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·17 settembre 2024

Quanto silenzio nel club giallorosso. Così si rischia un Mou bis

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Repubblica (P. Torri) – Genova come Budapest. Nel sen­so del silenzio. Quello della socie­tà. Che continua ad alimentare so­lo il rumore dell’assenza. Così co­me a Budapest. Quando l’intera di­rigenza preferì non dire una paro­la (in questo senso Mou aveva ra­gione) dopo lo scempio perpetrato da un arbitro inglese scarso ai danni della Roma privandola di un’Europa League, di una finale di Supercoppa europea, di una qualificazione alla Champions e quindi di non meno di 50 milioni, così anche a Marassi dopo l’atro­ce beffa del pareggio subito nell’ultimo minuto di recupero dopo aver dovuto incassare un rigore solare non concesso e un fallo non fischiato a Pellegrini nell’azione che ha por­tato alla capocciata di De Winter, non c’è stato lo straccio di un diri­gente capace di metterci la faccia di fronte a taccuini, microfoni e telecamere.

De Rossi è stato lasciato solo, così come lo era sta­to lo Special One. Con la non pic­cola differenza che il portoghese alle spalle aveva 26 trofei, un’abi­tudine alla comunicazione da pre­mio Oscar, una carriera con gli ef­fetti speciali, mentre il Sedici è soltanto ai primi passi. Ma ci pare evidente che dalle parti del bunker di Trigoria dove non vola una mosca senza che la greca voglia, tutto questo interessi poco. E allora non sarebbe il caso, facendo capi­re che non farebbe ombra a nessu­no, di prendere un direttore gene­rale (Boniek? Boban? Falcao?) che ora non c’è così come un diretto­re tecnico e tanti altri ruoli lascia­ti scoperti dalla spending review messa in pratica dall’ad Lina Souloukou?

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