Inter News 24
·10 de maio de 2025
Bolzoni: «Mi hanno allenato Mancini e Mourinho ma mi ispiro a Conte. Che spettacolo Inter Barcellona! Ecco i meriti di Inzaghi. La finale contro il PSG…» – ESCLUSIVA

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·10 de maio de 2025
La vittoria dell’Inter in semifinale di Champions League contro il Barcellona, le chiavi tattiche per la finale contro il PSG e il finale di campionato col duello scudetto a distanza col Napoli: questi e tanti altri temi sono stati trattati da Francesco Bolzoni in esclusiva a InterNews24. Da calciatore ha vestito la maglia nerazzurra fino al 2009, attualmente è l’allenatore della Primavera della Pro Patria. Questa la sua analisi sui meriti di Simone Inzaghi e non solo.
Che partita è stata Inter Barcellona? È d’accordo con chi dice che sia stata la più bella semifinale della storia della Champions League, considerando sia l’andata che il ritorno?«Sicuramente di quelle che ho visto io sì. Secondo me tutte e due le squadre se la sono giocata a viso aperto, senza fare troppi calcoli. Son state due finali con grande spettacolo, tanti gol, e penso sia un po’ quello che la gente ricerca quando guarda una partita di calcio».
Quali sono, secondo lei, i meriti di Inzaghi o i demeriti di Flick? E quanto in una partita come questa ha fatto la differenza la maggior esperienza dei giocatori dell’Inter?«Il merito di Inzaghi è l’aver preparato la partita nel migliore dei modi, sapendo che il Barcellona è una squadra che ti attacca con tanti uomini. Quindi fare un blocco centrale come faceva l’Inter con i 5 più 3, per poi ripartire, con i due davanti e Dumfries a destra, sapendo che poi loro facevano fatica a giocarsi l’uno contro uno, sia con i due difensori centrali sia col terzino sinistro che sia all’andata che al ritorno è stato in difficoltà. Quindi sicuramente ha dei meriti Inzaghi. Per i demeriti di Flick, forse sul 2 a 3 io avrei evitato di rimanere dietro ancora in uno contro uno, ma mi sarei messo diversamente per portare a casa il risultato. Certo, culturalmente le squadre spagnole fanno così, lui comunque è uno che viene sempre a prenderti e poi alla fine non ha pagato il suo modo di giocare. L’esperienza sicuramente ha influito tanto, quello che secondo me ha anche influito è il fatto che ci sono 2-3 giocatori dell’Inter che sanno che probabilmente era l’ultima possibilità che avevano di giocare una finale di Champions. Quindi hanno dato qualcosa in più».
Quando un capitano come Lautaro fa di tutto per essere in campo nonostante il problema muscolare avuto solo una settimana prima e alla fine non solo riesce ad essere titolare ma anche ad incidere con un gol e un rigore conquistato, che messaggio manda alla propria squadra?«Beh, lui alla fine è un lottatore, uno che si prende la squadra sulle spalle. Secondo me è la sua qualità più grande, la personalità, il carattere… Poi vabbè, sicuramente ha anche qualità tecniche ma lui ha delle qualità caratteriali che lo rendono in questo momento il giocatore su cui appoggiarsi quando ci sono i momenti di difficoltà».
In finale a Monaco di Baviera ci sarà il PSG di Luis Enrique. Che tipo di partita ci si può aspettare, considerando alcune caratteristiche comuni tra il PSG e il Barcellona? L’Inter parte da favorita per il percorso fatto, dopo aver eliminato Bayern e Barcellona?«Sicuramente il PSG è più simile al Barcellona che all’Inter anche se, secondo me, sono un po’ più accorti sulla fase difensiva. Luis Enrique, essendo stato in Italia, la preparerà meglio la partita. Inter favorita? Sicuramente non dovrà affrontare la finale come due anni fa contro il City, dove per tutti partiva già sconfitta. Poi probabilmente il PSG avendo speso in questi anni il triplo di quello che ha speso l’Inter per vincere questa Champions, i giocatori hanno una pressione societaria diversa, più grossa di quella che hanno i giocatori dell’Inter. Quindi parte come favorita, non forse come giocatori singoli, ma sì come squadra, perché secondo me l’Inter è più squadra. È favorita perché secondo me ha meno pressioni».
Passando al campionato, domenica l’Inter sfiderà il Torino. Inzaghi fa bene a credere ancora in qualche passo falso del Napoli o la lotta scudetto è ormai segnata?«Lui fa bene a sperarci perché non può essere ipocrita. Se sbaglia mezza cosa il Napoli e sei comunque lì a 3 partite, sono 9 punti, non è mai facile. Vero anche che il Napoli affronta due squadre su tre che non hanno più nulla da chiedere al campionato, però il livello degli ultimi 3-4 anni in Serie A si è alzato un pochino e non è mai facile incontrare squadre organizzate e preparate. Fa bene a crederci, però non dipende soltanto dall’Inter in questo momento».
Quella di Acerbi è una delle più belle storie che ci ha lasciato Inter Barcellona, col suo gol da attaccante improvvisato all’età di 37 anni. Proprio per via della sua età, Spalletti lo aveva escluso dalle ultime convocazioni dell’Italia. Secondo lei farebbe bene a ripensare all’idea di convocare un difensore centrale come Acerbi o è giusto che continui con la sua linea basata su profili più giovani?«Penso che Acerbi abbia dimostrato che può giocare ancora ad alti livelli anche a 37 anni, forse negli ultimi 2-3 anni ancora di più di prima. Non so se lo convocherà ma magari un pensiero ce lo farà. Poi lui è un giocatore, al di là di quello che ti può dare a livello tattico e difensivo, di grande carisma. Che è forse quello che è un pochino mancato alla Nazionale nell’ultimo anno».
Lei ha iniziato la sua carriera da calciatore nell’Inter, dove è rimasto fino al 2009. Qual è il più bel ricordo che si porta con sé della sua avventura in nerazzurro?«Sono due. Uno è la vittoria del campionato Primavera, quello sicuramente. L’altro è l’esordio da titolare in Champions League col PSV Eindhoven. Questi sono i due ricordi che mi porto dietro da sempre».
Negli ultimi anni ha iniziato la carriera da allenatore, prima come collaboratore tecnico al Paradiso e ora come allenatore nelle giovanili della Pro Patria. Quali obiettivi si è dato nel medio-lungo termine e quali sono gli allenatori dai quali cerca di prendere ispirazione?«Gli obiettivi sono di crescere ogni anno, non c’è un obiettivo legato alla categoria. Sicuramente io vorrò allenare i grandi, quest’anno ho una Primavera, quindi ragazzi di 18 o 19 anni. Il mio obiettivo è allenare i grandi, poi dopo è un percorso che dovrà passare da tanti step. Però mi piace, penso sia il percorso giusto per me. Mi ispiro tantissimo ad Antonio Conte, che l’ho avuto come allenatore. Ho avuto tantissimi maestri nella mia carriera, basti pensare ai primi 3-4 anni in cui sono stato allenato da Mancini, Mourinho e Conte. Quindi diciamo che qualcosa ho fatto mio. Poi nel primo anno e mezzo dopo che ho smesso sono stato con Beppe Sannino, lui mi ha aperto la visione di tante gestioni dello spogliatoio e dinamiche di gioco che da calciatore non avevo e che grazie a lui adesso da allenatore ho fatto mie».
Si ringrazia Francesco Bolzoni per la disponibilità e la gentilezza mostrate in questa intervista.