Hellas Verona FC
·15 novembre 2024
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·15 novembre 2024
Verona - Settimo appuntamento con 'Visti da vicino' il format dell’Hellas Verona che ci accompagnerà per tutta la stagione 2024/25, in cui i protagonisti sono i giovani gialloblù della formazione Primavera allenata da mister Paolo Sammarco.
Curiosità, aneddoti, vita personale e naturalmente tanto calcio sono i temi principali di queste interviste. Nell'episodio di questa settimana andremo a scoprire la vita, privata e sportiva, di uno dei veterani della Primavera gialloblù: Richi Agbonifo.
Richi, sei uno dei veterani del Settore Giovanile del Verona, quando hai iniziato a giocare a calcio e come sei arrivato all’Hellas? “Ho iniziato a giocare a 3 anni, praticamente da quando ho memoria. A 5 anni mi sono iscritto in una squadra di Bovolone, il mio paese, e dopo appena sei mesi ho ricevuto una chiamata per fare un provino con l’Hellas. Mi ricordo che abbiamo fatto degli allenamenti e in seguito un torneo, che mi è rimasto impresso anche perché l’allenatore era mister Nene (Daniele Marchi, ndr), che poi sarebbe diventato una persona molto importante per me. Quel torneo l’abbiamo vinto e io ho segnato più gol di tutti, e da lì sono sempre restato all’Hellas".
Chi ti ha trasmesso questa passione per il calcio già da così piccolo? “Nella mia famiglia il calcio c’è sempre stato. Mio papà, Omoregie, ci faceva vedere le immagini di Jay-Jay Okocha a me e a mio fratello già da quando eravamo piccolissimi, che era uno degli idoli di mio padre essendo nigeriano. Ma, oltre a questo è stato molto importante anche mio fratello, Will, perché lui essendo più grande sceglieva sempre quello da vedere in televisione e guardava sempre calcio, è molto appassionato e giocava, così ho iniziato anch’io. Per me era una sfida giocare contro lui”.
Cosa significa per un ragazzo di Verona come te rappresentare l’Hellas in Primavera 1? “È un orgoglio, ed è un orgoglio ancora più grande sapere di essere stato riconfermato ogni anno da quando ho 6 anni. Tra i miei amici sono sempre stato quello che ‘gioca nel Verona’, ed è bello. Arrivare a giocare in Primavera partendo dai Pulcini è un percorso che in pochi hanno fatto, e di questo vado molto fiero”.
In tutti questi anni al Verona ci sono dei momenti particolari che ti sono rimasti impresso? “Un ricordo che mi tengo stretto è quello di un torneo a Salerno con l’Under 13. Eravamo riusciti ad arrivare in finale, ma proprio nella partita prima mi sono rotto il polso e ho dovuto fare da Salerno a Verona in ambulanza. Ero distrutto, ma i miei compagni hanno vinto il torneo e mi hanno dedicato la vittoria mostrando la mia maglia, hanno trasformato un momento di dolore in un momento di gioia. Poi ricordo bene il mio esordio in Primavera, contro l’Inter in trasferta a Milano nella stagione 2022/2023, con mister Bocchetti in panchina: sono entrato che perdevamo 2-1 e abbiamo pareggiato nel finale. Un’altra partita che ricordo benissimo è quella vinta contro il Milan nella scorsa stagione in casa loro, in cui ho segnato il mio primo gol in Primavera: sono subentrato a Patanè nel primo tempo e dopo due minuti ho segnato. L’ultimo momento che voglio ricordare è quello di un torneo che abbiamo vinto in Lituania, sempre con mister Nene. Un’esperienza incredibile”.
Quanto è importante per te la tua famiglia? “Io vengo da una famiglia umile che mi ha sempre fatto trovare tutto ciò di cui avevo bisogno. I miei genitori Sarah e Omorogie mi hanno insegnato ad essere sempre disponibile con tutti, ad avere sempre il sorriso per poter aiutare gli altri. Questo deriva un po’ dalla cultura del nostro Paese, la Nigeria, dove alcune volte sono riuscito anche a tornare, per incontrare i nostri parenti. Quando c’è l’occasione per tornare mio padre porta sempre le mie scarpe da calcio ai bambini in Nigeria che non le hanno. A volte non è stato facile per i miei genitori, che lavoravano e non potevano portarmi alle partite, ma si sono sempre spesi per me. Quando ho potuto, a 14 anni, ho scelto di andare a vivere in convitto anche per aiutare la mia famiglia. Per questo devo ringraziare tanto la società che mi ha dato questa possibilità. Il convitto mi ha anche aiutato a maturare, a crescere, perché comunque lì conosci tanti ragazzi, anche più grandi da cui si può imparare anche tanto. Naturalmente poi ci sono tante persone che ci seguono e ci aiutano, ricordo Nicola che è stato il mio primo tutor a cui devo molto, ora c’è Santo che ringrazio, ma anche tutti gli altri tutor che stanno con noi. Il clima in convitto, anche grazie a loro, è bello, ci sentiamo come una grande famiglia e non ci manca nulla”.
