Calcionews24
·10 ottobre 2021
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Diego Simeone ha parlato in una lunga intervista a El Pais. Ecco alcuni passaggi.
TRE FIGLI – «Ognuno ha la sua personalità. Sono tutti e tre fantastici ragazzi. Molto gentili. Chi ha lavorato con loro, la prima cosa di cui mi parlano è loro come persona e questo mi riempie di orgoglio. Cerco di dire loro di non fare ciò che non vorrebbero fosse fatto a loro e di vivere la vita in modo trasparente. Lascia che siano loro. In realtà, noi allenatori non siamo genitori di calciatori, ma siamo piloti. Le parole non valgono. Valgono poco. Il vento le porta via. Restano i gesti, gli sguardi, le forme e, soprattutto, gli atti. Non c’è modo migliore per mostrare affetto o rabbia».
ATLETICO MADRID – «Conto da quando sono arrivato all’Atlético da giocatore. Sono venuto da Siviglia dopo aver avuto dei bei momenti. E qui, dal nulla, la gente ha cominciato ad amarmi senza che io gli avessi dato nulla. La mia prima stagione è stata irregolare, come quella della squadra o del club, nata da un momento di difficoltà. Siamo stati salvati dalla retrocessione lì a Siviglia. Dalla seconda stagione abbiamo formato un grande gruppo e abbiamo raggiunto i risultati. Poi ha giocato nell’Inter, nella Lazio e ogni volta che tornavo in Spagna, ascoltava la gente che diceva ‘ecco il Cholo, l’Atlético’. La gente mi associava all’Atleti».
QUANDO UN GIOCATORE SI ARRABBIA PER UN CAMBIO – «Questo perché viviamo in uno spazio che copiamo continuamente. Copiamo ciò che fa l’altro. Se vedo in televisione che uno si arrabbia, perché io non dovrei arrabbiarmi? Dico sempre ai giocatori che non mi mancano di rispetto. Mancano al compagno che entra. Quando i giornalisti me lo chiedono, dico loro di chiedere al giocatore. La stessa cosa è uscito arrabbiato perché stava giocando male… Ci sono diversi modi per lasciare il campo arrabbiato. Uno, “Volevo fare di più, mi ha tirato fuori prima del tempo”, e l’altro, “È un bastardo perché mi ha fatto fuori».
MOMENTI DIFFICILI – «Uno dei momenti difficili è stata la finale di Champions League a Milano. La seconda finale. Uno in 93 e l’altro abbiamo raggiunto il posto più vicino che si può raggiungere per vincere, i rigori. In dieci minuti devi presentarti a un gruppo di giornalisti che aspettano di sentire l’odore del sangue e devi parlare. È arrivato con un duro colpo e la prima cosa che mi è venuta in mente è che dovevo pensare. Perché dovevo pensare di poter trasmettere ai calciatori tutto quello che avevo trasmesso loro fino a quel momento. È stato frainteso».
LIGA SENZA MESSI E RONALDO – «Con l’addio di Messi e Cristiano abbiamo perso tutti, ma erano tanti anni in cui loro hanno dato il massimo nel nostro campionato. Non essendoci, la Lega dovrà crescere e riprendere. Penso che il ritmo nel calcio spagnolo sia calato».
FUTURO – «Pensiamo ora. E il modo migliore per continuare è continuare a dare il meglio, è così. Ogni mattina sono felice di indossare i vestiti dell’allenatore dell’Atlético e mi piace. Perdere fa parte del calcio.»
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