DirettaCalcioMercato
·5 gennaio 2025
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Lunga intervista per Stefano Pioli, ex allenatore del Milan, oggi tecnico della squadra Al Nassr dove gioca Cristiano Ronaldo. Ha rilasciato delle interessanti dichiarazioni alla Gazzetta dello Sport circa il suo addio al Milan e l’appordo in Arabia Saudita.
Queste le parole di Pioli:
Pioli, com’è la sua vita a Riad?
“È quella regolare di un professionista: dalle 7.30 alle 16.30 al campo d’allenamento, quando il caldo arrivava a 45°. In questo periodo, al mattino. Al venerdì terminiamo entro le 11 per rispettare le funzioni religiose. Vivo in un compound ben attrezzato, a una trentina di km dal nostro centro sportivo, con mia moglie, mio figlio e il mio staff. Giochiamo a padel, a bowling, esploriamo i ristoranti etnici della città. A parte il traffico, tutto bene”.
Una parola araba?
“Yalla, che uso anche in allenamento per dire “Andiamo… andiamo…”. E mabruk che significa complimenti”.
La riconoscono per strada?
“Dappertutto… Nei centri commerciali, nei ristoranti. Mi chiamano Bioli, con la B. Mi dicono: “Ciao Bioli… AC Milan… scudetto…”. Ci sono tanti milanisti”.
Quanto le mancano i nipoti?
“Tantissimo. Anche gli amici. Ma è stata anche una scelta voluta: uscire dalla mia comfort-zone, sentivo il bisogno di un’esperienza all’estero”.
Come l’hanno conquistata gli arabi?
“Con le domande al primo incontro: competenti, mirate. Il più bell’approccio professionale della carriera. Poi, senza ipocrisie: i soldi hanno pesato”.
Sembrava deciso a prendersi un anno sabbatico.
“Vero. Avevo in mente un anno di stacco, dopo i 5 di Milan, belli, ma estenuanti. Avevo già pianificato un mese a Londra per perfezionare l’inglese e visitare qualche club: Chelsea, Tottenham… Avrei potuto godermi il super-contratto Milan, ma ho capito presto che avrei faticato a restare fermo”.
Offerte dall’Italia?
“Tre. La prima a maggio, l’ultima poco prima dell’Arabia. Ma dopo la splendida avventura al Milan, non mi sembrava giusto allenare in Italia”.
Avrebbe lottato per lo scudetto?
“Credo di sì…”.
Il livello del calcio arabo?
“Più alto di quanto pensassi: 6-7 squadre possono stare in Serie A, 3-4 si giocherebbero la zona Champions. All’inizio, all’Al-Nassr, non ho forzato, poi piano piano abbiamo portato i giocatori dove volevamo noi, soprattutto sul piano dell’intensità”.
Cristiano Ronaldo?
“Se io arrivo mezz’ora prima all’allenamento, lui 25’ prima. È sempre il primo a salire sul pullman. Un perfezionista che pretende tanto da sé e dagli altri. Vive la squadra, aiuta, consiglia. A volte, lascio che parli ai ragazzi. Non posso considerarlo come gli altri. Ma è intelligente, rispetta i ruoli”.
Anche a Ibra lei lasciava spazio in spogliatoio.
“Sì, ma hanno caratteri diversi. Ibra era impetuoso con una personalità dominante. Cristiano è leggenda, è planetario, è enorme… Ha in testa i mille gol ufficiali. Li farà. Non gliene mancano molti”.
Lo sente ancora Zlatan?
“Lui mi ha scritto quando ho firmato per l’Al-Nassr, io gli ho fatto i complimenti dopo Madrid. Ci siamo rabbracciati qui a Riad. È stato un piacere allenarlo, non facile, ma proprio per questo un piacere. Ricorderà senz’altro una discussione importante nel mio ufficio… A me è servita”.
Maldini e Massara?
“Siamo rimasti in contatto. Ho lavorato bene con due persone oneste e molto competenti. La nostra intesa era fortissima. Poi con Paolo ci sono state anche discussioni forti, perché siamo due teste dure”.
La chiamano ancora i suoi ex giocatori?
“Molti. Ma davvero: parliamo pochissimo di Milan”.
Theo è molto legato a lei. Sta soffrendo.
“Theo è un bravo ragazzo. Ognuno ha le sue strategie per ottenere il meglio dai giocatori. Non c’è stato un solo giorno di Milan in cui non abbia dovuto spronarlo. Ma ditemi un solo terzino sinistro al mondo che sappia spostare le partite come lui. Mi hanno rimproverato di usare solo la carota. Non è vero. Ma il bastone io non lo mostravo in pubblico”.
Leao?
“A forza di criticarlo, si perde di vista la realtà, cioè un ragazzo in continua crescita. Anche quest’anno. Io resto convinto che Rafa possa ancora diventare fortissimo, non so se da Pallone d’oro, ma molto più forte di ora. Ci sta arrivando. Quando andava in nazionale gli dicevo: “Osserva bene tutto ciò che fa CR7, poi me lo riferisci”. Tornava, mi raccontava e io gli dicevo: “Lo vedi? Fallo anche tu!””.
Chi è cresciuto tanto è Reijnders. Lei spinse moltissimo per averlo.
