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·12 de junho de 2025
Italia, Mancini ci crede: “Io ancora ct? Non c’è cosa più bella… si torna sempre dove si è stati bene”

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·12 de junho de 2025
Il futuro dell’Italia resta ancora un’incognita: Gravina cerca una nuova guida per centrare i Mondiale e Mancini si ripropone alla Nazionale.
Roberto Mancini è stato l’ultimo commissario tecnico a regalarci la gioia di un trofeo con l’Italia, ma anche l’ultimo a non centrare la qualificazione al Mondiale. Ora la nostra Nazionale rischia di restare fuori dalla Coppa del Mondo per la terza volta di fila, un incubo che va evitato assolutamente, ma l’addio di Spalletti e l’incertezza di Gravina non tranquillizzano. Gattuso è in pole, De Rossi e Cannavaro seguono a distanza, e un ritorno sulla panchina del Mancio al momento è improbabile, ma non impossibile. Il ct campione di Euro 2020 si è detto pentito di aver lasciato l’Italia dopo la debacle contro la Macedonia del Nord e le sue parole a La Gazzetta dello Sport suonano un po’ come un tentativo di riallacciare i rapporti con Gravina per riprendersi la “sua” Nazionale.
Mancini, immaginava vicende così bollenti, per la Nazionale?
“Nel calcio capitano situazioni e momenti così. Il problema è che se ne sono accavallati due o tre”.
Più stupito di come sia finita con Spalletti o di com’è andata con Ranieri?
“Sinceramente non ho i mezzi per rispondere: dovrei conoscere i fatti nel dettaglio e non è così. E poi sono cose che riguardano altri allenatori, non mi sembra giusto entrarci”.
Se non abbiamo contato male, ha detto almeno tre volte di essersi pentito di come lasciò la Nazionale. Ce ne sta una quarta?
“Soprattutto ci sta dire che se io e Gravina avessimo parlato di più in quelle settimane, e anche prima, per chiarire certe situazioni, non sarebbe successo nulla. Ma a volte si decidono anche cose sbagliate”.
Un motivo su tutti per cui prese quella decisione frettolosa?
“È vero che non sentivo più la fiducia di prima, ma dovevo parlarne con il presidente: potevo farlo, questa è la mia colpa. Oggi, chissà, saremmo ancora insieme: per provare ad andare al Mondiale. E magari, dopo aver vinto l’Europeo, per tentare la doppietta”.
E un motivo per cui tornerebbe?
“Perché per un allenatore non c’è cosa più bella che guidare la Nazionale: io ho vinto con i club, ma se vinci con l’Italia è un’altra cosa. E perché si tornerebbe sempre dove si è stati felici”.
Molto felice?
“A Coverciano stavo da dio, con tutti. C’era proprio un bel clima”.
Quello che forse è mancato ultimamente?
“E come faccio a dirlo? Quello che posso dire è che conosco molti dei giocatori che ci sono anche oggi e mi è dispiaciuto per loro che si sia creata questa situazione”.
Ma ha mai riflettuto sul fatto che, con una Nazionale più vicina al playoff che alla qualificazione diretta al Mondiale, per lei sarebbe anche un bel rischio sedere di nuovo su quella panchina?
“Che sarebbe una bella sfida non ci sono dubbi. Anche un bel rischio, sì. Ma a volte bisogna prenderselo qualche rischio, no?”.
Tornerebbe più perché sente di avere un conto in sospeso con i tifosi italiani o per il sogno di vincere il Mondiale?
“L’unico debito che sento con i tifosi è proprio quello: che, come ho sempre detto, mi sarebbe piaciuto, e mi piacerebbe, vincere un Mondiale”.
Lo ha detto tante volte. Lo direbbe ancora?
“Quando iniziai, nel 2018, dissi che volevo vincere l’Europeo e mi diedero del matto: sembrava un’utopia, parlavano dell’Italia come della settima, ottava favorita. Abbiamo vinto scollinando semifinale e finale ai rigori? E l’Argentina non ha vinto il Mondiale battendo ai rigori l’Olanda e la Francia? Il nostro è stato un percorso lungo quattro anni, fatto di vittorie, di record: non una casualità”.
Non ha risposto…
“Lo direi ancora perché penso che si possa. Io sono convinto che ci siano tutti i mezzi necessari per essere al Mondiale fra un anno. Anzi, sono abbastanza sicuro che ci andremo: a sentire certi discorsi sembra che siamo già fuori…”.
Troppo pessimismo nell’aria?
“È la cosa più semplice da avere, perché rende di più: le cose negative sono quelle che fanno più notizia. Che fanno parlare”.
Ma che l’Italia vada al Mondiale con Mancini in panchina è solo un desiderio?
“Oggi non so quello che succederà e non è il momento di entrare in certi discorsi. Ma che ho sbagliato scelta, che non lo rifarei, l’ho detto mesi fa, non negli ultimi giorni. In tempi non sospetti, diciamo così”.
Il 34% dei partecipanti ad un sondaggio Gazzetta è per il Mancini-bis. Perché secondo lei?
