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·23 aprile 2024
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Ecco la lunghissima intervista rilasciata da Victor Osimhen che si è raccontato, ai microfoni di Betsson Sport, tra passato, presente e futuro. Di seguito le sue parole riportate da Tuttomercatoweb:
“Mi definisco determinato, penso di essere quel tipo di persona che non si arrende mai, in qualsiasi circostanza mi trovo. Cerco sempre di impegnarmi al massimo per raggiungere quello che mi sono prefissato. In generale sono una persona gentile, anche se a volte complicata, cosa abbastanza normale nella vita. Posso dire che di base ho un cuore buono, non lo vedono tutti, e ci sta, per questo mi ripeto sempre nella mia mente che sono determinato e raggiungo i miei obiettivi”.
Le mie sensazioni la prima volta che ho giocato al Maradona? “Le prime emozioni risalgono non tanto alla prima volta che ho messo piede sul campo del Maradona, ma quando il club ha mostrato interesse per me. Ero molto felice di iniziare subito con i miei nuovi compagni di squadra. Poi mi ricordo Kalidou Koulibaly che mi ha raccontato dell’atmosfera dello stadio, di quando fai gol e i tifosi gridano il tuo nome come succedeva per Cavani e Higuain quando facevano lo stesso. Quindi ho sempre avuto in mente di anticipare il più possibile il momento del mio primo gol al Maradona, così da sentire lo stadio che gridava il mio nome ed è stato per me come un sogno che diventa realtà, perché giocare sullo stesso campo in cui ha giocato il più grande giocatore di tutti i tempi, Maradona, e per me venire qui come un giovane giocatore che doveva ancora farsi un nome nel mondo del calcio è stato un grande privilegio e mi sento molto onorato”.
Un rituale pre-partita? “Sì, ne ho diversi. Prima di tutto dico le mie preghiere perché è molto importante visto che sono molto credente, dico le mie preghiere e ascolto alcune canzoni che mi motivano. Poi, ripenso alla partita precedente, a tutti gli errori che ho fatto così da poterli correggere nella partita in arrivo. Per me è molto importante essere concentrato, sereno già dal giorno prima della partita, così che poi sono concentratosi su tutte le cose che voglio fare e tutte le cose che il mister vuole che io faccia. La musica che ascolto è molto importante prima di una partita perché mi sprona a fare del mio meglio. Se non segno comunque provo ad aiutare la squadra, provo a difendere, provo a vincere e a combattere per loro sul campo. Queste sono le cose che mi distinguono quando provo a prepararmi per la partita”.
Un momento importante che ha avuto un forte impatto sulla mia carriera? “Sì, mi ricordo che il momento chiave è quando ho firmato per lo Charleroi in Belgio. Evidenzio questo trasferimento perchè prima, quando mi sono trasferito al Wolfsburg, volevo tanto cominciare a giocare ovviamente, ma volevo anche imparare perchè mi sono trasferito come un giovane attaccante e avevo bisogno di tempo per trasformarmi nel giocatore e nell’uomo che volevo diventare. A quel tempo ho potuto giocare con grandi giocatori come Draxler, Schurrle, Guilavogui, venne anche Mario Gomez, per me è stata un’opportunità per imparare una o due cose da alcuni dei più grandi attaccanti di quel periodo e quindi per me è stato veramente un punto di svolta per la mia carriera, anche se le cose non sono andate poi così bene. Successivamente mi sono trasferito in Belgio per provare ad ottenere più minutaggio in campo ma sono stato rifiutato da due club lì, prima che finalmente lo Charleroi mi offrisse un contratto. Quello è stato davvero un momento chiave, il momento che mi ha fatto diventare il Victor Osimhen che vedete ora, quelle persone mi hanno dato l’opportunità di scrivere la mia storia, di lanciare la mia carriera dal basso. Quello è stato il momento in cui ho capito che sarei diventato grande nel calcio”.
