Processo ultras, in aula i video dei pestaggi: «Capaci di ricattare squadra e calciatori» | OneFootball

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·21 de março de 2025

Processo ultras, in aula i video dei pestaggi: «Capaci di ricattare squadra e calciatori»

Imagem do artigo:Processo ultras, in aula i video dei pestaggi: «Capaci di ricattare squadra e calciatori»

Il vertice a casa dell’ex leader della Curva Sud Luca Lucci, con tutti i pezzi grossi dell’allora direttivo rossonero. E il pestaggio del 5 aprile di un anno fa, una spedizione punitiva degli ultrà nei confronti di un uomo circondato, picchiato e denudato in mezzo alla strada a Motta Visconti.

Tutto raccontato dai video che il pm Palo Storari, titolare con la collega Sara Ombra dell’inchiesta “Doppia Curva” che ha smantellato il tifo organizzato in città, ha scelto – spiega l’edizione milanese de La Repubblica – di proiettare in aula durante la seconda udienza del processo con rito ordinario che vede imputati tre milanisti: Christian Rosiello (già bodyguard di Fedez), Francesco Lucci (fratello di Luca) e Riccardo Bonissi.


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Il primo filmato riguarda una riunione a casa di Lucci con quello che viene definito dagli investigatori il «nocciolo duro» dei tifosi rossoneri. Il secondo, è la cruda cronaca di un pestaggio contro l’amico di un uomo per una questione di debiti di droga. Sono più di una dozzina i partecipanti del raid: arrivano in macchina, cercano la vittima nel bar. Poi la circondano, la picchiano, mentre alcuni fanno da “muro” e uno di loro è intento a riprendere la scena.

Infine, la vittima viene spogliata e lasciata in mezzo alla strada: cerca di rialzarsi e andarsene, barcolla per le botte. Il video è estrapolato da una telecamera di sorveglianza comunale. L’uomo colpito è in realtà l’amico del vero obiettivo del raid, che a sua volta avrebbe fatto uno sgarro al cognato di Alessandro Sticco, detto “Shrek”, chiedendo più soldi per saldare un debito rispetto alla cifra reale.

Soltanto due episodi, di cui però durante l’udienza si parla a lungo. Un investigatore della squadra Mobile racconta come funzionava la Curva. «Un’organizzazione complessa, strutturata, piramidale, con un direttivo, capace di esercitare forme di ricatto nei confronti della squadra e dei calciatori», oppure «per ottenere il controllo dello stadio o del merchandising».

I componenti erano protagonisti di estorsioni e fatti di sangue, avevano acquisito «consenso sociale», contavano su un «numero importante di adepti, un esercito di persone disposte a creare disordini, arrivare allo scontro, anche con le forze di polizia». Una modalità di azione che per l’investigatore sentito dai giudici ha una «modalità simile alle organizzazioni criminali di stampo mafioso».

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