🎥 Tonali: "Un anno dallo psicologo, non avevo stimoli. Juve e Milan..." | OneFootball

🎥 Tonali: "Un anno dallo psicologo, non avevo stimoli. Juve e Milan..." | OneFootball

In partnership with

Yahoo sports
Icon: OneFootball

OneFootball

·31 marzo 2025

🎥 Tonali: "Un anno dallo psicologo, non avevo stimoli. Juve e Milan..."

Immagine dell'articolo:🎥 Tonali: "Un anno dallo psicologo, non avevo stimoli. Juve e Milan..."

Sandro Tonali, centrocampista del Newcastle e della Nazionale italiana, ha rilasciato un’intervista a Cronache di Spogliatoio.

Una chiacchierata bellissima, in cui il centrocampista ex Milan ha toccato tantissimi temi, dalla squalifica al futuro, passando per qualche retroscena relativo al mercato.


OneFootball Video


Fabbrica

Nel periodo della squalifica ho fatto un incontro in una fabbrica di tubi e coperture per il petrolio negli oceani.

Lì è ormai comune che tanti giochino pesantemente, quindi ho conosciuto questo italiano che è il presidente di quella fabbrica, dove l’80% dei suoi dipendenti, che credo siano più di 1000, ha questo tipo di problema. Appena mi sono qualificato su questa cosa ho pensato ‘posso fare qualcosa’. Mi guardavano e pensavano ‘lui ha smesso’.

Mi ha raccontato questo ragazzo che loro guadagnavano 1000/1600/1700 sterline, e ne spendevano 1200 il giorno dopo, parliamo di gente con famiglia. Lui faceva richieste di aumenti e anticipi per il gioco d’azzardo, non per la famiglia.

La gente veniva lì e mi chiedeva il metodo per smettere. Altri mi raccontavano che dopo aver visto la notizia si sono spaventati e hanno smesso, hanno avuto quell’ansia. Tanti, anche adesso, mi scrivono su Instagram che hanno bisogno di una mano. Io cerco di aiutare qualcuno, ma non riesco con tutti perché è impossibile.


Incontro a scuola

In una scuola a Bari ho conosciuto un ragazzino di 15 anni, ho capito che conosceva il gioco d’azzardo, perché parlava con dei termini che conosci solo se giochi. Però sosteneva di non aver mai giocato.

Eravamo senza filtri, dopo la lezione, venivano a farsi la foto e sentivo tra ragazzini dei termini che sai solo se giochi. Gli ho fatto delle domande e lui mi ha risposto spaventato, non volevo attaccarlo ma si vedeva che pensava ‘mi ha beccato’.

Non voglio dire che oggi fanno tutti i furbi, però se un quindicenne gioca, se nessuno della sua famiglia lo sa non è normale. Non so come stia perché non l’ho mai più contattato, però lo riconosci se una persona gioca o non gioca d’azzardo.

Ho fatto svariati incontri con i ragazzi, i primi 25/30 minuti erano su questo argomenti, mentre poi ci si spostava sul calcio perché per i bambini non è semplice trattenersi, e alla dodicesima domanda iniziavano a chiedermi, per esempio, ‘chi è il giocatore più forte che hai sfidato?’. Quindi allungavamo un po’ gli incontri e parlavamo anche di altro.

Nelle scuole incontravo bambini, quando invece incontravo ragazzi di 17/18 anni trovavi gente che sapeva qualcosa, molti a quell’età giocano già. Ormai ovunque ci sono pubblicità di giochi d’azzardo, se hai una carta di credito è molto facile farsi prendere.


La terapia

«Ho lavorato per un anno con lo psicologo, lo incontravo 4 volte a settimana. Quando ho iniziato non è stato semplice: non potevo prendere farmaci a causa dell’antidoping. È difficile far capire l’errore a uno che non ha le basi dell’errore perché ha già tutto.

