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·3 aprile 2020
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·3 aprile 2020
Siamo nel maggio del 1996 e si stanno disputando le qualificazioni per l’undicesima Coppa d’Asia, che prenderà il via nel dicembre successivo negli Emirati Arabi Uniti. Il Gruppo 8 mette di fronte tre contendenti: le neonate selezioni di Uzbekistan e Tagikistan, e il Bahrain. Chi vince il girone accede alla fase finale. E quando il piccolo regno del Golfo Persico si autoesclude, la formula si trasforma in un teso faccia a faccia tra le due ex-repubbliche sovietiche, che farà di quel doppio confronto il primo derby dell’Asia centrale in una competizione continentale, e la più entusiasmante partita tra le due squadre mai disputata, destinata ad entrare nella storia.
Era dunque il 1996, e sia in Uzbekistan che in Tagikistan le rispettive federazioni calcistiche avevano istituito da ormai cinque anni i rispettivi campionati nazionali, costretti a causa della dissoluzione del sistema calcistico sovietico che seguì la caduta dell’URSS nel 1991. Infatti, fino a quella data e nei 54 anni precedenti, i maggiori club uzbeki e tagiki avevano preso parte alla Vysšaja Liga (la prima divisione sovietica) e ai suoi tre livelli minori.
Pur non avendo mai primeggiato né in prima divisione né in coppa nazionale, entrambi gli stati possono però contare diverse rappresentazioni nella massima serie. In Uzbekistan c’era (e c’è tuttora) il FC Pakhtakor Tashkent a primeggiare, unico club uzbeko ad aver raggiunto la Vysšaja Liga (e in cui può vantare oltre venti partecipazioni, la più recente delle quali risale proprio all’ultima edizione del 1991), finalista della Coppa dell’URSS nel 1968 (primato centroasiatico), e che abbiamo imparato a conoscere bene negli ultimi anni in AFC Champions League (cliccando qui troverete la nostra presentazione della Uzbekistan Super League 2020).
Tra i più importanti giocatori che vestirono la maglia del primo club della capitale troviamo il portiere della nazionale URSS di Euro ’68 Yuri Pshenichnikov, il campione sovietico di Euro ’90 U-21 Andrey Pyatnitsky (poi campione di Russia per ben quattro volte, tra il 1992 e il 1996, con lo Spartak Mosca), l’attaccante Berador Abduraimov, considerato uno dei più forti giocatori uzbeki di tutti i tempi (e capocannoniere della Vysšaja Liga nel 1968), e “il Maradona della Grecia” Vasilis Hatzipanagis.
Nella repubblica socialista confinante, invece, la crisi dello stato federale coincise con l’epoca d’oro del calcio locale, dove il Pamir Dushanbe dopo ben 36 stagioni in Pervaja Liga, la seconda divisione sovietica, raggiunse la massima serie nel 1988 (unica squadra tagika a riuscirci), dove restò fino all’ultima edizione. Quel Pamir portò alla ribalta diversi giocatori, tra cui, l’attaccante Mukhsin Mukhamadiev e il centrocampista Rashid Rakhimov, che nel ’94 vinsero il campionato russo con lo Spartak Mosca, e il centrocampista Sergei Mandreko, che nel ’92 lasciò il Pamir e la nazionale tagika per proseguire la sua carriera con il Rapid Vienna prima, e con l’Hertha Berlino e il Bochum poi.
La fine del calcio sovietico unificato portò ad una drastica riduzione del livello calcistico in tutte le aree dell’ex-repubblica socialista, tant’è che nessuno dei nuovi campionati post-sovietici è mai riuscito a raggiungere il secondo posto del ranking UEFA, dove invece era arrivata la Vysšaja Liga. Soprattutto però, la dissoluzione della Liga diede inizio ad un forte abbassamento di qualità di quei club che erano uniche eccellenze del proprio territorio, in quanto le nuove leghe nazionali non furono in grado di garantire un livello agonistico pari a quello della massima divisione sovietica.
A causa di ciò seguì una fuga di scarpini che interessò sia il Pakhtakor che il Pamir. Ma mentre i primi riuscirono ad affermarsi saldamente sul piano nazionale e in parte su quello continentale, il club della capitale tagika, invece, dopo la conquista di due titoli locali (nel 1992 e nel 1995) fermò la propria attività nel 1996, a causa della guerra civile locale che aveva portato allo smantellamento della squadra. Terminati gli scontri, la società venne rifondata dal Ministero della Difesa come CSKA Dushanbe, che rimane ancora il suo nome attuale, ma da allora il glorioso club di Dushanbe non è più riuscito ad alzare alcun trofeo.
Con la dissoluzione dell’URSS la federazione calcistica di ogni nuovo stato ex-sovietico organizzò, oltre che la prima divisione locale, anche la propria selezione calcistica. Naturalmente questo valse allo stesso modo per l’Uzbekistan e per il Tajikistan, che nel 1992 esordirono in incontri ufficiali.
