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·24 settembre 2020

Sliding Doors: Loris Karius

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Alto, biondo e occhi azzurri. Non è l’inizio di una favola Disney né l’identikit del principe azzurro che salva la principessa. È solo la storia di un ragazzo tedesco che ha coronato il suo sogno ma non ha saputo sfruttarlo. Trasformandolo anzi in incubo. C’era una volta infatti un bambino che correva sulle moto, come voleva suo papà, che ribellandosi iniziò a fare il calciatore, cosa che gli riusciva meglio. Seguì un climax ascendente di soddisfazione e di crescita personale. Tutto poteva promettere davvero una carriera ai massimi livelli. Successe però che quel bambino, ormai cresciuto, si ritrovò in lacrime, da solo, sotto 61561 paia di occhi in un’arena famosa e invidiabile da tutti i bambini come una volta era lui. Da lì in poi, Loris Karius si è marchiato sulla pelle onta e sensi di colpa difficili da mandar via.

La triste scissione della carriera di Loris Karius ha segnato infatti per la sua ascesa una lenta retromarcia. Si tratta del giorno in cui la sua squadra si è giocata la finale di Champions League con l’espertissimo Real Madrid. Karius, il difensore numero uno, aveva il compito di respingere le insidie dei campioni madrileni. La partita finì 3-1 per gli spagnoli, ma dei tre gol subiti dai Reds, due furono completa responsabilità proprio del tedesco. Due gaffe sotto gli occhi del mondo e del massimo calcio europeo. Una brutta serata e un’impronta nera sulla carriera: lo Sliding Doors di Loris Karius.


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Dalla moto alla Bundes

La sua origine ricorda un po’ le storie dei grandi poeti bramosi di studiare materie umanistiche mentre i padri imponevano al contrario gli studi giuridici. Nei primi passi di Karius però non abbiamo né sonetti né leggi, ma da una parte il pallone, amore quasi segreto che muoveva da dentro il biondino tedesco, e dall’altra la moto da cross, passione del padre che desiderava tanto trasmettere al figlio. È stata dura far accettare a papà il gioco del calcio, ma per fortuna a sostenere Karius c’era il nonno. Il primo vero fan del futuro portiere.

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Il paesino dove nasce Loris Karius, il 22 giugno del 1993, si trova a un’altitudine di circa 530 metri nella regione di Baden-Württemberg, nel sud della Germania. Si chiama Biberach an der Riß e di famoso ha qualche periodico mercatino, alcuni musei e una statua dedicata alla stupidità umana. Strano pensare che esista un monumento che celebra la stupidità dell’essere umano, ma là esiste davvero. Al centro della piazza della cittadina natale di Karius si trova una struttura composta da corpi umani ammassati a formare un asino. Simbolo dell’ignoranza anche becera, a là Paese dei Balocchi. La statua è tratta da un romanzo di satira politica, La Storia degli Abderiti, che racconta lo stupido processo messo in atto nella città greca di Abdera contro l’ombra di un asino. L’iscrizione della statua recita infatti: “il processo per l’ombra dell’asino”.

Poco lontano da lì, nella città di Ulma, a mezz’ora di macchina, c’è il primo campo in cui Karius ha mosso i primi passi da calciatore e da portiere. La grande velocità con cui migliorava giorno dopo giorno fece convincere suo padre che il calcio era veramente lo sport più adatto per lui. E infatti presto Karius ebbe l’occasione di vestire la maglia dello Stoccarda, che lo fece conoscere di più agli occhi del calcio europeo e inglese. Nel 2009, quando Loris aveva 16 anni infatti, dopo quattro anni di vivaio nella squadra tedesca, venne arruolato nelle giovanili del Manchester City. Dopo due anni però tornò in Germania, questa volta nel Magonza, dove finalmente debuttò in Bundesliga il 1° dicembre 2012. Subentrò al 52′ al posto di un attaccante per sostituire in porta Christian Wetklo, precedentemente espulso. In quel momento aveva 19 anni, 5 mesi e 9 giorni: era il portiere più giovane ad aver mai debuttato in Bundesliga.

Nel progetto Liverpool

Anche Jürgen Klopp ha esordito sulle panchine della Bundesliga con il Magonza. Allora era il 2001 e ancora l’allenatore tedesco non era preparato come lo è stato poi nel Borussia o ancora dopo nel Liverpool. Ai Reds Klopp è giunto nel 2015 e dire che ha portato importanti modifiche alla squadra e al suo gioco vuol dire essere estremamente riduttivi. Quando è stato ingaggiato infatti il club si trovava al 10° posto in classifica e l’ex allenatore era stato appena esonerato. Ma già il secondo anno il tecnico tedesco finì con la quarta posizione e un posto nei preliminari di Champions League, già indizio del progetto completo e perfetto che avrebbe cambiato la squadra forse per sempre. Oggi infatti il Liverpool è una delle squadri più forti al mondo, con il trofeo della Premier alzato nell’anno del Covid a trenta anni di distanza dall’ultimo campionato, ma soprattutto con importanti prestazioni – e la vittoria nel 2019 – in Champions League.