Nei primi 2 mesi mi allenavo ma senza vedere l’obiettivo finale: non avevo stimoli. Quando non devi metterti in gioco con nessuno, quando non devi allenarti meglio del compagno perché altrimenti non giochi, non hai stimoli. Mi sono trovato in un momento, fra il secondo-terzo mese, in cui non avevo stimoli. La mattina andavo al campo e mi chiedevo il perché. Con lo psicologo ho lavorato per due settimane sul ritrovare questi stimoli, perché a volte non volevo neppure andare.

Sono stato fortunato a essere in Inghilterra. Ho vissuto 7 mesi senza il telefono, senza il tablet. La tv la guardavo solo per le partite e i film. Non guardavo i telegiornali, non mi arrivavano notizie. Anche perché immagino che in quel periodo non siano state… ‘Sandro Tonali ha sbagliato’.

Non guardare social e tv mi ha alleggerito completamente. Non ho idea di cosa sia successo in quei mesi lì e non mi interessa, è questo il bello. Io so che ho sbagliato, so che ho pagato e lavorato per essere un uomo migliore, ma non mi interessava andare ad aggiornare i social cercando il mio nome.

Vivere senza il telefono è stato un po’ problematico, soprattutto nel contattare la mia famiglia. Ogni volta dovevano contattare la mia ragazza e lei doveva essere accanto a me. Poi andavo in giro, al campo in macchina senza telefono e non mi pesava. Avevo gli orari degli allenamenti sul telefono della mia ragazza. Dopo un po’ di mesi, quando ho capito che utilizzarlo da solo non era più un pericolo, l’ho ripreso».


La squalifica

«So che ho sbagliato, so che ho pagato, so che ho lavorato per essere un uomo migliore. Ma all’inizio, nei primi 5-6 mesi, quando non avevo ancora capito il mio errore, la mia testa mi diceva: ‘Sandro, non hai sbagliato’. Era quello il pericolo.

Se non fai il mio stesso tipo di percorso, se non perdi niente, è difficile che tu capisca l’errore. Se domani perdessi il lavoro e la famiglia, comprenderesti immediatamente di aver sbagliato qualcosa. Ti scatterebbe dentro automaticamente un esame di coscienza.

Nella mia situazione è stato un po’ diverso: lo stipendio non me lo ha tolto nessuno, il mio lavoro lo avevano solo bloccato. Come fai a dire: ‘Sì, per un anno vado 4 volte a settimana dallo psicologo anche se non è obbligatorio anziché restare a casa’?.

Al mio rientro ho fatto le prime 3-4 partite di voglia, energia, adrenalina. Ho toccato un picco enorme, poi già dai match successivi ho accusato lo sprint. A un certo punto si aspettavano sempre quel tipo di prestazione e quando sono calato, in Inghilterra si sono chiesti: ‘Oh, cosa è successo?’. In realtà è una cosa normale.

Abbiamo trovato un percorso, ci siamo gestiti. Tra agosto e novembre ho giocato 2-3 partite da titolare, ma ho avuto comunque tanto minutaggio perché entravo per 45’ o mezz’ora. Mai soltanto per un minuto, perché non mi sarebbe servito a nulla».


Maignan e la difesa del pallone

Ce l’ho sempre avuta, me l’ha fatta notare Maignan al Milan. In un periodo dove le cose non stavano andando bene, fece una riunione dove elencò le caratteristiche di ogni giocatore.

Mi ricordo proprio che di me disse: “Sandro quando mette il culo davanti alla palla non gliela prende nessuno’’. è stato molto diretto, ma mi ha fatto capire cosa pensasse di me. Da lì me la sono portata avanti.

Poi credo che in Inghilterra tanti giocatori fisici hanno queste caratteristiche, è molto comune. Quel momento non fa testo, c’erano molti spazi e loro giocavano con 7 attaccanti.