Entrambe le formazioni erano composte, principalmente, da un lato da giocatori provenienti dalla prima squadra della nazione, quindi Pakhtakor da un lato e Pamir dall’altro, e dall’altro lato da quei calciatori che nel 1992 avevano lasciato i due club per proseguire le loro carriere nella più competitiva e ricca Russian Top League. Quest’ultimo fatto andò tutto a favore delle rispettive nazionali, che poterono quindi assicurarsi tra le proprie file le prestazioni di giocatori che stavano facendo esperienza in uno dei maggiori campionati europei. Ma non sempre andava in questa maniera, in quanto ad esempio alcuni tra i principali calciatori tagiki scelsero di giocare per la nazionale russa, come i precedentemente citati Sergei Mandreko e Mukhsin Mukhamadiev.
E non è infatti un caso che entrambe le nazionali furono piuttosto competitive nel nuovo contesto asiatico degli anni novanta. Questo avvenne anche perché le selezioni potevano contare su una generazione di calciatori che a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90 aveva fatto esperienza nella Soviet Top League con il proprio club locale e che, successivamente, si erano trasferiti in club russi disputando così la più competitiva Russian Top League, o in misura minore in Ucraina nella Vyshcha Liha. Però negli anni seguenti alla scomparsa della Vysšaja Liga, far approdare calciatori delle ex-repubbliche socialiste nei più importanti campionati post-sovietici divenne sempre più difficile, con la conseguenza che, esaurita quella generazione cresciuta nella Soviet Top League, il livello qualitativo delle rispettive selezioni nazionali diminuì, e a volte anche drasticamente.
Ritorniamo al 1996. È proprio in questo contesto di novità, di sicurezza nei propri mezzi, e di qualità da calcio europeo che l’Uzbekistan e il Tagikistan mossero i primi passi nella confederazione asiatica, l’AFC, alla quale avevano aderito tre anni prima.
Le qualificazioni alla Coppa d’Asia del ’96 furono la prima competizione continentale alla quale parteciparono tutte e cinque le neo-nazionali della vasta macroregione. Il Kazakistan, il Turkmenistan e il Kirghizistan dovettero contendersi l’accesso alla manifestazione con colossi come Arabia Saudita, Siria e Kuwait (inutile dire che conclusero i loro micro-gironi in fondo alla classifica); invece l’Uzbekistan e il Tagikistan vennero sorteggiati nello stesso gruppo, il numero 8, a cui si aggiunse il modesto Bahrain.
Non ne siamo sicuri, ma crediamo che l’Italia d’Asia venne inclusa tra le teste di serie al momento del sorteggio, nonostante esistesse ufficialmente da neanche quattro anni. Ad avvalorare quanto appena detto, c’è il fatto che due anni prima la selezione uzbeka, guidata in seconda dalla leggenda locale Berador Abduraimov, compié il Miracolo del 1994, andando a vincere la medaglia d’oro agli Asian Games giapponesi del 1994. Torneo, questo, in qui diverse federazioni lasciarono a casa i principali campioni nazionali (come l’Arabia Saudita), ma che venne preso sul serio dai più. Nella campagna di Hiroshima, la sfavoritissima neo-nazionale uzbeka impartì lezioni di calcio, in ordine, ad Arabia Saudita (sconfitta per 4 a 1 , ma presentatasi solo con under-23), Corea del Sud (fresca della partecipazione a USA ’94) e, in finale, alla Cina (terza classificata nella precedente Coppa d’Asia).
A trainare i lupi bianchi nella scalata al successo c’erano le tre stelle del paese: il playmaker Mirdjalal Kasimov (che sarebbe divenuto campione di Russia nel 1995 con l’Alania Vladikavkaz), il centravanti del top club malaysiano Pahang FA Igor Shkvirin, e l’attaccante Azamat Abduraimov (che si trovava in Israele, al Maccabi Netanya). Un miracolo sportivo, questo, che pensiamo possa aver permesso ai tricolori di meritarsi la nomina a testa di serie nel torneo qualificativo del 1996, e dunque di avere molta più possibilità di accedere alla competizione targata AFC.
Invece, il Tagikistan da parte sua proveniva da sole sei gare ufficiali, disputate tutte all’interno delle due uniche edizioni della Coppa dell’Asia Centrale, nel 1992 e nel 1994, e in cui aveva ottenuto una sola vittoria, contro il Kirghizistan per 1 a 0. A causa della guerra civile che stava colpendo dal 1992 il territorio dell’ex-repubblica sovietica (e che finirà soltanto nel 1997), la nuova selezione non ebbe modo di organizzare e di sostenere economicamente altri incontri.
Tornando al maggio del ’96, a semplificare la situazione ci pensò poi il Bahrain, che prima dell’inizio del girone comunicò la propria rinuncia; a causa probabilmente delle violente rivolte interne che dal dicembre del 1994 stavano interessando il piccolo arcipelago. Il cammino qualificativo si andò quindi a trasformare in uno scontro diretto tra le due repubbliche ex-sovietiche. Un derby che, come spesso accade, andava oltre il rettangolo di gioco. Infatti i rapporti tra i due paesi erano inclinati già dai tempi in cui entrambi facevano parte dell’Unione Sovietica, e la fine di questa portò ad un inasprimento delle relazioni che sembra stia avendo fine solo ora. Alcuni esperti consideravano i due stati addirittura impegnati tra loro in una sorta di guerra fredda non dichiarata.