Descrivere i tifosi del Napoli in una parola? “Straordinari. Per me è assolutamente incredibile. Ormai sono nel calcio da 6-7 anni e lo dico in ogni intervista quando mi chiedono dei tifosi de Napoli. Quando devo cercare una parola per descriverli resto senza parole perché sono assolutamente travolgenti. E’ elettrizzante, non ho mai visto nulla di simile. Una città così grande che prende il calcio così seriamente e il modo in cui i tifosi supportano la squadra è veramente da non credere. Ho giocato in altri club, ma la passione che i napoletani hanno per il loro club è fuori da questo mondo. Lo puoi vedere allo stadio, quando perdiamo o quando vinciamo, tutti lo stadio è veramente elettrizzante, ogni giocatore ha la pelle d’oca, non solo Victor, e quando segniamo è fantastico, l’intero stadio si capovolge e inizia a festeggiare. Sono tra i migliori tifosi al mondo per come supportano la loro squadra e per come vivono la vita di tutti i giorni assicurandosi che l’identità di questo club dia connessa ad essi. Per me è una sensazione fantastica, in alcuni club è la storia che crea l’identità, a Napoli sono i tifosi che rendono la quadra ciò che è. Il modo in cui tifano la squadra e ogni giocatore è davvero incredibile. A volte capisco perchè alcune leggende del passato hanno pianto nel momento in cui se ne sono andate da Napoli, perchè è un’emozione fuori dal comune giocare nello stadio e sentire urlare il tuo nome dal primo minuto al 90esimo, supportando la squadra e tifando”.
Chi è il primo Osimhen e chi può essere l’Osimhen di oggi? “Tutto il mondo sa che mi ispiro a Didier Drogba. Quando ero piccolo mi hanno fatto conoscere il suo stile di calcio, i tifosi appassionati e poi tutta la comunità mi ha spinto a seguirlo e quindi ho cominciato ad interessarmi a lui, a guardare tante clip di lui e imparare dai suoi movimenti e integrarli nel mio modo di giocare. E tutto questo mi ha aiutato tantissimo. Dò il merito di gran parte del mio successo a Drogba, per me il suo talento, la sua grinta e passione sono quello che lo hanno fatto diventare uno dei migliori attaccanti della storia del calcio. Per me questo è una sorta di percorso, un percorso che voglio seguire ed assicurarmi che un giorno verrò ricordato per quello che ho portato anche io al calcio. Certamente sono ancora in questo percorso, ci sto ancora lavorando, ma se mi guardo indietro ho fatto tanto, guardando da dove sono partito e come sono migliorato sia a livello di gioco che come uomo, è davvero una buona crescita. Ho ancora tanto in serbo, ho ancora tanto da imparare, sto ancora crescendo”.
Quale club tifavo da bambino? “Per me questa è una decisione personale. Certamente i miei amici che mi conoscono, i miei amici con cui sono cresciuto, loro lo sanno ma penso sia meglio non dire nessuna squadra in particolare perché sono un calciatore professionista e penso sia più giusto così. Certamente il calcio mi è sempre piaciuto, mi piace guardare le partite dei grandi club”.
Cosa significa aver vinto il Pallone d’Oro Africano? “Non posso mentire, è stato un sogno di bambino che si è avverato. Ogni giovane africano che aspira a diventare un calciatore sogna un giorno di giocare nella Champions, ai Mondiali di calcio, la Nations Cup, vincere il giocatore africano dell’anno, proprio come ho fatto io. Da dove vengo chiaramente era un sogno, era qualcosa che dicevamo con i miei amici, perché la maggior parte dei miei amici sono calciatori. Abbiamo iniziato tutti insieme da bambini e dicevamo: ‘Magari un giorno potremo vincere il Pallone d’Oro’ oppure ‘un giorni vinceremo miglior giocatore africano dell’anno’. Quando sono stato nominato per me già era una vittoria perché da dove vengo io non potevo pensare che Victor Osimhen sarebbe arrivato tra i primi tre o a vincere e non mentirò è stato il miglior momento, o almeno uno dei momenti più importanti della mia carriera ad oggi e sono molto orgoglioso quanta strada ho fatto. E vincere il premio giocatore africano dell’anno è stato un grande obiettivo raggiunto per me”.
Aneddoto con i miei compagni di squadra? “Mi ricordo di un momento in cui eravamo sul campo a giocare a torello e Koulibaly era al centro ed io e Rrahmani eravamo uno accanto all’altro e quindi facevamo girare la palla e quando Kouli arriva, Rrahmani fa passare la palla tra le sue gambe e lui si è arrabbiato in un modo scherzoso chiaramente, era arrabbiato e poi mi è venuto incontro e l’ho abbracciato e abbiamo iniziato a scherzare e poi allora ho fatto la foto e, con il suo permesso, l’ho postata su Instagram e lui mi ha taggato scrivendo che si sarebbe vendicato ma poi ha lasciato il Club senza la sua vendetta. Ma è stato divertente come momento e quando l’ho messo online tutti si sono divertiti. Ho tanti bei ricordi ma questo era uno degli highlights”.
Qualcosa ai tifosi in napoletano? “Cià wagliù”.