Champions

Siamo lì, ci sono 10 squadre in 8 punti e con il Nottingham che è un po’ la sorpresa, ma gioca molto bene, non è fortuna. Noi li abbiamo battuti 3 volte ma con molte difficoltà.

Se continuiamo così possiamo tornarci, abbiamo una partita in meno, con quei 3 punti saremmo in zona Champions. Poi credo che al 99% abbiamo 5 squadre in UCL, che ci avvantaggia, dovesse andare malissimo siamo comunque ai preliminari di Conference grazie alla vittoria della Carabao, quindi non avremmo più il giovedì libero il prossimo anno.

Negli ultimi 3 mesi mi stanno scrivendo tanti giocatori dopo le partite per farmi i complimenti, anche dopo la Germania. Anche Rudiger… è un po’ particolare da affrontare, si trasforma, diciamo che è un po’ spigoloso, ma fuori dal campo è una brava persona. Non avrei mai nessun problema con una persona che lucida sa ragionare.


Mondiale con l'Italia

Se dovessi riscrivere la letterina oggi ci scriverei che vorrei vincere il Mondiale.

Quando l’ho scritta da bambino era il 2006, avevo appena visto l’Italia vincere il Mondiale, ogni calciatore nasce con la direzione della Nazionale, quella della Champions viene successivamente.


Sveglia

«È un mio problema, che ci sarà sempre. Una volta con il Milan, credo contro il Bologna, avevo fatto un ritardo di 40 minuti perché dormivo. Avevo saltato sia la colazione che la riunione, lì ho parlato con il mister, che già era in dubbio se farmi giocare, e mi ha lasciato fuori».


Bonucci in stanza

«Eravamo in camera io e Andrea Cistana, giocavamo entrambi al Brescia, era la sua prima convocazione in Nazionale, mentre per me era la terza mi pare.

Avevamo la stanza di fianco a Bonucci, che era molto severo con i giovani. Avevamo la sveglia presto il giorno dopo, era circa mezzanotte e stavamo parlando, giocando alla play, facevamo un po’ di casino. Intorno a mezzanotte e mezza è entrato Bonucci in stanza e ‘ci ha tirato le orecchie’. Da lì ho detto ‘Cazzo, ho sbagliato’».


Sicurezza in campo e Brescia

«Da quando ho iniziato con gli Allievi a 15 anni giocavo con quelli di 16, mentre quando ne avevo 16 giocavo con quelli di 18. Alla fine della stagione con gli Allievi, a 16 anni, sono passato in prima squadra.

Ero un po’ piccolo, anche fisicamente. Sembravo un bambino. Sono andato al Brescia in una realtà comunque bella e grande in Serie B, ma tutta questa pressione che ha oggi uno della stessa età io non l’avevo.

Nel mio ruolo c’era Pinzi, che mi trattava come un figlio. Era a fine carriera, per lui non c’era più la rivalità sportiva di giocare nello stesso ruolo. Lui aveva intorno ai 37 anni, si era ritrovato a giocare con uno di 16, non si era messo neanche in gioco, ma mi ha accompagnato. Mi ha aiutato molto questa cosa perché alla mia prima possibilità di giocare avevo un compagno che sperava facessi bene e non il contrario.

Se non alle giovanili, non ho mai avuto un compagno che fosse un ostacolo per me. Io ho trovato Pinzi che è stato un grandissimo calciatore e mi ha aiutato tantissimo».


Vicino alla Juventus

«Eravamo in Sardegna io, Cistana e Torregrossa, il gruppo Brescia insomma. A un ristorante abbiamo incontrato De Ligt. Era l’anno in cui avevamo giocato contro in Serie A, l’anno del Covid. Lui mi ha parlato benissimo della Juventus, da giocatore mi ha consigliato di farci un pensiero.

