PianetaChampions
·29 novembre 2022
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Subentrato poco dopo l’inizio della ripresa a Ferran Torres, Alvaro Morata ha subito ripagato per l’ennesima volta la (mai venuta meno) fiducia come sempre attribuitagli da parte di Luis Enrique, con una giocata che, per movimento che l’ha preceduta e tecnica nell’esecuzione, andrebbe fatta vedere nelle scuole calcio e che esprimono la perfetta sintesi di cosa rappresenti l’attaccante dell’Atletico Madrid per la Roja, oltre della bravura dello stesso nell’attacco dello spazio.
Già, lo spazio. Ciò che gli stessi spagnoli hanno, e continuano ancora molte volte, a considerare come il potenziale “sostituto” del centravanti vecchio stampo e che sulla figura del falso nueve hanno costruito anche molti trionfi post-David Villa e Fernando Torres. Tuttavia, la sensazione, confermata nell’1-1 maturato ieri sera contro la Germania, è che al momento l’elevata mole di gioco prodotta dalle Furie Rosse non possa prescindere da un terminale offensivo, per quanto moderno esso possa essere, che risponde al perfetto identikit di Alvaro Morata. Non è un caso, per l’appunto, che a timbrare il cartellino per la selezione iberica sia quasi sempre l’ex Juventus e che la rete del momentaneo vantaggio contro i tedeschi sia maturata dopo l’ingresso di Alvarito dopo quasi un’ora di predominio territoriale sugli avversari.
Spesso ingiustamente vessato e oggetto di feroci critiche nonostante il tangibile impegno profuso per la causa, l’attaccante spagnolo non ha nascosto negli ultimi giorni di aver attraversato fasi molto complicate negli ultimi anni, con esplicito riferimento al suo rendimento in Nazionale e all’importanza di Luis Enrique:
“Lui mi ha aiutato molto. È difficile da spiegare. Si è fidato di me nel momento più difficile, non solo della mia carriera, perché ho avuto altri momenti difficili, ma anche della mia vita personale. Sentivo di avere un intero Paese contro di me, era una situazione molto difficile e lui si è messo lì e mi ha difeso contro tutti. Cerco solo di restituirgli la fiducia e tutto ciò che ha fatto per me”.
“Durante Euro 2020, sono andato alla conferenza stampa senza voler parlare. Stavo aspettando e ho sentito il CT dire: “Domani giocheranno Morata e altri dieci”. In quel momento ho capito che non dovevo pensare solo al campo, che dovevo dare tutto”.
Parole, che sintetizzano a dovere l’elevatissima importanza del calciatore per i suoi e la profonda stima del CT nei confronti del ragazzo. Elementi che, oltre a fungere da naturale carburante sul piano motivazionale e agonistico, non possono che averlo aiutato anche a maturare nella propria crescita personale, in quella di delicato supporto dei più giovani e nella comprensione dell’importanza del “noi“, prima ancora che dell’io, nonostante ciò risulti – per forza di cose – molto più complicato da metabolizzare per chi nella vita fa l’attaccante, anche per uno da sempre dedito al sacrificio come lo spagnolo.
A ciò, ovviamente, si aggiungono, poi, i goal, variabile dalla quale dipende quasi sempre il giudizio di un attaccante. Il contributo dell’ex Chelsea, sotto questo punto di vista, non è quasi mai mancato ma, al contempo, sembra non essere risultato sufficiente per zittire gli scettici in patria, e non: metterne a referto degli altri in un contesto unico decisamente più pesante come quello del Mondiale sembrerebbe essere l’occasione perfetta per riuscire nell’intento, oltre che per trascinare la sua Spagna sempre più lontano nella rassegna qatariota. Questa la missione di Alvaro, sempre più uomo di prioritaria importanza per la Roja.
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