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·18 novembre 2024

Traffico di droga, ai domiciliari la “contabile” della curva Sud. Lucci: «Pronto alla guerra»

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C’è anche Roberta Grassi, presunta contabile della curva Sud del Milan, tra le persone arrestate oggi nell’inchiesta della Dda di Milano e della Gdf di Pavia su un maxi traffico di droga, che ha portato ad una nuova ordinanza in carcere per spaccio per Luca Lucci, il capo ultrà milanista.

Da quanto si evince dall’ordinanza del gip Luigi Iannelli, nell’inchiesta del pm Gianluca Prisco, a Grassi è stata applicata un’ordinanza di arresti domiciliari per favoreggiamento personale nei confronti di Lucci. Grassi nell’inchiesta sulle curve non era stata arrestata, ma soltanto perquisita.


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Tra gli arrestati finiti in carcere, invece, figura Luca Calajò, nipote del presunto ras della droga del quartiere milanese Barona, Nazzareno Calajò, già condannato ad oltre 17 anni a Milano per traffico di droga. Ordinanza di custodia in carcere anche per Rosario Calabria e Antonio Rosario Trimboli, due nomi già emersi per la vicinanza a Lucci anche nell’inchiesta sulle curve.

Nelle carte, infatti, veniva segnalato che il capo ultrà Lucci sarebbe «vicino» a Rosario Calabria, a sua volta legato a Domenico Papalia, «figlio di Antonio», detenuto all’ergastolo e «appartenente all’omonima famiglia di ‘ndrangheta orbitante nell’area Milanese». In un recente processo a Milano Luca Calajò, nipote di Nazzareno, è stato condannato a 16 anni e 2 mesi. Dalla nuova ordinanza, eseguita oggi, risulta che a Luca Lucci vengono contestati undici episodi di presunto spaccio.

Mentre Rosario Calabria e Antonio Trimboli erano già finiti ai domiciliari nel dicembre del 2021 in un’altra inchiesta milanese per droga in cui era stato arrestato sempre Lucci. Anche la nuova inchiesta si basa, da quanto si legge, sui messaggi recuperati da «criptofonini Sky ecc» forniti da una società canadese. Agli atti pure intercettazioni in cui alcuni indagati «aprono buste di denaro e discutono della quantità di contanti da spartirsi». E dicono: «80mila ti sei acchiappato, che c…. vuoi di più?».

In una delle imputazioni si legge che Lucci avrebbe venduto un carico di hashish «all’acquirente Costantino Grifa», tra gli arrestati, amico di Luca Calajò e con cui il capo ultrà avrebbe avuto frequenti contatti. Vendita che sarebbe avvenuta in un appartamento a Trezzano sul Naviglio, nel Milanese. Grifa, si legge negli atti, «in occasione dei rifornimenti di hashish, in particolare quelli provenienti da Luca Lucci, aveva sempre assecondato le richieste dell’amico Calajò, praticando prezzi di favore».

Sempre agli atti anche le conversazioni di Davide Volpe, 35 anni, chiamato “fox-mazda” nei messaggi criptati e che avrebbe usato auto dotate di doppiofondo per trasportare la droga. Volpe era già stato arrestato e condannato in un’inchiesta milanese col ruolo di presunto “corriere” di Davide Flachi, il figlio dello storico boss della ‘ndrangheta del quartiere milanese della Comasina, Pepè Flachi.

Non solo. Nel luglio del 2020, come emerge da una delle chat rintracciate nell’inchiesta della Dda milanese e della Gdf di Pavia su un maxi traffico di droga, Rosario Calabria e Luca Lucci progettavano «di organizzare una batteria» armata per «prendere il controllo del mercato di Milano» e per imporre il «monopolio nella vendita dello stupefacente». Lo si legge nell’ordinanza di custodia cautelare.

«Fra a me lo dici che nel cervello ho solo guerra», scriveva Lucci a Calabria. E quest’ultimo rispondeva: «4 ferri arrugginiti ci sono … cominciamo a fare danni (…) cominciamo a sparare». E Lucci: «Io rido ma ho la rabbia dentro … tutti pagheranno (…) do per scontato che mi arresteranno (…) finché sono fuori faccio casino di brutto». E Calabria: «Io ci sono … sposto la famiglia iniziamo la guerra».

Da una chat del settembre del 2020, poi, sempre tra Calabria e Lucci, è venuto fuori anche che Antonio Rosario Trimboli, arrestato, sarebbe stato «in grado di ottenere informazioni di prima mano da appartenenti alle forze dell’ordine». Lo stesso Trimboli, parlando con Antonio Gullì (arrestato) nel marzo 2021, avrebbe fatto riferimento anche ad «un agente della Dia che “passava informazioni” e che veniva pagato per questo».

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