Erano i giorni in cui stavo trattando con il Milan. Ci eravamo fermati a parlare dopo una partita. Capita che per una manciata di secondi ti ritrovi a chiacchierare con un avversario anche se non lo conosci, più per una questione di rispetto. alcuni poi li memorizzi e quando li vedi, pensi: ‘Questo l’ho già visto’. Era l’estate in cui ero finito sui giornali, perché era difficile un mio ritorno in B con il Brescia. C’erano in ballo Milan, Inter e Juve per tutta l’estate. E quindi chiunque mi diceva: ‘Vieni all’Inter, vieni al Milan, vieni alla Juve’».


Il Milan

«Non volevo lasciare il Milan. E quella cosa lì mi pesava molto. Mi hanno chiamato e mi hanno detto: “Ok, però bisogna rinunciare a qualcosa, dobbiamo parlare”.

Se dobbiamo parlare molto sinceramente, quando il Milan mi ha comprato, arrivavo dall'ultimo anno di Brescia dove avevo un contratto da 200.000€.

Ho fatto un'estate dove non sapevo mai con chi avrei firmato, fino agli ultimi cinque giorni veramente non sapevo in che squadra sarei andato. E alla fine mi sono ritrovato al Milan, che è il club per cui ho sempre tifato da bambino, con un contratto da circa due milioni e mezzo di euro. Ho detto: “Ok, ce l'ho fatta, sono arrivato, basta. Cosa devo fare? Più di così, cosa c’è?”.

Poi per me, che non venivo da una città, non venivo da una famiglia ricca, mi dicevo: “Ok, basta, ora mi diverto, non penso più a niente”. E quindi ero un ragazzino di vent'anni che era a Milano con la fidanzata, che guadagnava un sacco di soldi, giocava nella sua squadra del cuore, non avevo più obiettivi nella mia vita. E ho avuto difficoltà perché questi ragionamenti e pensieri che facevo fuori dal campo poi si rispecchiavano in campo.

Ma la gente non pretendeva le stesse cose che a Brescia. Ho iniziato in modo normale nelle prime partite, niente di che. Poi ho avuto il periodo in mezzo, che è stato quello di maggiore difficoltà per le tante partite, a cui non ero abituato. Noi giocavamo una volta a settimana a Brescia, e mi sono ritrovato a fare i preliminari di Europa League, Europa League, Coppa Italia, Serie A. Ero stravolto, quindi l'ho subita molto.

Delle volte, in quella stagione, preferivo non giocare, quindi questo ti fa capire in che momento ero. Se oggi non gioco una partita, la mia ragazza lo sa, è un delirio!

A fine stagione ci siamo qualificati in Champions e ho detto: “Basta, adesso devo giocare”, perché avevo fatto 37 partite, ma mai nessuna che ti faceva dire “Caz*o, che partita che ha fatto Tonali!”. Dal secondo anno è cambiato un po' tutto. Sono andato in vacanza, ho fatto una vacanza un po' particolare perché non sapevamo ancora se il Milan mi avrebbe riscattato o meno. Sono rimasto a Brescia, sul lago, trascorrendo ogni giorno a guardare il telefono per 20 giorni, c’era quell'aria pesante.

Non volevo lasciare il Milan. E quella cosa lì mi pesava molto. Ci hanno chiamato e ci hanno detto: “Ok, però bisogna rinunciare a qualcosa, bisogna parlare”. Credo che il momento di difficoltà me lo sono tolto nelle prime due partite della seconda stagione, che erano un po' un dentro o fuori. Della serie: “o sei cambiato oppure ti releghiamo a quello che eri prima”.

Hanno parlato anche con Cellino, che è stato dalla nostra parte. Anche lui ha detto ‘preferisco che tu sia felice’, rinunciando a un po’ di guadagno. Cellino da quando mi ha conosciuto a Brescia a 16 anni è sempre stata una bravissima persona per me, perché ha fatto tanto sia per la squadra che per i calciatori.

