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·02 de maio de 2025

Hernanes: "Il cuore mi diceva di restare alla Lazio. Da Klose ho imparato..."

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L'ex calciatore della Lazio, il "Profeta" Hernanes è intervenuto ai microfoni di Radio TV Serie A in collaborazione con RDS, partecipando al format “Storie di Serie A”. Il “Profeta” si è raccontato in una lunga intervista, in cui ripercorso tutto il suo cammino da calciatore professionista: dai primi anni al São Paulo in Brasile, sua terra natia, fino all'Italia, in cui ha vestito la maglia della Lazio, dell'Inter e della Juventus.

L'intervista a Hernanes

Dopo il San Paolo che mondo trovo a Roma? Trovo un mondo meraviglioso, perché in Europa mi spaventava il freddo, dato che da dove venivo io c'era solo una stagione ossia l'estate solo il caldo, per cui non sapevo cosa fosse il freddo.  Arrivo a Roma e in estate e c'erano 33 gradi quindi mi sono detto “wow qui mi sento a casa”, poi già i tifosi mi chiamavano già il “Profeta”, mi conoscevano già, quindi mi sono sentito da subito a casa. Poi il campionato era già avviato quindi è andato tutto in scioltezza.  Perché il profeta? Deriva dalle mie interviste che facevo in Brasile in cui citavo dei proverbi, dei passi della Bibbia, ed è stato un giornalista del Brasile a darmi quel soprannome e da lì tutti hanno ripreso quel nome. Il ruolo in cui mi sentivo meglio? Trequartista, un ruolo più vicino al gol, perché mi permetteva di giocare d'istinto, di fare i dribbling, finte, e tirare, quindi dal punto di vista della soddisfazione il ruolo che preferivo era il trequartista. Ma per avere una visione più ampia del calcio a 360 gradi il regista basso era un ruolo che mi ha cambiato il modo in cui vedevo il calcio. Sono nato destro, ma a 11 anni mi sono messo in testa che volevo diventare mancino e da quel momento mi sono messo ad allenarmi, mettendo da parte il piede destro e facendo tutto con il mancino, motivo per cui ho acquisito questa capacità di calciare e dribblare con entrambi i piedi.

Nel primo anno alla Lazio hai eguagliato il record di Nedved nel numero di marcature segnate da un centrocampista

A Roma ci sono delle similitudini con il Brasile: il calore, il clima, l'ambiente, questi elementi mi hanno aiutato molto, e in cui Reja mi ha messo come una seconda punta esaltandomi ancora di più nelle caratteristiche.

Cosa hai imparato da Klose?

Fuori dal campo ho imparato ad essere sempre molto preciso, perché lui negli appuntamenti era sempre uno dei primi ad arrivare e io da buon brasiliano ero spesso in ritardo. Ho imparato quella mentalità. Anche se ancora faccio fatica con gli orari (ride, ndr). Dentro al campo invece la sua oggettività, il suo essere oggettivo nella ricerca del goal, il giocare di squadra e leggere i compagni. Sempre da brasiliano a me piaceva fare le finte e dribbling e lui un giorno mi disse “se fai una finta in più io perdo il tempo per inserirmi e quindi poi mi trovi fuori tempo” e quello mi ha dato il senso del giocare di squadra, della collettività. Ero molto portato a fare il mio gioco, mentre lui mi ha insegnato a ragionare collettivamente, perché i compagni devono capire i miei movimenti.

La Coppa Italia 2013, in cui in quell’occasione hai dovuto cambiare ruolo per l’infortunio di Ledesma

La mia traiettoria nel calcio è stata sin dall'inizio quella di adattarmi e di trovare uno spazio. A 14 anni ho iniziato a giocare a calcio. Il mio primo ruolo che mi è venuto era il trequartista, ma nella mia squadra c'era già un ragazzo che era più il forte, quindi per non stare in panchina ho giocato come terzino sinistro. Il terzino sinistro è stato il mio primissimo ruolo nel calcio. La mia vita è stata adattarmi e vedere dove la squadra aveva bisogno, ma quando mi sono trovato a giocare trequartista lì era un libero sfogo e una soddisfazione garantita.  Quando ho lasciato la Lazio? È stato molto forte con i tifosi. Ho fatto quattro anni lì, il cuore voleva rimanere, ma la testa aspirava ai sogni, ad altri obiettivi, volevo vincere anche altri trofei ed è stato quello che mi ha fatto andare via, anche se il cuore vuole rimanere lì.

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