fare”. E lui rispose: “Sii contento così, perché avrai un gran futuro”».
Ao vivo
Ao vivo
Ao vivo
Ao vivo
Ao vivo
Ao vivo
Ao vivo
Ao vivo
Ao vivo