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·23 dicembre 2019

Scatole e nevicate di reti: benvenuti al boxing day

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Se vi sarà capitato di guardare la serie tv “Downton Abbey”, intuirete meglio di cosa si parla. Servitù e aristocrazia, l’Inghilterra ancora figlia dell’epoca vittoriana che divide le due classi in ogni casa nobile che si rispetti. I primi al piano di sotto, i secondi a scorrazzare ingioiellati nelle loro enormi residenze tra un tè, un ricevimento o una puntata alle corse dei cavalli. Il boxing day, applicato al calcio, è nato in quei palazzi: dopo un anno trascorso a servire le famiglie non certo con meno dignità di chi impartiva ordini, anche la servitù si prendeva il giusto premio a un ligio lavoro. E così, eccole le “boxes”, le scatole, donate dai padroni ai servitori, piene di regali e denaro. E niente lavoro, il 26 dicembre: giornata libera, un modo per ringraziare e omaggiare il duro sgobbare di chi mandava avanti la baracca nel silenzio, nella riverenza, spesso nella remissione. Ne volete sapere di più? Leggete “Ai piani bassi”, libro scritto da Margaret Powell, serva di una ricca famiglia inglese lei stessa.

Ecco il significato di un giorno che noi oggi viviamo tra cibo e partite: per una volta, non è il calcio a diffondere qualcosa, ma è esso stesso a prendere e fare sua una tradizione che col calcio non aveva in realtà inizialmente nulla a che fare. Ammantata di magia questa giornata, pietosamente debellata in Italia già dopo un anno di sperimentazione, perché a scimmiottare le cose altrui si finisce sempre per fare più danni. Pare che tutto sia più solenne: a chi scrive piace citare l’immagine di un grande festone natalizio ogni anno appeso al Cottage, sì, quello nello stadio del barone Craven di Fulham, impianto tenero a tutti gli appassionati. Perché gli addobbi si fanno come si deve.


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In tempi in cui ci si stupisce di due partite giocate entro ventiquattro ore, una volta il boxing day replicava una partita giocata il giorno prima, a campi invertiti. Accadeva almeno sino agli anni Cinquanta: così il Liverpool, che aveva giocato il 25 dicembre del ’35 con l’Arsenal perdendo 2-1, si prese la rivincita il giorno dopo. Nel Natale del 1950 poi il Blackpool sconfisse sempre il Liverpool in casa 3-0, mentre il giorno dopo ad Anfield vinsero i reds 1-0. Bizzarro, eh? Ma mai quanto quello che accadde in un altro Santo Stefano da ricordare e che di seguito vi andiamo a raccontare.

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Annata 1963-64. Novanta reti per il Liverpool campione, due in più del Manchester United secondo. Il Tottenham nell’arco del torneo ne fece addirittura 97. Calcio d’altri tempi, pochissimi sponsor, maglie coi colori tradizionali, campi infangati. Stadi confortevoli? Macché. Erano più o meno sempre quelli da quando erano stati concepiti sessanta o settanta anni prima o anche più. Era la vecchia “First Division”, il massimo campionato inglese nato nel 1888 che molti nostalgici del british football adorano quasi quanto si adora oggi la Premier League.

Il calcio inglese non è d’altronde iniziato nel 1992 come si tende a trasmettere quando si snocciolano statistiche e record relativi solo all’ultimo trentennio, bensì ha il suo più grosso libro da leggere nei decenni precedenti al cambiamento del format dei campionati quando il massimo torneo divenne una lega a parte come la conosciamo oggi. Il 26 dicembre 1963, a metà di quel campionato che vide le squadre segnare così tante reti, venne stabilito un record strabiliante a proposito di marcature: i risultati di quel giorno videro un autentico bombardamento di gol su tutti i campi con sole due squadre che quel giorno non riuscirono a segnare, ossia il Bolton e l’Everton.

Ben 66 gol in dieci partite, con risultati più unici che rari. Proprio i toffees in quel torneo sono campioni in carica, avendo vinto la stagione precedente davanti al Tottenham e con addirittura un +17 sui cugini del Liverpool. Guidati da Herry Catterick, che aveva già giocato per il club dal 1946 al 1951, nel campionato successivo lottano ancora per le posizione di vertice questa volta con l’altra squadra della città protagonista, guidata dal grande Bill Shankly.

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Nel giorno di Santo Stefano l’Everton cade 2-0 in casa del Leicester, ma è il punteggio più tenero della giornata. Il Liverpool travolge per 6-1 ad Anfield lo Stoke City con Roger Hunt che segna addirittura quattro reti, mentre il Manchester United invece subisce incredibilmente con lo stesso punteggio una pesantissima sconfitta a Burnley con un’altra quaterna, firmata da Andy Lochead. Mentre il Chelsea regola con un 5-1 fuori casa il Blackpool (a segno per i blues anche Terry Venables, futuro CT della nazionale), il record del giorno spetta al Fulham che al Craven Cottage travolge per 10-1 il povero Ipswich Town, e anche qui quattro delle dieci reti le segna Graham Leggart, centravanti scozzese dei cottagers.

Niente male nemmeno i pareggi. Due 3-3, quelli tra Wolverhampton e Aston Villa e tra Nottingham Forest e Sheffield United, e il 4-4 tra West Bromwich e Tottenham. Detto del magro bottino tra Leicester ed Everton con sole due reti, dopo i dieci gol del Fulham è al Blackburn che spetta la seconda miglior performance: al caro vecchio Upton Park, i Rover travolgono 8-2 il West Ham. L’irlandese McEvoy e il nativo di Blackburn Pickering segnano una tripletta ciascuno. Anche al di fuori di quella giornata continuarono comunque a non mancare risultati eclatanti quella stagione: l’Ipswich che arrivò ultimo perse 9-1 a casa dello Stoke, 6-3 in casa del Tottenham e ne prese altre 7 dal Manchester City. Ma quel boxing day, con 66 gol, segnò un altro capitolo miliare nella voluminosa storia di quel grande libro intitolato First Division. E chissà se anche Margaret Powell, laggiù ai piani bassi, ricevette anch’ella le sue “boxes”…

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