PianetaSerieB
·22 settembre 2024
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Intervistato da Il Secolo XIX, Osvaldo Jaconi, che in carriera ha avuto modo di allenare Luca D’Angelo e Antonio Calabro, ha parlato della sfida tra Spezia e Carrarese.
Queste le sue dichiarazioni, riprese da calciospezia.it:
“Con loro feci quello che si fa con i ragazzi intelligenti e che vogliono apprendere: gli alleni negli ultimi 15 centimetri del problema. Non nelle gambe, ma nella testa e aggiungi alla loro intelligenza quello che puoi dargli.”
“Forse vi stupirò, ma dico che i due sono molti diversi. Hanno caratteristiche simili e la stessa predisposizione a ciò che nel ruolo serviva di più ossia dedizione e sacrificio. Entrambi difensori con stili diversi. Calabro era un terzino ringhioso sull’uomo che ha fatto passare tanti brutti pomeriggi ai nostri avversari. D’Angelo più fisico, centrale difensivo e all’occorrenza libero. Un bel pensatore, ma anche lui applicato al massimo.”
“Non sono affatto meravigliato che oggi facciano gli allenatori, come non lo sono che alleni Mignani o Altamura o ancora Cei. Erano tutti parte di quel gruppo. Non mi sorprende che Fusco faccia il direttore sportivo. E’ vero gli anni passano, ma certe caratteristiche le vedi da subito. Noi siamo il nostro vissuto, anche nel calcio.”
“In una squadra ai bisogno dei D’Angelo, dei Gattuso, dei Calabro come dei Kakà. In una squadra ci vogliono ingegneri e muratori per intenderci. Io avevo bisogno di loro, come loro di altri. Credo che stiano trasmettendo questo ai loro ragazzi.”
“La seguo e cerchero di vedermi questo Spezia-Carrarese impegni permettendo. Anche per rivedere il “Picco” perché solo chi ci ha giocato dentro capisce bene questo stadio e quello che può darti, gli altri si limitano a parlarne per ‘fama’. Io ci ho giocato con Lecco, Teramo e Riccione negli anni ’70. Un bel problema stare lì in campo: se vuole quella gradinata ti viene letteralmente addosso. Credo che sia lo stadio più inglese che esiste in Italia: veramente bello, senza pista attorno.”
“Dopo la sconfitta con lo Spezia con il mio Livorno le vincemmo tutte e andammo in Serie B, ma la vera storia c’è dopo. Entrai in contrasto con la dirigenza e mi dimisi, allo Spezia salutò Mandorlini. Il giorno dopo mi contattarono e ci mettemmo anche d’accordo, ma poi ci ripensaraono evidentemente.“