Parlando di questo campionato, dopo un buon avvio avete attraversato qualche difficoltà, in cosa dovete migliorare per raggiungere il vostro obiettivo? “Per me la prima cosa da capire è che non si raggiunge un obiettivo da soli, con le giocate dei singoli. Siamo una squadra, siamo un gruppo e la soluzione ai nostri problemi si trova solamente ragionando insieme, come una famiglia. Dal mister fino all’ultimo ragazzo appena arrivato in squadra dobbiamo agire uniti”.
Tu sei uno dei veterani della squadra, ti senti un leader? E come aiuti i ragazzi nuovi? “Sì, io mi sento un leader. Sono quello in spogliatoio con cui tutti possono sempre parlare, di ogni cosa, se qualcuno viene da me con un problema sono pronto ad aiutare. Ma anche se vedo un ragazzo un po’ teso, vado da lui per aiutarlo. In più un altro dei miei compiti è quello di trasmettere a tutti, soprattutto ai ragazzi nuovi, cosa vuol dire giocare per il Verona e indossare questa maglia. Quello che cerco di far capire è che all’Hellas non si molla mai, e che si gioca ogni partita alla pari con tutti, senza paura e lottando su ogni pallone”.
In che ruolo ti trovi meglio in campo? “Se devo dire il mio ruolo preferito è quello di esterno d’attacco a sinistra, però negli ultimi anni, grazie a mister Sammarco e allo staff, sto crescendo anche nella fase difensiva, e mi trovo a mio agio anche come quinto di centrocampo. Come mi dice sempre il mister le squadre non giocano tutte con il 4-3-3, bisogna sapersi adattare e mi ricorda sempre che gli attaccanti devono anche difendere, per questo fare il quinto di centrocampo è un ruolo interpretabile in base alle proprie caratteristiche. Mi trovo bene adesso anche a fare la seconda punta, perché ho un bel feeling con Ioan (Vermesan ndr) e ci troviamo in campo”.
Possiamo dire, quindi, che mister Sammarco ti ha aiutato tanto a crescere nella fase difensiva? “Sì, sicuramente. Perché, quando sono arrivato in Primavera pensavo di essere un attaccante esterno che in fase difensiva non doveva fare quasi nulla, ma lui mi ha insegnato che non è così, il calcio non è questo. Con me ha premuto molto anche sul fatto di non ‘spegnermi’ mai durante la gara, di essere attivo e pronto ad aiutare i miei compagni, come dimostra il ruolo che sto facendo adesso, quello di quinto di centrocampo”.
Oltre ad essere di Verona, sei anche tifoso dell’Hellas? “Assolutamente sì. Da quando sono piccolo vado sempre allo stadio se c’è l’occasione. La partita che ho visto al ‘Bentegodi’, indimenticabile, è la Finale contro il Cittadella. Ammetto che sul gol di Di Carmine ho pianto sugli spalti: quel gol di tacco mi ha fatto impazzire. Ricordo lo stadio pieno, la gente, l’aria che si respirava. A nessuno importava che fosse Serie B, perché questo è il Verona, che sia in Serie C, B o A, non importa, lo stadio è sempre pieno”.
Hai già siglato 5 gol e servito 3 assist in questo campionato, ma ti piace di più segnare o far segnare? “Se ti avessi risposto qualche anno fa, avrei detto sicuramente fare gol. Però ho capito che in realtà non cambia nulla, perché il risultato finale è sempre lo stesso, ovvero la rete per la mia squadra. Ma io so di essere nato attaccante, e quindi come ogni attaccante penso di essere un po’ egoista, con l’ossessione del gol. Ma devo dire che grazie al mister sono cresciuto molto sotto quest’aspetto e ora non trovo più differenza tra l’assist e il gol”.
Secondo te quali sono i tuoi punti di forza e invece quelli in cui devi migliorare? “Sicuramente la velocità e l’esplosività sono due delle mie caratteristiche principali, così come l’uno contro uno. Ritengo di avere anche un bel piede destro, ma anche con il sinistro me la cavo bene. Mentre, come detto prima, devo lavorare ancora sulla fase difensiva, per capire meglio quali movimenti fare e come aiutare al meglio i miei compagni”.
Sei ormai al terzo anno con la Primavera, e quest’anno ci sono stati tanti cambiamenti, dove pensi che possa arrivare questo gruppo? “L’anno scorso avevamo tanti ragazzi più grandi, 2004, che quest’anno non sono più con noi. Ora siamo tutti molto più vicini di età, tanti 2006, alcuni 2005 e anche 2007, e dobbiamo maturare tutti insieme, come squadra e come gruppo. Come ci dice il mister, per le qualità che abbiamo, non ci sono squadre che ci possono mettere paura, dobbiamo solo maturare come gruppo. Però, come possiamo vincere con tutti, possiamo anche perdere con tutti; quindi, dobbiamo arrivare a fare questo salto di qualità”.
