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·13 aprile 2025
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·13 aprile 2025
È uno stadio che non ha nulla da invidiare a quelli europei, con un’atmosfera quasi da follia sudamericana.
Se Riyadh è il centro governativo e finanziario dell’Arabia Saudita, da quanto ho visto nel mio breve soggiorno, Jeddah è la capitale del calcio.
Mi sono recato sulla costa occidentale della penisola per assistere alla sfida tra Al-Ahli e i leader della Saudi Pro League, Al-Ittihad, nota localmente come il Derby del Mare.
Con entrambe le squadre fondate due o tre decenni prima dei loro rivali della capitale, questa è la partita più antica e prestigiosa del Regno, e i tifosi la prendono molto sul serio.
“Penso che questo sia il derby più importante in Arabia Saudita”, mi dice Fawad, tifoso dell’Al-Ahli, nel fan park gremito prima della partita. “Siamo le due squadre migliori con i tifosi migliori. Quando vedrai lo stadio capirai che è uno dei derby più grandi del mondo.”
Un'affermazione audace, ma con cui Salem, tifoso dell'Al-Ittihad vestito di giallo e nero, è pienamente d'accordo. “Questa è una partita speciale”, afferma. “Per me, la più speciale di tutta l’Arabia Saudita. È una partita che non si dimentica.”
Avvicinandomi all’ingresso stampa, parlo con un altro tifoso dell’Ahli, Ali Hamed, che indossa una maglia con scritto "Toney 99".
Gli chiedo cosa ne pensa dell’inglese e del suo impressionante record di gol in Arabia. “Ha segnato una tripletta contro l’Al-Hilal, ma penso che possa fare di più. Vorrei che giocasse con più cuore."
Prima che possa chiedere altro, il suo amico Rayan interviene con la sua opinione sull’ex attaccante del Brentford. “Segna. È semplice. Toney fa il suo lavoro per la nostra squadra. Io lo adoro.”
Lascio i due amici a discutere e entro nel magnifico King Abdullah Sports City Stadium.
Con il suo esterno a griglia intrecciata che si staglia contro il tramonto, è una megastruttura del deserto degna di Dune di Frank Herbert.
All’interno, tre anelli di gradinate ospitano quasi 65.000 persone. Anche con quattro ore di anticipo si sente che l’ambiente sarà assordante.
Pur essendo stato inaugurato solo dieci anni fa, lo stadio ha un’atmosfera vissuta che a Riyadh mancava. C’è un qualcosa di indescrivibile, che solo la storia può offrire. In breve: lo stadio ha un’anima.
Il calcio d'inizio si avvicina e, minuto dopo minuto, l’aria umida e soffocante aumenta la tensione e il rumore.
Di fronte a me, su tutti e tre i livelli, ci sono gli ultras dell’Ahli. Tamburi ritmici accompagnano i loro cori, mentre quattro uomini in prima fila dirigono i movimenti della folla come una vera orchestra filarmonica.
Alla mia destra ci sono i tifosi dell’Ittihad. Anche se meno numerosi – essendo in trasferta – creano comunque un ronzio assordante.
Con l’ingresso in campo delle squadre, il livello di decibel diventa incredibile, tanto da non permettermi di sentire il mio collega accanto.
I tifosi mostrano i loro tifo per l’occasione. L’Ittihad srotola uno striscione lungo tutta la curva, raffigurante un conquistador spagnolo in giallo e nero.
Dall’altro lato, ogni tifoso dell’Ahli alza un foglio colorato formando l’immagine di un drago con la scritta “Caution” (Attenzione) lungo tutta la parte inferiore della curva.
Il giornalista locale Waled mi fa notare che le lettere “C”, “a” e “t” sono in giallo: una frecciatina all’Ittihad, soprannominato “i Tigri”.
La partita comincia e il rumore non si attenua. Il clima rimane infuocato mentre l’arbitro russo, Sergey Ivanov, fatica a gestire alcuni episodi scorretti da entrambe le parti.
Tanti falli, simulazioni, spinte... e due richiami al VAR per rigori in due minuti, poco prima dell’intervallo. Nonostante venga chiamato al monitor, l’arbitro non assegna nessuno dei due rigori, suscitando forti fischi.
Si va al riposo sullo 0-0. Mentre scendo verso la sala stampa, vengo fermato da Amar, tifoso dell’Ahli sulla trentina. “Ti piace la partita?” mi chiede. “La partita è buona. I tifosi sono meglio,” rispondo.
Sorride e mi chiede da dove vengo. “Inghilterra,” dico. “Pensi che abbiamo tifosi migliori della Premier League?” domanda, con un sorriso malizioso. “Forse sì,” rispondo, mentre l’ascensore arriva e vado a prendermi un caffè, con le orecchie ancora squillanti come dopo un concerto dei Metallica.
Dopo la pausa e con le orecchie più tranquille, torno al mio posto per un secondo tempo ancora più folle.
Roger Ibañez porta in vantaggio l’Ahli con un colpo di testa poderoso poco prima dell’ora di gioco, ma a 20 minuti dalla fine, il vivace Moussa Diaby pareggia con un grande gol da posizione defilata.
Con l’umidità che cresce, il centrocampo si apre e nemmeno un instancabile N’Golo Kanté riesce a coprire tutto il campo.
Con i corpi stanchi arrivano anche le menti stanche. Un controllo sbagliato di Kanté in area serve involontariamente Toney, che gira e segna quello che sembra il gol della vittoria.
Il pubblico di casa esplode, lancia i fogli del tifo in campo e copre il terreno di gioco in stile Argentina 1978.
La partita viene sospesa per otto minuti e l’arbitro assegna ben 13 minuti di recupero, provocando l’ira dei tifosi locali.
Tanto basta all’Ittihad per tentare il tutto per tutto e, al 95’, Karim Benzema sbuca sul secondo palo e segna il pareggio allo scadere.
Con i punti divisi e lo stadio afono, riesco a strappare una battuta a Toney nel tunnel. “Loro sono stati fortunati,” mi dice seccamente, diretto verso il pullman.
Mentre la notte avanza e il caldo non molla, mi torna in mente qualcosa che mi avevano detto Ali Hamed e Rayan: “Non saremo mai la Premier League, ma perché non più grandi di Francia o Germania?” aveva detto Fawad.
“Abbiamo Cristiano, Benzema, abbiamo già i migliori giocatori,” proclamava Rayan.
Forse sto sudando troppo per ragionare lucidamente, ma mentre lascio lo stadio e saluto Jeddah, faccio sempre più fatica a non essere d’accordo.
📸 Yasser Bakhsh - 2025 Getty Images