Zortea: «Ora mi sento forte e a mio agio, tiro di più. I miei obiettivi sono la salvezza del Cagliari e…» | OneFootball

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·8 febbraio 2025

Zortea: «Ora mi sento forte e a mio agio, tiro di più. I miei obiettivi sono la salvezza del Cagliari e…»

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Nadir Zortea, esterno offensivo del Cagliari, oggi ha rilasciato una lunga intervista sul momento con i rossoblù oltre che sulla sua carriera!

Il classe 99′ Nadir Zortea ha trovato la propria dimensione e con Davide Nicola sta rendendo su livelli altissimi! L’esterno del Cagliari ha parlato per l’edizione odierna di Sportsweek toccando diverse tematiche tra passato, presente e futuro. Le sue parole:

LA SCELTA – «Volevo staccarmi dall’Atalanta perché volevo essere parte di qualcosa. Il Cagliari mi voleva in via definitiva e non ho avuto dubbi, anche perché mi ha voluto mister Nicola, che avevo avuto a Salerno. Giocare per la squadra di un’isola è una cosa diversa che ho sentito subito. I sardi considerano il Cagliari come una cosa loro, che li accompagna nella vita. È l’espressione dell’amore per la propria terra».


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IL SOLE DI CAGLIARI – «A me è sempre piaciuto il mare. Ho preso casa vicino alla spiaggia del Poetto. Sto per prendere la patente nautica».

OVIETTIVI – «Succede che a marzo c’è la Nazionale, e voglio farne parte. L’altro obiettivo è la salvezza col Cagliari. Per il resto non perdo tempo a pensare al futuro: èuna cosa che non è totalmente sotto il mio controllo».

SPIEGAZIONE DEL NOME – «L’ha scelto mamma. In arabo vuol dire “raro”. A scuola mi chiedevano se fossi italiano. Papà, invece, ama i nativi americani e voleva chiamarmi Tubak, non so cosa voglia dire. A mia sorella voleva dare il nome Cheyenne, poi ha ripiegato su Karin».

ATALANTA «Mordersi le mani? No, perché penso di aver dato tutto. In ogni caso, per arrivare ad alti livelli non c’è solo l’Atalanta. Gasperini? Abbiamo avuto un rapporto tranquillo, trasparente. Mi stimava e me l’ha sempre detto. Con lui sono migliorato parecchio».

IDOLI – «Nel mio ruolo, Dani Alves e Cancelo sono stati modelli. Theo Hernandez è un punto di riferimento: mi piace come si allunga la palla in avanti per un certo numero di metri con un solo tocco. Poi è un leader carismatico. Non gli interessa risultare simpatico o antipatico: è se stesso e basta».

THEO ED IL CAMBIO DI RUOLO – «Sì, voglio essere così. Ci sto lavorandoQuando avrò superato il suo livello, non dovrò cercare unaltro idolo perché vorrà dire che avrò salito uno scalino. Già ora guardo Theo con un po’meno di soggezione rispetto a prima, e quando riuscirò a fare tutte le partite contro di lui a livello superiore al suo allora poi non ci sarà più bisogno di guardarlo. Un altro che ho studiato molto è stato Bale. Lui ha cambiato ruolo, da terzino a esterno d’attacco, un po’ come me. Cambiare significa evolversi, è una cosa che mi procura piacere. Se non c’è evoluzione, non c’è miglioramento, non alzi il tuo livello. All’inizio ho dovuto accettare di giocare più avanti. Non sapevo se sarei riuscito a farlo a un livello alto, e non volevo essere un mediocre. Ho dovuto imparare a giocare spalle alla porta e ad attaccare lo spazio con tempi diversi rispetto a prima. Però adesso misento a mio agio, tiro di più».

CONSAPEVOLEZZA – «Sì: quattro anni fa, a Salerno, la mia prima stagione in A. Lì capisco che c’ero a livello tecnico e tattico, ma mentalmente non ero ancora pronto a essere un calciatore che fa la differenza».

SENSAZIONI – «Mi sento forte, poi esistono tanti fattori che ti permettono di fare la differenza, però, ecco, l’intento, la mentalità, la voglia è sempre quella di riuscirci».

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