Uzbekistan-Tagikistan. Da un lato una selezione che aveva da poco bissato il suo massimo successo continentale. Dall’altro una nazionale che sembra partecipare alle qualificazioni quasi per miracolo, ma forte di una squadra con elementi di esperienza e di discreto valore.
L’andata si giocò l’8 maggio, davanti ai 20mila spettatori dello stadio Pamir di Dushanbe (che registrò il tutto esaurito), in piena guerra civile. L’ex bandiera del Pamir Abdullah Muradov, alla guida della squadra di casa, poté fare affidamento sul settetto “russo”, in cui spiccava l’attaccante del Torpedo Mosca Arsen Avakov. I lupi bianchi, invece, nella partita di andata non ebbero a disposizione il trio delle meraviglie che trascinò la squadra alla vittoria degli Asian Games pochi anni prima, e in campo scesero solo giocatori militanti nel campionato locale. Nonostante a guardia della porta era presente quello che viene considerato come uno dei migliori portieri uzbeki di sempre, Pavel Bugalo, il risultato fu netto quanto inaspettato.
Il capitano dei leoni persiani apre le marcature al 3’ trasformando un calcio di rigore, mentre nel secondo tempo l’attaccante del FC Anzhi (in terza serie russa all’epoca) Ashurmamadov realizza una lampante doppietta (65’ e 67’). Ma non è ancora tutto, perché a chiudere la partita ci pensa la stella Avakov a tre minuti dal termine. Poi l’arbitro fischia la fine: 4 a 0, stadio in festa e gli uzbeki se ne tornano a casa con la coda fra le gambe.
Dopo un mese e mezzo, allo stadio MHSK di Tashkent (demolito nel 2009 per dar vita al nuovo Milliy Stadium) si presentarono ben 15mila tifosi a supporto della nazionale uzbeka. I padroni di casa sarebbero potuti passare solo vincendo con cinque o più gol di scarto. Un’impresa titanica. Per la partita di ritorno il tecnico uzbeko Bakhodir Ibragimov sconvolse la rosa, cambiando ben sette giocatori rispetto agli undici iniziali di Dushanbe. Inoltre, questa volta la squadra poté fare affidamento sul talento di Kasimov e Shkvirin, le stelle del miracolo del ’94 assenti nella partita d’andata. Ma anche il Tagikistan presentò delle novità rispetto a maggio, e schierò in campo il centrocampista Rashid Rakhimov dell’Austria Vienna, e il “tuttocampista“ Vitaly Levchenko (attuale allenatore dei campioni tagiki del FC Istklol) all’epoca al CSKA Kiev.
La gara aveva tutte le carte in regola per essere più combattuta che mai. Dopo soli otto minuti però gli uzbeki erano già avanti di due gol, grazie al rigore trasformato al 4’ da Kasimov e alla rete di Sergey Andreyev all’8’. Muradov prova allora a fermare la furia avversaria effettuando tutti e tre i cambi nella prima mezz’ora di gioco, ma al 33’ è ancora Kasimov ad insaccare dal dischetto. Infine, al 72′ ci pensa Shkyirin a completare la rimonta. Si va dunque ai tempi supplementari, in cui vale la regola del golden gol. Neanche due minuti e Rakhimov, tra i giocatori simbolo del Tagikistan, viene espulso, e appena tre minuti dopo il neoentrato uzbeko Zafarjon Musabaev conclude in rete ponendo fine alle ostilità. Risultato finale: 5-0 per i lupi bianchi. L’Uzbekistan è la prima nazione centroasiatica a qualificarsi per la Coppa d’Asia.
In Coppa d’Asia l’Uzbekistan capitò in un gruppo di ferro, insieme a Giappone, Cina e Siria, e concluse il torneo all’ultimo posto, togliendosi almeno la soddisfazione di aver avuto la meglio sul Team Dragon. Il successo agli Asian Games rimane quindi l’unico trionfo in ambito continentale per la selezione maggiore uzbeka, che negli anni a seguire arrivò vicina a ripetere quel traguardo solo nel 2011, quando in Asian Cup perse malamente in semifinale contro i Socceroos.
Per quanto riguarda il Tagikistan, invece, la sconfitta di Tashkent segnò la fine di una generazione, essendo stata quella l’ultima partita in nazionale per diversi giocatori, tra cui il capitano Khakim Fuzailov (che si ritirò nel 1997 dopo l’ultima stagione all’Arsenal Tula, in cui conquistò il campionato di terza serie) e il centrocampista Rashid Rakhimov (che proseguì la sua carriera in Austria tra Austria Vienna, Admira e Ried). Dopo ben 24 anni da quel preliminare di Coppa, i leoni persiani non sono ancora riusciti a qualificarsi al più importante torneo continentale, e l’unico successo ottenuto è stata la vittoria dell’edizione inaugurale della AFC Challenge Cup 2006, torneo dedicato alle nazioni asiatiche emergenti, soppresso nel 2014.
Immagini: Futbolgrad, AFC, Championat Asia.
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