Per capire quindi il clima in cui si è inserito Karius, è necessario aver ben chiaro il contesto in cui è maturata la sua ascesa nel progetto Liverpool. Loris arriva infatti nei Reds nel maggio 2016: 4,7 sterline pagate al Magonza e l’intenzione di farlo diventare titolare nella squadra appena smossa dall’arrivo di Klopp. Le sue non convincenti prestazioni però, lo fanno presto retrocedere dietro Simon Mignolet. Tuttavia, nella prima stagione riesce a collezionare 10 presenze in Premier League, di cui può vantare tre clean sheet, ma un totale di 12 reti subite. La stagione successiva, invece, il 13 settembre 2017, il grande esordio in Champions League contro il Siviglia, finito 2-2 e valido per la prima giornata dei gironi.

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La Champions da allora diventerà la sua competizione. Mentre infatti in Premier League Karius e Mignolet si spartiscono a metà le presenze stagionali, l’Europa è tutta di Loris Karius. Qui è anche dove la squadra si ri-presenta agli occhi delle big storiche e gioca un buonissimo torneo. Con 12 punti riesce ad essere la prima del Girone E e vincendo con ben 5-0 e 1-5 rispettivamente con Porto e Manchester City tra andata e ritorno di ottavi e quarti, arriva in semifinale contro la Roma. I giallorossi, sorpresa numero uno della Champions 2017-18, reduci dalla storica remuntada contro il Barcellona, si sono giocati tutto per tutto in semifinale. Il 5-2 dell’andata per i Reds viene quasi ribaltato al ritorno, ma in totale finisce 6-7 per gli inglesi e adesso solo un passo, la finale, li divide dal trofeo più importante. Ma il Liverpool dovrà sfidare a Kiev il Real Madrid, vincitrice delle due ultime stagioni.

Sliding Doors

La cronaca della partita è da manuale della storia del calcio. Succede praticamente di tutto: prodezze, ovvero la rovesciata di Bale; brutti falli e infortuni, quello di Sergio Ramos su Momo Salah; equilibrio e bel gioco.

Da una parte ci sono i veterani della competizione, Ronaldo, Benzema, Marcelo, Ramos; dall’altra il Liverpool rinnovato di Klopp, asceso quel tanto che è stato sufficiente per arrivare il finale di Champions League. Alle spalle molti gol e partite vinte con la squadra intera, con note di colore per le individualità, il tridente Salah, Firmino e Mané, e la difesa giovane.

Fra tutto però, quello che più rimane come iconico di quella sera, è la prestazione, indubbiamente scarsa, di Loris Karius. Il portiere tedesco infatti ruba gli schermi con due gesti che popolarmente, semplicemente e sinteticamente si chiamano papere. Due errori inevitabili, che hanno pesato tanto, troppo, sul risultato finale. Due gaffe che hanno fatto scivolare la coppa direttamente tra le mani degli spagnoli. E così il 26 maggio 2018 sarà ricordato come la data della disfatta del portiere tedesco.

Il primo tempo finisce a reti inviolate, ma non sono mancati episodi più che interessanti. Al secondo minuto infatti Salah è già infortunato alla spalla. Poco dopo anche un terzino del Real è out. Benzema si vede invece annullato una rete in fuorigioco. Numeri alla mano: per possesso palla è sopra il Real, ma il Liverpool ha avuto più occasioni gol. In poche parole, non c’è molto disequilibrio tra le due rose e le due prestazioni. Tutto è ancora in ballo.

Minuto 51. Primo errore di Loris Karius. Il portiere tedesco deve rinviare palla. Non si accorge che Benzema è davanti a lui di qualche metro. La palla rilanciata dal portiere incontra il piede allungato dell’attaccante madrileno, con la sfera che rotola in porta. 1-0 per il Real Madrid. Gli occhi sono spalancati e le mani vanno direttamente nei capelli. Un errore madornale, soprattutto se accaduto sotto i riflettori mondiali, nella finale di Champions League, in una partita alla pari.

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Dopo quattro minuti, però, si ristabilisce l’ordine. Mané trova il gol nella porta avversaria e porta le due squadre in pareggio. Sei minuti più tardi Zinedine Zidane gioca la carta Bale, e lo fa subentrare a Benzema. L’attaccante gallese è in forma e presto zittisce lo stadio. Al 64′ sforbicia una rovesciata in area di rigore che finisce direttamente in porta. Imprendibile, Karius nulla può. Il Liverpool reagisce bene e poco dopo Mané prende palo. Anche se i minuti passano la speranza è ancora viva e l’adrenalina fa ancora scattare le gambe.

Minuto 83. Secondo errore di Loris Karius. Gareth Bale calcia in porta da fuori area. Il tiro è piuttosto centrale e non potentissimo. Il portiere però decide di volerla bloccare con le mani. Ma la palla scivola goffamente dai guantoni e finisce alle spalle del tedesco, che si accascia triste a terra mentre gli spagnoli festeggiano la vittoria ormai blindata.

