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Diego D'Avanzo·6 febbraio 2024
Serie 🅰️ a 18 squadre, le big si uniscono: conviene? I pro e i contro ✍️

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Diego D'Avanzo·6 febbraio 2024
Secondo Repubblica, oltre a Milan e Inter da ieri anche la Juventus sarebbe d’accordo nel ridurre a 18 il numero di squadre nel campionato di Serie A.
L’assemblea di Lega che si è svolta ieri (in cui Casini ha detto parole forti) ha uniformato le 3 big del calcio italiano sull’idea di una Serie A con 18 squadre. Una riforma di questo tipo però sembra difficile, visto che la maggioranza dei club più “piccoli” pare contraria.
Tra una settimana Gabriele Gravina dovrà proporre ai club una riforma del calcio italiano che però “non passa necessariamente da una Serie A con 18 squadre”, per usare le sue parole. Lo stesso presidente Federale che è stato un promotore dell’idea, ha quindi capito la difficoltà di ottenere il consenso necessario sulla questione: per modificare il numero di squadre, infatti, servono 14 voti favorevoli su 20.
Questi sono i principali vantaggi oggettivi di avere un campionato a 18 squadre.
Avere una Serie A con due squadre in meno sicuramente renderebbe il calendario più snello, vantaggio che verrebbe sfruttatto soprattutto dalle squadre impegnate in Europa.
Anche le squadre più piccole avrebbero però un vantaggio: con meno retrocessioni (probabilmente inserite nel progetto originario di riforma) le possibilità di restare in Serie A diventerebbero più alte, e ciò permetterebbe a tutti i club di fascia medio-bassa di programmare gli investimenti con più sicurezza.
Un altro punto a favore – momentaneo – potrebbe essere quello dei diritti TV: gli accordi per la messa in onda domestica sono già blindati fino al 2029 e la Serie A può cambiare il suo format senza incorrere in penali. Quindi un minor numero di squadre si spartirebbe la cifra già stabilità dai broadcaster.
Una decisione di questo tipo avrebbe però degli svantaggi.
Come detto, gli accordi televisivi sono chiusi fino al 2029 ma alla scadenza di questo contratto la somma offerta dai diritti TV potrebbe calare. Questo problema potrebbe essere risolto con una valorizzazione del campionato negli anni a venire, sperando si compensi la mancanza numerica di partite.
Ovviamente con meno incontri in programma le squadre incasserebbero di meno dal botteghino: eventualità negativa che potrebbe essere appianata con l’aumento del prezzo dei biglietti, oppure con una valorizzazione del concetto di matchday in Italia (ma questa, è un’altra questione).
Gli sponsor si legano a determinate squadre per la brand awareness ma, al contempo, l’esposizione del marchio passa anche da quante volte e in quale misura appare sugli schermi. Quindi un minor numero di partite, ossia l’occasione di maggiore esposizione per i brand, potrebbe far diminuire le loro offerte alle squadre assenti dalle coppe europee.
Allo stesso tempo anche i broadcaster si troverebbero con meno gare da trasmettere, e quindi potrebbero alzare i prezzi degli abbonamneti per compensare il mancato guadagno.
Diminuire il numero di incontri contestualmente all’aumento di match europei potrebbe anche essere letto come un segnale implicito di sudditanza: “Le partite del campionato contano di meno rispetto a quelle europee” sarebbe il sottotesto, e un messaggio di questo tipo non può essere ignorato.