Questo momento di difficoltà me lo sono tolto dopo il gol con il Cagliari alla seconda di campionato. A parte il gol, quella partita e quella precedente con la Sampdoria erano un po’ come ‘o sei cambiato o ti releghiamo a quello che eri prima’. Quindi quelle due partite lì ho dato un segnale al Milan, e a me stesso, che ero un altro giocatore.

Riguardando le partite mi sono reso conto anche io da esterno che c’era qualcosa di diverso. Lì mi ha aiutato perché ho detto: ‘’Non ho problemi a giocare al Milan, non ho difficoltà a giocare a San Siro con lo stadio pieno’. Da lì ogni partita aggiungevo quel mattoncino in più che mi aiutasse a semplificare tutte le cose.

Ero molto felice, perché non avevo grosse difficoltà. Avevo l’impressione di giocare e riuscire a vincere, impegnandomi ma senza quell’ostacolo mentale che mi aveva bloccato. Quell’anno lì ci sono state delle volte che preferivo non giocare, questo ti fa capire in che momento ero.

Se oggi non gioco una partita è un delirio. Ci devono essere delle motivazioni, e le motivazioni vanno spiegate, se no mi dà fastidio. Preferisco una persona che venga lì e ti spieghi il motivo ma senza spiegazioni mentalmente non lo accetti, ma credo che come me anche il 95% delle persone.


Pioli

Ho sempre detto che oltre a essere bravo in campo sia stato molto abile a creare il gruppo, perché lo ha costruito lui.

Quando tu trovi dei giocatori che non giocano mai ma che amano venire al campo, che esultano dalla panchina per un gol del 2-0 in una partita che non entreranno mai, sono tutte cose difficili da vedere.

L’Inter di adesso è bella da vedere perché ci sono giocatori, come Davide Frattesi, che non gioca molto, ma quando lo fa ‘fa i buchi’, perché lascia il fuoco dietro. Il nostro gruppo era così. Non c’è mai stato un problema, e i pochi problemi il mister li ha risolti immediatamente.

Non ci siamo mai portati dietro nessun tipo di problema, muso… Il mister era molto bravo a gestire e far divertire tutti. Il Rebic di turno era felice, e anche se non giocava tanto, per esempio, quando ha giocato con la Juventus ha segnato, era felice, spensierato. Non gli interessava giocare.

Era un bel gruppo, poi si vinceva spesso e questo aiuta. Anche nei momenti di difficoltà, come lo siamo stati nella sconfitta per 5-2 contro il Sassuolo, lì il mister è stato bravo perché dopo due sconfitte - 4-0 con la Lazio e 5-2 contro il Sassuolo in casa - si pensava si fosse creato qualcosa che non si potesse più sistemare. Invece lui, non so come, è stato bravo a coccolare tutti i giocatori senza far rompere il gruppo.

Ci sentiamo ancora molto spesso. Prima delle partite veniva sempre da me, Kessié e Bennacer. Lui giocava molto con noi perché l’anno dello Scudetto avevamo due centrocampisti a uomo tutto campo: sapeva che aveva molto bisogno di noi, perché facevamo sia la fase offensiva che difensiva. C’era Frank che te lo ritrovavi da una porta all’altra.

Il mister ci chiedeva molto, ma allo stesso tempo veniva lì, ti chiedevi se avessi problemi, se a casa fosse tutto apposto, era molto padre con noi.

Quando ho segnato il gol decisivo contro la Lazio esultando si è strappato, non mi ricordo bene la scena, credo si sia scontrato con Giroud. Un po’ sarà stato per la foga del momento… un po’ anche l’età.

Dal replay, in quel gol, avrei provato a spingerla subito dentro, ma non mi sono accorto di avere l’uomo attaccato, anche quando ho spinto Acerbi non mi sono reso conto di ci fosse un altro difensore, quindi quello stop è stato istinto, se me ne fossi accorto avrei tirato subito.