Sappiamo che l’obiettivo della squadra è il raggiungimento della salvezza, mentre sul piano individuale qual è il tuo? “Fare più gol e assist possibili per aiutare la squadra a vincere, e naturalmente il mio sogno è l’esordio in Prima squadra. So che per riuscirci devo maturare il più possibile, perché sto crescendo e devo essere anche un esempio per i compagni più giovani”.
C’è qualche giocatore del Verona a cui ti ispiri? “Lazovic, perché avendo anche l’occasione di allenarmi insieme a lui ho capito quanto sia davvero leader, oltre ad essere il capitano. Lazovic trasmette ai suoi compagni la professionalità, e quando parla lui tutti ascoltano perché sanno che quello che dice lui, che non è uno che parla molto, è giusto. Questo suo esempio di leadership è per me fondamentale. Poi un altro mio esempio era Zaccagni quando era qui al Verona, perché è un destro di piede che gioca a sinistra e vederlo giocare e segnare sotto la Curva era incredibile”.
Hai qualche rito particolare prima della partita? “Prima di ogni gara chiamo mia mamma dallo spogliatoio e gli chiedo una preghiera per me, perché la mia famiglia è molto religiosa e lo sono anch’io, infatti prima di entrare in campo prego”.
Oltre l’italiano che altre lingue parli? “Possiamo dire che sono poliglotta, perché parlo un dialetto nigeriano, l’inglese e il francese. Parlando quattro lingue riesco anche a farmi capire da tutti i compagni nello spogliatoio ed aiuto anche lo staff a comunicare con chi magari fa più fatica a parlare l’italiano o l’inglese”.
Come sta andando con lo studio? “Sono all’ultimo anno di liceo scientifico. Con gli allenamenti non riesco ad andare la mattina quindi seguo le lezioni online, però precedentemente ho preso il diploma breve frequentando tre anni di un istituto professionale con indirizzo turistico qui a Verona. Dopo il liceo non so ancora cosa farò, ma penso che continuerò il mio percorso di studi anche all’Università”.
C’è qualche piatto che ti piace particolarmente? “Io vado matto per il lesso con la pearà. Ma sono cresciuto mangiando il risotto al tastasal che fa benissimo anche mia mamma. Un altro piatto tra i miei preferiti è il Fufu, una tipicità nigerina a base di semola, farina con una zuppa a parte. E anche il Jollof rice”.
Come passi il tuo tempo libero fuori dal calcio? “Passo tanto tempo con la mia ragazza. Poi, mi piace tanto anche la musica, sono sempre con le cuffie e ora sto imparando anche a fare beat musicali. A casa mi sono comprato alcune cose per produrre musica”.
La musica in spogliatoio la metti te? “Sì, spesso sono io a metterla. Mi piace molto la musica afro e americana”.
C’è qualche compagno con cui senti di avere una grande affinità in campo? “Devo dire che con tutti i compagni mi intendo molto bene, ma forse in questo momento direi Vermesan, a volte è come se sapesse già quello che sto per fare. Un altro compagno è sicuramente Alpha (Cisse, ndr). Con lui c’è una grande intesa in campo, quando lo vedo so già dove andrà e come cercarlo e lo stesso fa lui con me. Giochiamo insieme dall’Under 15, quindi ci conosciamo alla perfezione, e anche lui vive in convitto, ho un grande rapporto con lui anche fuori dal campo”.
C’è qualcuno che vuoi ringraziare qui nel Verona che ti ha aiutato in tutti questi anni? “Sì, ce ne sono tanti. Vorrei iniziare da Paolo Di Savino, uno degli autisti che mi ha aiutato sempre, in tanti modi, anche per rialzarmi il morale magari dopo alcune partite negative. Lui è quasi come se fosse un secondo padre per me. Sempre tra gli autisti vorrei ringraziare anche Claudio Giglio. Poi c’è mister Nene che è stato importantissimo, all’inizio pensavo gli stessi antipatico perché mi stava sempre addosso, ma in realtà ho capito che più un mister ti segue più ci tiene a te. Poi c’è Fabio Fattorelli, un altro dirigente che voglio ringraziare. Anche mister Enrico Donadoni, che mi ha aiutato in tante cose, a volte mi portava anche a casa dalle partite o dagli allenamenti, è sempre stato tanto disponibile con me quando avevo bisogno. Poi ringrazio tutti gli staff che ho avuto in questi anni, che tutti ci hanno trattato come una famiglia. Voglio ricordare anche Giorgio Rossi, il magazziniere e infine tutti i miei amici che mi sostengono e mi vengono a vedere”.