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·26 febbraio 2024
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Gli interessi familiari da un lato e quelli del gruppo dall’altro. La definizione è fornita direttamente da loro stessi: «LVMH è un gruppo a gestione familiare», si legge sul sito della società. Nel caso della famiglia Arnault, guidata da Bernard, uno degli individui più ricchi al mondo, i numeri sono proporzionati. Il gruppo LVMH conta 213.000 dipendenti e genera un fatturato di 86 miliardi con marchi noti a livello mondiale come Dior, Bulgari, Vuitton ecc.
In Borsa è un gigante mondiale con una capitalizzazione di 422 miliardi, oggetto di attenta analisi quotidiana da parte di analisti e investitori. La famiglia detiene il 48% del capitale e il 63% dei diritti di voto. Tuttavia, se ci spostiamo nelle “stanze” degli Arnault, cioè nelle società di famiglia, ci troviamo in una posizione più discreta rispetto alla ribalta finanziaria: la Financière Agache – spiega Il Corriere della Sera – ha il controllo diretto su Dior-LVMH, compresi i generosi dividendi, fino alla vera e propria cassaforte, Agache.
E in questi due livelli c’è un tesoro “nascosto”. I numeri sono straordinari, poiché rappresentano una disponibilità diretta. Ci sono 18 miliardi liquidi e immediatamente disponibili (al netto delle tasse) sotto la voce “utili distribuibili”. E poiché Financière Agache è completamente di proprietà della famiglia, quei 18 miliardi possono essere distribuiti praticamente da un giorno all’altro.
Partendo da qui è possibile capire come sia stato possibile portare a termine una delle più discusse operazioni immobiliari milanesi degli ultimi anni: Casa Atellani. Esaminando da vicino la struttura finanziaria della compravendita, si comprende la centralità che Bernard Arnault ha dato all’operazione e ai suoi sviluppi futuri: è lui l’acquirente, non il gruppo LVMH. A prendere in mano il dossier e a gestirlo attualmente è il manager di fiducia di più alto livello, il direttore generale del gruppo, Antonio Belloni.
Non si tratta semplicemente di una proprietà, ma di un “pezzo” unico per storia, fascino e lusso, proprio gli ingredienti su cui Arnault ha costruito il suo impero. Quello che rende unica Casa Atellani è il vigneto accanto all’edificio, che il duca di Milano regalò a Leonardo otto anni più tardi mentre stava affrescando l’Ultima Cena nel refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie, poche decine di metri più in là.
In occasione di Expo 2015, gli agronomi hanno ricostruito la vigna utilizzando lo stesso vitigno dei tempi del visionario artista, una malvasia. Il francese Arnault, dopo lunghe trattative, poco prima di Natale ha acquistato il complesso Atellani dalle famiglie proprietarie. Per gestire tutta l’operazione, il patron di LVMH ha messo in campo il capo operativo del gruppo da 86 miliardi di ricavi.
Così il super manager Antonio Belloni si è presentato personalmente nello studio legale Advant Nctm il pomeriggio del 18 dicembre per prendere le redini di Casa Atellani. Nessun atto notarile: ciò che è passato di mano non è stata la proprietà immobiliare, ma il 100% della società San Lorenzo, titolare, tra l’altro, degli immobili Atellani e dei marchi registrati “Casa degli Atellani”, “La vigna di Leonardo”, “Leonardo’s Vineyard”, ecc.
Belloni si è presentato il 18 dicembre alle 14:45 in via Agnello 12 per concludere l’affare in qualità di amministratore unico della società Primula, che ha acquisito la San Lorenzo e dunque Casa Atellani. Successivamente, Belloni ha assunto la carica di amministratore unico anche della San Lorenzo. Il prezzo non è noto, ma le famiglie che hanno venduto avevano in carico il complesso immobiliare al valore di mercato di 54 milioni. Da quel punto in poi, è stata accettata l’offerta di Arnault.
Primula, il veicolo italiano creato appositamente per l’operazione Atellani, è di proprietà della lussemburghese Anthemis controllata dalla connazionale Sanderson International, emanazione diretta di Agache commandité. E qui siamo giunti direttamente in casa Arnault, senza passare per la Financière Agache, che governa l’altro ramo del gruppo del lusso.