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Mario De Zanet·2 giugno 2020
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Mario De Zanet·2 giugno 2020
Oggi, 2 giugno, la Repubblica festeggia.
Il Referendum del 1946 ci diede il Paese che abbiamo oggi, con il voto di uomini e donne italiani a sfavore della monarchia.
16 anni più tardi, l’Italia scese in campo per giocare a calcio, ma si ritrovò a disputare un incontro di pugilato.
Il 2 giugno 1962 si disputò la Battaglia di Santiago. Una sfida stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa.
È l’esibizione di calcio più stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa, verosimilmente, nella storia di questo sport
No, non sono parole nostre, ma provengono dalla voce di David Coleman, celebre telecronista della BBC.
Come potete immaginare, è l’anno dei Mondiali e siamo in Cile, nonostante il tremendo terremoto di Valdivia del 1960, causa di migliaia di morti e danni irreparabili.
L’Italia è inserita nel girone dei padroni di casa: li affrontiamo alla seconda giornata e scivoliamo dentro un ambiente a dir poco ostile, acceso dalle penne taglienti di due giornalisti italiani, inviati a Santiago, che raccontano la realtà cilena nei giorni precedenti alla sfida.
…il Cile sul piano del sottosviluppo deve essere messo alla pari di tanti paesi dell’Asia e dell’Africa… Gli abitanti di quei continenti sono dei non progrediti, questi sono dei regrediti
Le loro parole incendiarono l’animo dei cileni, descritti come un paese afflitto da tutti i mali possibili. Antonio Ghirelli e Corrado Pizzinelli disegnarono un panorama disperato e innescarono una rivolta nel cuore del paese, espressa attraverso le risposte dei giornali locali.
Santiago è il simbolo triste di uno dei paesi sottosviluppati del mondo e afflitto da tutti i mali possibili: denutrizione, prostituzione, analfabetismo, alcolismo, miseria
Ultima hora chiese l’espulsione dei due giornalisti, El Clarin scrisse Guerra Mondiale… e ne nacque una battaglia: la Battaglia di Santiago.
Volarono pugni, fallacci e cartellini. Perché in questa storia, esiste anche un altro inglese, oltre a David Coleman.
Si tratta del direttore di gara, protagonista fondamentale per avvallare il comportamento bellico dei giocatori.
Sarà Ken Aston ad estrarre due cartellini rossi agli azzurri, sarà Ken Aston a chiudere ben due occhi ai tre (almeno) pugni volati sul rettangolo di gioco.
Il primo cazzotto però è stato dimenticato dalla storia.
Lo sferra l’oriundo Humberto Maschio, argentino naturalizzato italiano, caduto presto alle provocazioni di Leonel Sánchez.
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Le origini albicelesti rendono Maschio un bersaglio semplice e l’Angelo dalla faccia sporca cadde nel tranello, abbattendo il rivale con un destro in pieno volto.
Un destro, appunto, dimenticato dalla storia.
Quel pugno fu sferrato in una prima mischia creatasi in campo, ma passò inosservato.
La storia non ne racconta, parla soltanto di quel che avvenne poco dopo, quando Ferrini venne espulso, al settimo minuto, per un fallo di reazione. Ancora una ressa, ancora il caos.
E Maschio crolla a terra, steso da un pugno di Leonel Sánchez: il naso è rotto e Maschio vestirà soltanto il ruolo di vittima-eroe, costretto a giocare 90 minuti prima di passare in ospedale a curarsi. Ancora non c’erano le sostituzioni.
È violenza pura. E violenza chiama violenza. Sino al secondo pugno di Sánchez, sino al rosso di Mario David.
Siamo intorno al 40esimo.
Sánchez scende sulla sinistra e incontra l’arcigno David.
Il difensore entra duro su Sánchez. Scalcia il pallone, difeso con tenacia dal cileno, seduto dall’intervento di David. Un primo calcio alla sfera. E poi, ancora, un secondo: scomposto, violento. Sanchez si sfoga. E sgancia il secondo pugno, dritto alla spalla di David.
L’arbitro è lì, ma non vede. David sente, ma non dimentica.
La vendetta è servita pochi minuti più tardi: il contrasto tra i due stavolta è aereo, ma David sale con la gamba destra. Prende la palla, ma anche la testa di Sánchez.
È rosso, diretto. Perché ancora non esistevano i cartellini gialli: lì avrebbe inventati lo stesso Aston qualche anno più tardi, ispirandosi a un semaforo.
Fu davvero il far west, fu davvero la sfida più violenta.
E a nulla servirono i mazzi di garofani bianchi che gli Azzurri lanciarono agli spettatori prima del fischio d’inizio.
Il destino era scritto, come il finale di quel match, conquistato dal Cile nella ripresa, quando la doppia inferiorità numerica e un Maschio a mezzo servizio condannarono l’Italia.
Vinse il Cile 2-0.
Fu il Cile a vincere l’esibizione di calcio più stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa, verosimilmente, nella storia di questo sport.