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·10 settembre 2020

Prestiti, diritti, obblighi e altre diavolerie del calciomercato

Immagine dell'articolo:Prestiti, diritti, obblighi e altre diavolerie del calciomercato

Il calciomercato si è aperto ufficialmente da poche ore, ma da parecchi giorni impazzano le indiscrezioni e gli annunci di “colpi di mercato”; iniziano nuovamente a circolare le classiche locuzioni riferite alle diverse forme tecniche di trasferimento: “accordo totale”, “prestito con obbligo”, “prestito con diritto”, “prestito secco” e via dicendo; vediamo di dare uno sguardo a queste formule.

Parliamo prima di tutto del “prestito secco”, cioè senza impegni all’acquisto al termine del prestito; in questo caso, il giocatore rimane di proprietà del Club che lo dà in prestito, che continua a registrare a conto economico l’ammortamento del calciatore (che, lo ricordiamo, è “spalmato” sui conti economici in base alla durata del contratto: se un calciatore è acquistato a 30 milioni ed ha un contratto quinquennale, l’ammortamento annuo è di 6 milioni).


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Quindi, in caso di prestito (più precisamente si dovrebbe parlare di “cessione temporanea dei diritti di sfruttamento delle prestazioni sportive del calciatore”), la Società che concede il prestito continuerà ad ammortizzare il giocatore e normalmente è previsto in suo favore un compenso (un canone, di fatto), che di norma tende proprio ad essere pari al costo dell’ammortamento; questi ricavi sono contabilizzati fra i Ricavi di Players Trading. Nel caso di Higuain ad esempio, i due prestiti fatti al Milan e al Chelsea due stagioni fa ebbero un ricavo che coprì integralmente i 18 milioni dell’ammortamento, azzerandone così l’impatto a bilancio.

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L’ingaggio del giocatore in prestito è di norma a carico della Società che lo utilizza, anche se ci possono essere casi (come ad esempio quello di Sanchez all’Inter) in cui il Club che concede il prestito possa compartecipare al pagamento dell’ingaggio tenendolo, almeno in parte, a proprio carico.

Accanto al prestito secco, ci possono essere due possibilità, note nelle cronache come “prestito con diritto” o “prestito con obbligo”: qui si fa riferimento al fatto che la società che prende a prestito l’atleta abbia il diritto, o, detto meglio, la facoltà di comprare il calciatore ad una certa cifra; tale facoltà diventa obbligo nell’altro caso, quello del prestito, appunto, “con obbligo di riscatto”; in questo secondo caso, di fatto, il calciatore è già preso, anche se verrà messo a bilancio solo quando il Club sarà chiamato ad esercitare (obbligatoriamente) l’opzione per l’acquisto.

Queste clausole, come detto, sono molto gettonate, perché consentono di rinviare a data successiva il momento in cui il calciatore entra nell’attivo di bilancio e si inizia ad ammortizzarlo, anche perché, molto spesso, nei contratti il “diritto” può diventare “obbligo” a certe condizioni il cui verificarsi non è noto al momento della stipula del prestito e che normalmente hanno a che vedere col rendimento del giocatore.

Nel caso di Weston McKennie siamo di fronte esattamente a questa fattispecie: c’è un anno di prestito (rectius: cessione temporanea) e poi una facoltà di riscatto che diventa obbligo nel caso in cui (ci dicono le cronache) il calciatore giochi più del 60% delle partite ufficiali; anche Romero è passato all’Atalanta con due anni di  prestito e un diritto di riscatto che diventa obbligo a determinate condizioni.

Il caso del Pipita potrebbe essere, di nuovo, un dossier in cui la fantasia delle parti si potrà scatenare, anche se è molto improbabile che la Juve possa avere (di nuovo) un prezzo per il prestito pari all’ammortamento: più probabile che sia un valore più basso, che quindi coprirà solo parzialmente il costo dell’ammortamento di questa stagione, ma con il vantaggio che – sperabilmente – sarà deconsolidato l’intero ingaggio, che verrà posto a carico della squadra che lo accoglierà (si parla di nuovo dell’Inter di Miami).

E’ chiaro comunque che di fronte ad un costo “certo” pari all’ammortamento e all’ingaggio (siamo oltre i 30 ml nel caso del 21 argentino), qualunque soluzione che riduca queste voci porterà benefici al bilancio dei bianconeri, essendo comunque il calciatore fuori dal progetto tecnico.

Il tema Higuain consente di inquadrare anche un caso, che è invero piuttosto raro, che è la risoluzione contrattuale con il giocatore: per effetto di questa operazione, la Società si libera dal rapporto con il giocatore, ma con due effetti: (i)la messa a perdita (minusvalenza) del residuo valore (che nel caso di Gonzalo è pari ai 18 milioni residui per l’ultimo anno di contratto, mentre nel caso di Khedira è praticamente vicina allo zero); (ii)il pagamento dell’ingaggio, che in teoria è dovuto, salvo il caso di recesso per giusta causa o salvo il caso – sempre auspicabile – di una risoluzione consensuale con il giocatore co la corresponsione di una “buonuscita” inferiore al suo teorico avere, ma che lo lasci libero di tesserarsi con un altro Club.

Da notare che la risoluzione contrattuale può essere invocata anche dal giocatore, ed è stato il caso di Blaise Matuidi: teoricamente, in tal caso, egli avrebbe dovuto corrispondere alla Società il suo residuo valore (circa 2,5 milioni) cifra cui la Juventus ha rinunciato, lasciando libero il francese di andare a Miami con il beneficio di togliersi dai conti il suo ingaggio.

Ultimo tema che affrontiamo è quello delle agevolazioni fiscali del “Decreto Crescita”, che fa sì che i calciatori stranieri che si stabiliscono in Italia per almeno due anni abbiamo una tassazione solo sul 50% dell’importo lordo degli ingaggi di loro spettanza; si è fatto in queste ore il nome di Luis Suarez che, se per ipotesi dovesse accordarsi per 10 milioni netti, avrebbe un costo per il Club di circa 13 lordi: sulla metà (6,5 milioni) la tassazione sarebbe piena cioè pari a circa 3 milioni (cifra approssimata per comodità di ragionamento), mentre i restanti 6,5 milioni sarebbe esenti (lordo pari a netto): quindi ecco che il i 10 netti per il calciatore costerebbero 13, a fronte di una cifra vicina ai 20 in caso di tassazione non agevolata; questo potrebbe ovviamente attenuare l’onerosità di un’operazione Suarez in rapporto all’acquisto di altri attaccanti, in cui l’ingaggio sarebbe da aggiungere al costo del cartellino.


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