Il gol che ho segnato con il Southampton è molto simile a quello che ho segnato contro il Verona su assist di Rebić. Ai tempi del Milan lavoravamo molto con Luciano Vulcano e il figlio del mister sul fatto che quando giochi a uomo, se parte il centrocampista, con la punta che si allarga, è imprendibile. Lo provavamo spesso ma non veniva quasi mai. Ci è capitato per la prima volta con il Verona e lo abbiamo festeggiato come se fosse il gol più bello del mondo. Senza provarlo in allenamento mi è riuscito anche contro il Southampton, quando avevo recuperato palla a centrocampo e ho visto che non c’erano difensori centrali ho pensato: ‘cazzo, l’ho provato due anni e adesso capita così’.


Sinner

Io seguo il tennis e lui è milanista, quindi quando hai queste passioni dopo un po’ ti metti in contatto. Tramite il team manager del Milan ho scoperto che voleva venire a Milanello e conoscere il Milan perché non c’era mai stato e la prima volta che l’ho incontrato ci siamo simbolicamente scambiati maglia e maglietta.

Da lì l’ho conosciuto realmente, è la persona più semplice del mondo, quello che vedi in televisione è lui. È uno sportivo e un campione, non c’è altro modo di descriverlo.

All’inizio era più fan lui di me, perché non era ancora come adesso, ma già a distanza di 6 mesi era il contrario.


Seguire gli amici

All’inizio guardavo tantissimi miei ex compagni di squadra, poi è diventato un po’ impegnativo.

All’inizio per esempio guardavo Torregrossa al Pisa, ma mi interessava solo di lui non delle squadre in campo. Come guardavo Alfredo Donnarumma quando giocava al Catanzaro, guardavo il Brescia, guardavo il Palermo quando allenava Corini, adesso mi sono stabilizzato solo su Brescia e Milan, anche per la mia ragazza, però recupero con gli highlights.


Calciatori di adesso in Serie A

Mi piace molto Oristanio del Venezia, anche se non è troppo simile a me. Manu Koné della Roma mi piace molto.

Anche Baldanzi è cambiato rispetto all'anno scorso, non so se si può rispecchiare al mio primo anno al Milan, perché anche lui veniva da una realtà diversa come Empoli. Sta facendo bene, nell’uno uno contro uno salta sempre l’uomo e ha iniziato a fare gol e assist.


Amici

I compagni della Nazionale sono sempre quelli che senti e vedi di più, tra settembre, ottobre e novembre passi un mese insieme a loro.

Sento tanti giocatori dell’Inter, perché in Nazionale sono dalla mia parte del tavolo, e da un anno abbiamo questo rapporto. Come capotavola ci sono da una parte Gigio, che spesso è da solo, mentre dall’altra io e Barella e intorno tanti ragazzi dell’Inter.

Dopo l’Euroderby non ci sono stati problemi, ci si prendeva per il culo, ma non c’era mai un segno di rivalità e cattiveria in campo. Non è facile frequentare un calciatore che gioca nell’altra squadra della tua città, adesso con i social è veramente impossibile.


Inghilterra

In Inghilterra al fischio finale, fino a quella successiva ‘basta’. Si sono evoluti ma non come in Italia: le persone non sono così ossessionate, se ti incontrano ti danno la mano, tranne i più piccoli. Non ti mettono la pressione, ti lasciano vivere. Noi andiamo allo stadio un'ora e mezza prima con la nostra macchina e mangiamo a casa, in Italia se giochi alle 20:45 vai la sera prima o la mattina presto.

Un’altra differenza rispetto all’Italia è che abbiamo tanti giorni liberi, perché per esempio il giovedì è sempre day off, e questo ti fa spezzare la settimana e ti aiuta tantissimo. Adesso si gioca troppo, noi possiamo perché non abbiamo le coppe, ma se no sarebbe impossibile.


📸 OLI SCARFF - AFP or licensors