Calcio e Finanza
·22 de agosto de 2025
Bologna, piano B per il Dall'Ara. Fenucci: «Restyling semplice o stadio nuovo»

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·22 de agosto de 2025
Il Bologna si appresta a vivere la seconda stagione consecutiva con un impegno europeo. Questa volta non si tratta della ricca e affascinante Champions, ma della Europa League che però gli uomini di Vincenzo Italiano, confermato in panchina nonostante qualche tentativo di portarlo via dall’Emilia, hanno conquistato vincendo la Coppa Italia contro il Milan.
Da Roma a Roma, dal trionfo in Coppa Italia alla prima di campionato 2025/26. «Dobbiamo ripresentarci con le stesse qualità che ci hanno portato fino a qui: intensità, fiducia nei nostri mezzi e al tempo stesso quell’umiltà che ci ha sempre contraddistinto», ha commentato l’amministratore delegato rossoblù, Claudio Fenucci, all’edizione odierna de Il Resto del Carlino.
«Lo sport vive di cicli: dopo la fase che abbiamo definito di consolidamento, è iniziato un triennio con il primo anno segnato dall’entusiasmo, poi quello della consapevolezza nonostante il cambio in panchina. Ora siamo entrati nella fase più difficile, quella che ogni ciclo attraversa, e ne siamo ben coscienti. Dovremo conservare la fame e l’umiltà di inseguire certi obiettivi, sempre con il noi davanti all’io», continua l’ad bolognese.
Sugli obiettivi stagionali: «Quest’anno giocheremo quattro competizioni. Non voglio esagerare – noi romani tendiamo a farlo (ride, ndr) – ma questa volta possiamo davvero ambire a passare dalla storia alla leggenda. In campionato c’è la possibilità di centrare per la terza volta consecutiva l’Europa, traguardo straordinario. Poi ci attendono la Supercoppa, una Coppa Italia che solo quattro club sono riusciti ad affiancare a un altro trofeo, e una semifinale europea che manca dal 1999: sono tutti stimoli enormi. È il motivo per cui abbiamo inserito nel gruppo uomini di esperienza come Immobile e Bernardeschi».
Grazie a una proprietà solida come quella di Joey Saputo, a Bologna si è tornato a parlare di nuovo stadio: «Il progetto, avviato 10 anni fa e perfezionato nel 2018 con il piano economico-finanziario, oggi è difficilmente realizzabile senza risorse pubbliche che coprano il divario tra i costi previsti e quelli attuali, lievitati nel post Covid da 80 a 220 milioni. Il provvedimento del governo è in corso di attuazione, ma se non garantisse un sostegno consistente dovremo ripensare la strategia».
Proprio per questo non si escludono altre piste: «Va ripensata una strategia insieme al Comune. Entro settembre bisogna dare risposta definitiva all’UEFA, tramite la Federazione, sulla candidatura dello stadio per EURO 2032, con l’impegno a iniziare i lavori nel 2026. Anche senza candidatura, Bologna potrebbe comunque ricevere fondi per la riqualificazione, ma la priorità sarà data agli stadi inclusi nel torneo. Al momento mancano certezze sulle risorse del Fondo per l’impiantistica sportiva e senza di esse andare avanti è complicato».
«Lo stadio resta comunque un pilastro della strategia del club: con la concentrazione degli interessi su poche competizioni e i danni causati dalla pirateria sul mercato domestico, penso che i ricavi da diritti tv possano cambiare molto in futuro – ha continuato Fenucci –. Intanto cresce la partecipazione agli eventi dal vivo, soprattutto dei giovani: la Serie A ha superato per la prima volta dopo vent’anni le 30mila presenze medie, e i cinque principali campionati hanno totalizzato oltre 60 milioni di spettatori. Per restare competitivi servono impianti più redditizi di quanto possa offrire l’attuale Dall’Ara».
Nelle scorse settimane l’assessora comunale Li Calzi aveva dato un ultimatum, senza EURO 2032 niente nuovo Dall’Ara: «L’operazione potrebbe proseguire se si trovano le risorse, ma le condizioni attuali ci obbligano a valutare alternative, anche grazie alla nomina di un commissario che dovrebbe accelerare i processi autorizzativi. Quale Potrebbe essere un restyling più semplice o la costruzione di uno stadio nuovo. Ma al momento il progetto principale resta quello del nuovo Dall’Ara».