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Di quella sera due immagini sono entrate negli annuari del calcio. La prima quella che celebra l’ennesima vittoria dei Blancos, al terzo anno consecutivo e al tredicesimo titolo siglato UCL, a conferma della supremazia assoluta che il club ha saputo imporre nel corso degli anni. La seconda, quella di un uomo solo sul prato verde, attorniato da migliaia di spettatori, con le luci e le telecamere puntate addosso. Loris Karius a fine partita, infatti, è rimasto per un po’ seduto in mezzo al campo. Piccolo in confronto allo stadio di Kiev e a una competizione per cui forse ancora non era pronto. Diventato emblema di una squadra preparata per la finale ma con qualche toppa, dalla quale quella sera era entrata fin troppa acqua.

Il retroscena

Difficile stilare collegamenti conseguenziali. Difficile dire che il responso di alcuni esami clinici effettuati dopo la partita abbiano giustificato la brutta prestazione del numero 1 del Liverpool. Allo staff inglese infatti sembrava troppo strano che il loro portiere avesse commesso tali e pesanti errori e lo hanno invitato a sottoporsi a una risonanza magnetica a Boston, dove era volato in vacanza. Motivo? Prima del gol di Banzema e Bale, Loris Karius aveva ricevuto una gomitata da Sergio Ramos. Sviluppando un calcio d’angolo infatti, Van Dijk era entrato in contatto con il difensore spagnolo, che cadendo aveva colpito la tempia del portiere tedesco. Il risultato: commozione cerebrale con una disfunzione spaziale visiva, che potrebbe aver influenzato la prestazione del giocatore. Il condizionale però, è d’obbligo. Non si poteva infatti stabilire se l’infortunio avesse direttamente influito sulla performance di Karius, anche se, più tardi, lui stesso è tornato sull’episodio ammettendo di aver comunque subito un significativo contraccolpo a livello emotivo dopo la botta di Ramos.

Lo spagnolo, non certo famoso per il suo fair play, non si sarebbe mai scusato nei confronti dell’avversario.

Via da lì

Da copione per ogni brutto episodio, la parte peggiore è il day after. Come ripulire infatti l’immagine e la carriera? In che modo far pace con i sensi di colpa? Come chiedere scusa all’intera squadra? Il giorno dopo la sera di Kiev, Karius commenta sul suo profilo Instagram con un lungo post di scuse, parole spremute fuori che vorrebbero essere abbastanza.

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Chiedo infinitamente scusa ai miei compagni, ai tifosi e a tutto lo staff. Sono consapevole di aver rovinato tutto con i miei due errori. Vorrei soltanto riavvolgere il nastro e tornare indietro nel tempo ma so che non è possibile. […] Grazie ai nostri incredibili tifosi che sono venuti a Kiev e mi hanno sostenuto, anche dopo la partita.

Nella sua intimità, però, sapeva che il suo futuro sarebbe stato lontano da Anfield. La sua prestazione aveva pesato troppo sul risultato, e anche se allenatore e compagni si sono assunti comunque delle responsabilità, la brutta figura era ormai un timbro indelebile. Il mercato, inoltre, non era dalla sua parte: Alisson Becker era infatti in procinto di lasciare la Roma facendo rotta proprio verso Liverpool. Per lui non c’era più posto e non c’erano nemmeno le condizioni per restare in Inghilterra.

Dalla Premier al baratro

Il 28 agosto 2018 il Liverpool dà in prestito Loris Karius al Besiktas, dove debutta come titolare già il 2 settembre. Un biennale per schiarirsi le idee e stare lontano dall’ultima partita con la maglia dei Reds finita nel peggiore dei modi. Oppure un’occasione per riscattarsi e far capire a sé stesso e agli altri che quella partita era stata soltanto un brutto episodio di un periodo ormai lasciato alle spalle. In Turchia però, le sue prestazioni non sono migliorate. Oltre a qualche papera di troppo infatti, anche il rapporto con il club non sembrava fosse tutto rose e fiori.

La separazione dalla fidanzata, infatti, avrebbe influito sulla sua condotta, diventata un po’ troppo libertina, tanto da infastidire la società. A questo si sono aggiunte alcune complicanze economiche riguardanti il mancato pagamento di stipendi arretrati. Le 46 presenze sono così terminate con un saluto non troppo commovente: Karius non ha impattato con i tifosi e non è entrato nei piaceri dell’allenatore.

È un peccato che finisca così, ma sapete che ho provato di tutto per risolvere questa situazione senza creare problemi. Sono stato molto paziente per mesi nonostante le critiche. Le stesse cose erano successe già l’anno scorso. Sfortunatamente il club ha anche rifiutato il mio suggerimento di venirgli incontro accettando una riduzione di stipendio.

Karius ha infatti ottenuto la possibilità di rescindere il contratto con il Besiktas due mesi in anticipo, il 4 maggio 2020. Adesso è tornato al Liverpool, ma il suo ruolo potrà solo essere di terzo portiere, dietro al magistrale Alisson e ad Adrian. Oppure Klopp e la società saranno obbligati a venderlo altrove. In un luogo in cui provare a riscrivere una favola, stavolta con un lieto fine.

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