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Mario De Zanet·19 gennaio 2021

Taekwondo, fama e disperazione: Ibra al Milan è la storia dell'anno

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Paolo Condò, ieri sera, l’ha chiamata la storia dell’anno. Ibrahimovic e il Milan. E difficilmente si può dire diversamente, perché nessuno nel 2020 ha saputo capovolgere il proprio destino con tanta vigoria, andando contro quello che sembrava inevitabile.

Ibrahimovic-Milan nasce dalla disperazione, e dalla disperazione i rossoneri imparano e ripetono, oggi scegliendo Mandzukic.


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Ma, al di là della strategia, Ibrahimovic al Milan è una storia da raccontare, perché ripulisce la fama di mercenario costruita attorno allo svedese negli anni scorsi e gli affida un amore da proteggere.

Un amore d’un uomo che si è divertito in giro, ma ora torna lì dove ha messo radici.

Ibrahimovic al Milan è una storia da raccontare dal lato sportivo, di un uomo che vince la gravità e, anche qui, giustifica la sua fama. La ricontestualizza: avere quella faccia arrogante è l’unica via di produrre un atleta tale alla soglia dei 40 anni.

Insegna a capire, ancora una volta, la persona Ibrahimovic, che ieri sera, quando gli viene chiesto se credesse nello Scudetto, dice di credere in Zlatan.

E, poi, infine c’è la componente strettamente tecnica, anche se si dovrebbe parlare di magia. Di ieri, rimane specialmente quello schiaffo al pallone dato con un colpo prestato dal taekwondo.

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Un impressionante gesto atletico, ma soprattutto l’omaggio al calcio di una mente superiore.