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·9 ottobre 2020
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·9 ottobre 2020
Se all’inizio del Brasileirão qualcuno ci avesse detto che, nel giro di qualche mese, la titolarità di Gabigol nel Flamengo sarebbe stata in discussione, forse lo avremmo preso per matto. Dal punto di vista realizzativo, il capocannoniere degli ultimi due campionati – oltre che dell’ultima Libertadores, di cui è stato eroe in finale con la doppietta che ha ribaltato il River negli ultimi minuti – non ha iniziato male la stagione: 16 gol in 23 presenze tra campionato Carioca, Recopa Sudamericana, Supercopa do Brasil e Libertadores, che però potrebbero non bastare, alla luce dello scarso feeling con le richieste tattiche del nuovo allenatore Domènec Torrent e, soprattutto, della presenza in rosa dell’ex-Fiorentina Pedro, che al contrario si è integrato splendidamente nei meccanismi offensivi del tecnico catalano.
Nel trionfale Mengão di Jorge Jesus, agli attaccanti era concessa molta libertà di movimento: Gabigol, pur partendo nominalmente da centravanti, era solito abbassarsi centralmente o allargandosi sulla destra per partecipare alla costruzione, mentre all’ala sinistra Bruno Henrique spettava il compito di attaccare la profondità tagliando verso l’area di rigore, sfruttando le sue eccezionali doti atletiche.
Torrent, già assistente di Pep Guardiola per undici anni, è un adepto del gioco di posizione e, pur avendo dichiarato di non voler stravolgere da subito l’impianto di gioco costruito dal suo predecessore, sta gradualmente cercando di trasmettere le sue idee alla squadra, che però ha iniziato il campionato a singhiozzo e ha subito una batosta memorabile in Libertadores per mano dell’Independiente del Valle.
Il caso ha voluto che, nei giorni successivi alla partita, Gabigol sia stato bloccato da un infortunio muscolare; Pedro, che fino a quel momento era partito titolare solo due volte nel Brasileirão, si è preso la scena, segnando un gol a partita contro Barcelona SC, Palmeiras, Independiente del Valle e Athletico Paranaense, e una doppietta mercoledì contro lo Sport Recife.
In realtà, nella rivincita contro gli ecuadoregni, terminata 4-0, i due hanno giocato insieme per 45 minuti – prima che Gabigol si fermasse nuovamente per una distorsione alla caviglia destra – e Pedro deve ringraziare proprio lui per la rete realizzata, dato che davanti al portiere gli ha passato il pallone invece di cercare la soluzione personale. Dopo il gol i due si sono abbracciati calorosamente, e non è da escludere che Torrent decida di sciogliere il nodo della concorrenza schierandoli più spesso insieme dal primo minuto.
Ciò significherebbe però rinunciare al suo 4-2-3-1, modulo nel quale è invece difficile immaginare un loro impiego simultaneo. Se ciò non avvenisse, la situazione potrebbe farsi complicata per l’ex attaccante dell’Inter: il gioco di Torrent necessita di un riferimento centrale, secondo il principio del gioco di posizione per cui è il pallone che deve arrivare ai giocatori, e non viceversa.
Gabigol rende al meglio quando può attaccare frontalmente la porta e dialogare coi compagni partendo da lontano, mentre va in difficoltà quando riceve spalle alla porta, anche a causa di doti tecniche non di primissimo piano, che mal si conciliano con l’ambizione di riuscire a perforare le difese schierate attraverso fasi di attacco posizionale in cui è fondamentale riuscire a gestire il pallone nello stretto con velocità e precisione. Pedro invece, oltre ad avere una struttura fisica più imponente (è alto 1,86), è abilissimo nel controllare il pallone anche in spazi angusti grazie a una tecnica che anche Montella, lo stesso allenatore che gli concesse 64 minuti in quattro mesi, aveva definito “da brasiliano”.
E chissà che alla Fiorentina non debbano pentirsi di averlo rimandato indietro come un pacco, nonostante fosse ancora in fase di recupero da un infortunio al crociato che lo aveva tenuto fermo per sette mesi, cui si aggiunsero un infortunio alla coscia occorsogli nell’ultima partita con la maglia del Fluminense (appena prima di arrivare in Italia), che gli fece saltare il primo mese di allenamenti con la nuova squadra, e le risapute difficoltà legate al primo impatto con un grande campionato, soprattutto per chi proviene da oltreoceano.
Il giocatore visto nelle ultime settimane potrebbe certamente disputarsi una maglia con Kouamé, Vlahovic e Cutrone, e ben presto gli 11 milioni incassati dalla sua cessione potrebbero non sembrare così tanti.