Inter News 24
·15 de julho de 2025
Schelotto racconta il preparatore Rapetti: «Per me è stato un fratello, c’è una frase che ci ripeteva spesso»

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·15 de julho de 2025
Stefano Rapetti, storico preparatore atletico dell’Inter, è tornato al club nerazzurro dopo un’assenza dal 2013. Conosciuto per aver contribuito alla storica stagione del Triplete sotto la guida di José Mourinho, Rapetti ha lasciato un segno indelebile nella preparazione fisica dei calciatori. Recentemente, il suo ritorno è stato apprezzato da ex giocatori come Ezequiel Schelotto, che ricorda con piacere il rapporto costruito con lui. Schelotto, attaccante argentino noto per la sua velocità, ha lavorato con Rapetti pochi mesi prima della sua partenza nel 2013. Queste le sue parole alla Gazzetta dello Sport.
PERCHÉ RAPETTI VIENE CONSIDERATO UN TOP NEL SUO RUOLO? – «Prima di tutto, per me è una persona eccezionale. All’Inter ho vissuto mesi grandiosi anche grazie a lui: gestiva tutti alla stessa maniera senza avere delle preferenze nemmeno per chi aveva vinto il Triplete. Anzi, diceva solo di prenderli come esempi, i vari Zanetti, Samuel, Stankovic, Materazzi… E poi, al di sopra di tutto metteva sempre la maglia nerazzurra».
SE RIUSCIVA A COSTRUIRE UN RAAPORTO EXTRA-CALCIO CON OGNUNO DI NOI CALCIATORI? – «Era professionale: ci mostrava i nostri errori sia in allenamento che in partita e voleva che tutti migliorassimo ogni giorno. Però per me non è stato solo un preparatore atletico, ma un fratello. Era davvero “famiglia”. Una di quelle persone che mi farebbe enorme piacere incontrare di nuovo perché non ci vediamo da tanti anni. Lavora bene, è sempre disponibile, una persona squisita ma soprattutto un uomo con la “U” maiuscola. Sono felice che sia tornato all’Inter, perché di persone come lui se ne trovano poche».
SE AVEVA QUALCHE FRASE CHE MI RIPETEVA SPESSO? – «“Se volete diventare campioni, non migliorate solo il modo di calciare il pallone, ma lavorate sulla prevenzione: quella è fondamentale”. Spesso batteva il tasto sul discorso atletico, e io con lui mi fermavo sempre: spogliatoio-palestra-campo. Quello era il mio percorso».