“Moncada mi disse: “Dai un occhio a questo ragazzo”. L’avevo già ammirato in una partita di Conference contro il West Ham. Restai affascinato dall’eleganza e dalla capacità di andare oltre l’avversario senza dribblarlo. Sì, feci di tutto per averlo. All’inizio del campionato gli capitavano due occasioni a partita. Lo martellavo: “Tijj, ti tirerò fuori i gol che hai dentro”. Ora li sta tirando fuori tutti. Fofana l’ha completato. Noi, perso Krunic, abbiamo avuto problemi. La verità è che giocare in Italia non è semplice e un anno d’ambientamento serve”.
De Ketelaere infatti…
“Lì è stato bravissimo Gasperini a trovargli la collocazione giusta, in attacco. Noi avevamo già Giroud e Leao. Ci serviva uno che lavorasse anche più dietro. Poi è cresciuto atleticamente e ha trovato a Bergamo la dimensione giusta. San Siro e la maglia del Milan pesano tanto. Charles è fortissimo, ma nella finale di Dublino ha faticato e l’anno scorso contro di noi pure: Thiaw l’annullò. Deve ancora imparare a gestire le pressioni forti. È giovane. Di certo non sbagliammo ad acquistarlo”.
Così Pioli:
Ha seguito le partite del Milan?
“Poco. Confesso: non ci riuscivo, mi emozionavo troppo davanti alla tv. È stato un distacco importante. Ho visto per intero una partita sola, la più brutta… Milan-Juve. E il secondo tempo col Real”.
Quindi non ha visto il derby…
“Era scritto che il Milan vincesse, senza di me…”.
Dopo 5 anni, la storia tra lei e il Milan era finita comunque o quei derby hanno pesato?
“Era arrivata una conclusione fisiologica, i derby l’hanno accelerata. Perderne sei di fila mi ha fatto male, naturale. Soprattutto i due di Champions, anche perché hanno tolto valore a un grande risultato: essere tornati in semifinale dopo 16 anni”.
Oltre ai derby, hanno pesato gli infortuni? Che il Milan continua a soffrire anche senza di lei.
“All’Al-Nassr ho avuto una sola mezza contrattura del brasiliano Talisca che ha saltato una sola partita. I metodi di lavoro sono gli stessi dell’anno scorso”.
Ancora Pioli:
Quando ha capito che al Milan era finita?
“C’è stato un momento preciso: ritorno dei quarti di Europa League, Roma-Milan, all’Olimpico. All’andata avevamo perso 1-0. In spogliatoio, prima del match feci un discorso da pelle d’oca, uno dei miei più sentiti di sempre. Ero sicuro di passare. Invece alla squadra non arrivò nulla e in campo fece poco. Lì mi accorsi che quello che davo non bastava più. L’empatia si era guastata”.
Rimpianti? Rimorsi?
“Nessuno. Per me, esiste un solo metro per valutare un’avventura professionale: valutare la squadra come l’ho trovata e come l’ho lasciata. Tutto ciò che è accaduto in mezzo, di buono e di cattivo, fa parte del percorso e va accettato”.
L’ha trovata all’11° posto, che non giocava in Champions da 5 anni e non vinceva uno scudetto da 8; l’ha lasciata al 2°, in Champions League, con uno scudetto in più.
“Per 5 anni ho dato al Milan tutto quello che avevo, per far felice club, giocatori e tifosi. Ma non ho ricevuto in cambio meno di quello che ho dato. I conti tornano. Ho vissuto emozioni inimmaginabili e indimenticabili. Sarò grato per sempre”.
Scelga una fotografia dello scudetto.
“Al gol di Tonali alla Lazio, Giroud, un po’ felice per il gol importantissimo, un po’ seccato perché lo avevo tirato fuori, mi salta addosso e mi butta a terra… Pochi se ne sono accorti. E poi la festa scudetto e la gioia dei miei amici a Sassuolo. Pochi oggi ricordano com’era giovane quella squadra. Abbiamo fatto un lavoro mentale incredibile. Io auguro al Milan tanta gioia del genere anche in futuro e tutto il bene possibile. Con tutto il cuore”.
Anche al dirigente Ibra?
“Certo. Quando affronti un mestiere nuovo, devi imparare tante cose e cresci anche attraverso gli errori. Zlatan è intelligente, crescerà e farà bene”.
I tifosi dell’Al-Nassr le cantano “Pioli on fire”.
“Soprattutto all’inizio, quando vincevamo sempre… Ma anche ora per strada: “Ciao, Bioli on fire…”. Fa piacere, ma vorrei che quella canzone restasse legata alla magia unica dello scudetto. Ne sono un po’ geloso”.
L’Inter è ancora la più forte?
“Sì, anche se l’Atalanta è cresciuta, grazie al lavoro eccezionale di Gasperini, ma anche dei Percassi. Mi è piaciuta un’intervista recente di Ancelotti, in cui spiega che è venuto fuori dal momento difficile e dal 4-0 del Barcellona grazie all’appoggio della società. È così, l’ho provato: non ci può essere progetto vincente senza una società forte alle spalle”.
Il Napoli?
“Conte per il campionato italiano è una garanzia. Gli hanno rinforzato la squadra e ha settimane libere da coppe. Lotterà fino alla fine”.
Conclude Pioli:
Pioli, cosa vede oltre le dune del deserto?
“Voglio portare l’Al-Nassr alle Final 4 di Champions, a Riad, e provare ad alzare la coppa. Ci siamo posti l’obbiettivo di tornare a vincere dopo un po’ di tempo. Abbiamo gettato le basi, se l’anno prossimo vincerò, resterò. Altrimenti, vedremo. Il campionato più stimolante resta la Premier League. Sono entrato nell’anno dei 60, ma mi sento un ragazzo. Non è ancora tempo di fermarsi. Yalla… Andiamo…”.