«Certo, dal via del progetto gli scenari sono cambiati: lo stesso Dall’Ara, con la domanda attuale, avrebbe una capienza ridotta di posti corporate, fondamentali per i ricavi – continua l’ad del Bologna –. Una parte significativa dei finanziamenti per gli stadi arriva proprio da hospitality e aree vip, e il Dall’Ara, anche ristrutturato, non garantirebbe lo stesso ritorno economico di un impianto ex novo. Parcheggi adeguati, servizi moderni e spazi per sponsor richiedono un concetto di stadio diverso, non realizzabile con una semplice riqualificazione. Inoltre, i giovani oggi partecipano sempre più dal vivo: solo il 30% della fascia 18-24 segue lo sport tramite media. È una nuova esigenza che va colta con impianti all’altezza».
I prossimi passi: «Proseguiremo l’iter autorizzativo legato soprattutto allo stadio temporaneo, intanto valuteremo con il Comune l’impatto dei provvedimenti governativi, che per il Dall’Ara dovrebbero colmare il gap finanziario, trattandosi di un bene storico. In quel caso andremo avanti in quella direzione. Se invece le risorse non arrivassero, un investimento da 180 milioni da parte del club per il restyling del Dall’Ara sarebbe impossibile: non ci sarebbero ritorni sufficienti. Per il bene della società e per mantenerne la competitività è cruciale capire come compensare la possibile riduzione dei diritti tv, e in questo lo stadio resta centrale, specie in un territorio con un tessuto imprenditoriale forte e appassionato di Bologna».
Sul calciomercato ancora aperto e che anche quest’anno ha visto la partenza di due titolari della squadra dell’anno scorso come Beukema e Ndoye: «Abbiamo sempre detto che avremmo voluto trattenere tutti, pur sapendo che, davanti a determinate proposte, soprattutto se provenienti dalla Premier, è complicato resistere. Se sommiamo i costi operativi della società a quelli del personale, arriviamo a 110 milioni: con ammortamenti e tasse tocchiamo quasi i 160. È chiaro che una struttura così impegnativa, costruita per restare competitiva, deve essere sostenuta anche da qualche cessione. Parte di quelle entrate le abbiamo reinvestite sul mercato e probabilmente ci sarà ancora qualche investimento. Lukumi? Jhon è già al terzo anno con noi, che nel calcio di oggi è un periodo lungo. Aveva il desiderio di cambiare, ma non si sono concretizzati i tempi giusti per un’offerta: in caso contrario avremmo potuto muoverci diversamente e magari trattenere Sam. Ma i tempi di mercato non dipendono da noi: adesso non ci sono le condizioni per sostituirlo, quindi resterà».
Negli anni il Bologna ha alzato il proprio tetto salariale fino ad arrivare a 2 milioni a stagione: «Il nostro limite salariale è già cresciuto molto. Negli anni del consolidamento, quando disputavamo campionati tranquilli, il monte ingaggi era sui 55-60 milioni. Negli ultimi due anni è salito a 80-85. È stato fatto uno sforzo notevole, un impegno finanziario importante per restare competitivi. Penso che sia il Bologna di quest’anno sia competitivo come nelle ultime stagioni. Per dimostrare di essere più forti, serviranno la solita intensità in allenamento e il contributo dei nuovi, che per ora si sono inseriti molto bene. Resta il fatto che uno dei segreti del successo è stato lo spirito di gruppo, quel senso di famiglia che ci ha dato qualcosa in più».
Sul passo ulteriore per diventare una grande: «Questa proprietà ha già investito oltre 280 milioni. Il calcio europeo non è sostenibile: negli ultimi quindici anni ha accumulato perdite per oltre 20 miliardi, mentre in Italia negli ultimi sei anni sono servite ricapitalizzazioni per 3,5 miliardi. È un’industria che deve trovare equilibrio. Noi stiamo cercando di unire risultati sportivi e sostenibilità e continueremo così. Al 30 giugno 2025 abbiamo chiuso un bilancio in positivo, ma non distribuiremo utili: resteranno nel club e saranno reinvestiti. L’Europa League porta, a seconda del percorso, un quarto o un quinto dei ricavi della Champions, e con una struttura di costi così elevata è chiaro che a giugno 2026 non avremmo un bilancio in utile».