“Forse perché il ricordo dell’Europeo è ancora nella mente di tutti e perché si sa che le cose possono sempre riaccadere. Altro non so, se non che mi fa piacere”.
Anche che Sacchi abbia detto che lei merita un’altra chance?
“Arrigo è un simbolo della Nazionale e un modello per gli allenatori. E sa di cosa parla”.
Ha detto anche che per la Nazionale lui rinunciò a due miliardi.
“Beh, anch’io rinunciai a dei soldi. Ma per la Nazionale sono cose che si fanno: ci sta tutto”.
C’è spazio per ricomporre con Gravina?
“Non credo sarebbe un problema. Ci siamo già visti, ci siamo parlati, il presidente sa che nella vita si fanno anche errori. Essersi capiti su questo è la cosa più importante, al di là di quello che accadrà”.
Lo ha sentito?
“Non negli ultimi giorni, ma non è passato tanto tempo da quando abbiamo parlato”.
E con i suoi ex giocatori ha parlato?
“Non dopo le ultime due partite, però non ci siamo mai persi: ci scriviamo, soprattutto se fanno belle cose con i club. Con loro c’è un rapporto importante, che resterà tale per sempre: per me sono giocatori speciali, e io credo di esserlo per loro”.
Detto a posteriori: pensa che vincere quell’Europeo sia stato davvero un miracolo?
“Sicuramente qualcosa di molto particolare, e in un momento difficile. Nel calcio serve pure un po’ di fortuna, anche chi ha avuto Messi e Ronaldo non ha mai vinto senza un po’ di quella. Parlavo prima dell’Argentina: se il Dibu Martinez a pochi minuti dal 90’ non avesse fatto quella parata su Kolo Muani, avrebbero perso un Mondiale che poi hanno vinto ai rigori. A volte invece hai una sfiga pazzesca, come noi nel mancarlo, quel Mondiale: un gruppo stradominato, fuori per due rigori sbagliati e perdendo con la Macedonia dopo aver fatto 27 tiri a uno, doveva finire 4-1 o 5-1, come a Basilea doveva finire 3-0. Il calcio a volte dà e a volte toglie: un po’ di buona sorte per vincere l’Europeo, molta sfortuna per non andare al Mondiale”.
Paradosso, ma non troppo: ci sta che quella vittoria abbia illuso il movimento, mostrando un calcio italiano migliore di com’è in realtà?
“Che oggi il calcio italiano non sia quello di venti-trent’anni fa è vero, com’è una realtà il fatto che la proporzione italiani-stranieri nelle squadre si sia capovolta. Che non diamo abbastanza spazio ai giovani: di sicuro a 16 anni non li facciamo giocare come succede altrove. E che ai ragazzini mancano le tre-quatto ore di pallone con gli amici, prima di andare a fare i tre allenamenti settimanali con la squadra. In Argentina, Brasile, Uruguay li vedi giocare in strada; in Italia molto meno, ormai”.
Fu famoso il suo “In Nazionale sempre Pafundi, più altri ventidue”: scommessa esagerata?
“Per me questo è un mistero del calcio, non riesco a capire come possa non giocare in Serie A. E l’ho visto da vicino più volte. Ma ce ne sono anche altri, però se non li metti in campo come fanno a migliorare? Un giovane deve giocare, stare fuori, giocare di nuovo, ma poi arriva il momento della cosa più importante: deve poter sbagliare”.
Un nome giovane per il prossimo campionato?
“Avevo detto Fazzini, e finalmente ha giocato un po’ di più. A me piace molto Liberali. E Lucca può diventare un ottimo centravanti”.
Dopo aver chiuso l’esperienza con l’Arabia, ha avuto altre proposte di lavoro?
“Almeno un paio in Italia e tre all’estero, una in Brasile (del Botafogo). Ma ho voluto aspettare, per vedere se avrei avuto una chance in Italia”.
Che impressione le ha fatto l’Inter strapazzata così in finale di Champions?
“Partita iniziata male: prendere due gol in 20’ ti mette nelle condizioni di giocare una gara troppo diversa da quella che aveva preparato. Ma poi, diciamolo, il Psg è fortissimo e se trova spazi diventa micidiale. È stato più forte, stop”.
Contatti con l’Inter per il post Inzaghi? E con la Juve dopo il no di Conte?
“Mai sentito nessuno dell’Inter. Con la Juve avevo parlato mesi fa, ma ora l’allenatore ce l’ha: Tudor ha fatto bene”.
Napoli favorito per il prossimo campionato?
“Dipende da quanto si rinforzeranno le altre, il Napoli lo farà perché ha le possibilità economiche per permetterselo: partirà avvantaggiato, credo di sì. Ma occhio alla Juve”.
Il ritorno di Allegri?
“Esperto, conosce il Milan e il calcio di alto livello: farà bene”.
Mancini, ma lei dove si vede a settembre?
“Forse settembre è troppo presto… Vediamo, a questo punto potrebbe essere più facile all’estero. Una cosa è sicura: dev’essere una proposta che mi rende felice”.