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·2 settembre 2025
Ravanelli: «Vialli mi regalò le scarpe e il posto da titolare, chiese a Trapattoni di farmi giocare. Il gol all’Ajax? Studiai i loro difensori»

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Un soprannome, “Penna Bianca“, che ha definito un’epoca, un gol in una finale di Champions League che è entrato nella leggenda e un legame, quello con Gianluca Vialli, che è andato ben oltre il campo. Fabrizio Ravanelli non è stato solo un attaccante, ma un simbolo di grinta, un lottatore che con la sua fame e la sua tenacia ha conquistato le platee di tutta Europa, da Perugia a Marsiglia, passando per le notti magiche con la maglia della Juventus. La sua chioma bianca, spuntata quando era ancora un ragazzino, è diventata il suo marchio di fabbrica, ma dietro l’immagine iconica c’è la storia di un ragazzo partito dalla provincia e arrivato sul tetto del mondo, un uomo che ha vissuto il calcio con l’intensità di chi sa cosa significa lottare per ogni pallone. Oggi, a 56 anni, l’ex bomber si racconta in un’ppassionata intervista a La Gazzetta dello Sport, un viaggio tra i ricordi, gli aneddoti e un retroscena inedito su quella notte di Roma che ha cambiato per sempre la sua carriera.
A 14 ANNI AVEVA GIÀ I CAPELLI BIANCHI – «Ero un ragazzo e cominciarono a spuntare all’altezza delle tempie. A 18-19 ero tutto bianco. Non credo sia una questione di malattia o disfunzione, ma di dna, di genetica. A mio padre era capitata la stessa cosa. E così Fabrizio Ravanelli, attaccante ragazzino, diventò Penna Bianca. Qualcuno, con ironia, chiamava Ravanelli il Metallizzato. Poi mi trasformai in “Silver Fox” (Volpe Argentata, ndr) negli anni inglesi e in “Plume Blanche” (Piuma Bianca, ndr) negli anni francesi».
L’INCONTRO CON VIALLI – «Il Perugia non era più quello di prima. Accadde che a dicembre la Nazionale giocò al Curi un’amichevole e, prima della partita, a noi ragazzi del Perugia venne permesso di entrare negli spogliatoi. Su uno dei lettini per i massaggi, trovai Gianluca Vialli, il mio idolo. Mi ispiravo a lui. Glielo dissi, e lui mi chiese: “Che numero di scarpe hai?”. Risposi che portavo il 43. “Anch’io!”, esclamò. Poi rovistò nella borsa, estrasse un paio di Asics e me le regalò. Le conservo gelosamente».
DA IDOLO A COMPAGNO DI SQUADRA – «Alla vigilia di una partita contro il Napoli, la sera Trap venne nella nostra stanza e chiese a Gianluca come si sentisse. Vialli gli disse che stava bene, ma che avrebbe preferito riposare in vista dell’impegno contro il Benfica in Coppa Uefa. Trapattoni rimase sorpreso. Vialli aggiunse: “Mister, faccia giocare Fabrizio, è in formissima, non se ne pentirà”. Alla riunione tecnica, Trap annunciò la formazione con me titolare al posto di Gianluca. Vincemmo per 4-3, segnai un gol e lì la mia carriera svoltò. Questo per sottolineare come Vialli fosse un leader. Non soffriva di alcuna gelosia».
IL GOL IMPOSSIBILE IN FINALE DI CHAMPIONS – «È un gol che nasce dallo studio via video. Avevo osservato l’Ajax, una squadra fortissima, e mi ero accorto che a volte i loro difensori eccedevano nei palleggi, quasi sbeffeggiavano gli avversari. Abusavano della loro qualità, facevano un po’ i saccenti e si prendevano dei rischi. Arrivò questa palla alta e mi infilai tra Frank de Boer e Van der Sar. Intuii che ci potesse essere un’incomprensione e ne approfittai. Rubai il tempo, andai verso il fondo e calciai con una torsione. Lo spazio era minimo, imbucai il pallone nel corridoio giusto».
LA CESSIONE A SORPRESA DOPO LA VITTORIA – «Era la strategia di mercato della Juve di quegli anni, diretta da Moggi, Giraudo e Bettega. Cedettero Gianluca e me, come Paulo Sousa, e poi avrebbero fatto lo stesso con Vieri, Boksic, persino Zidane. Quanto a me, non dico che mi sentii tradito, ma ci rimasi male, questo sì. Venni colto di sorpresa, non ebbi il tempo di riflettere e in poche ore mi ritrovai al Middlesbrough. Con il senno di poi, forse avrei dovuto oppormi, ma andò così. Sempre con il senno di poi, mi viene da pensare che le due successive finali di Champions, perse dalla Juve, magari le avremmo vinte, se Gianluca ed io fossimo rimasti».
UN GIOCATORE IN CUI OGGI SI RIVEDE? – «Pio Esposito dell’Inter: mi piace la sua combattività. Se impara a difendere, ad attaccare i difensori come facevamo Vialli ed io… Uno in cui mi sono immedesimato però c’è stato anni fa e parlo di Mario Mandzukic della Juve. Mi ritrovavo proprio nella sua voglia di lottare fino alla fine».