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·27 giugno 2019
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·27 giugno 2019
di Giuseppe Livraghi –
La rivalità calcistica è sostanzialmente pari allo zero, ma pur sempre derby è. Ci si riferisce alla sfida Sudafrica-Namibia, in programma il 28 giugno (inizio alle ore 22) al Cairo e valida quale seconda giornata del gruppo D della fase eliminatoria della Coppa d’Africa (in corso di svolgimento in Egitto). La contesa è già decisiva, poiché le due selezioni provengono entrambe da una sconfitta nella gara d’esordio (0-1 della Namibia col Marocco, medesimo risultato del Sudafrica con la Costa d’Avorio): dato che alla fase successiva accedono le prime due di ogni girone più le quattro migliori terze (le “ripescate”) dei sei raggruppamenti, una vittoria consentirebbe di fare un importante passo verso la qualificazione, per poi giocarsi il tutto per tutto nella giornata conclusiva (viceversa, una sconfitta equivarrebbe all’eliminazione, mentre un pari mettere entrambe in una situazione quasi disperata).
Benché siano passati i tempi d’oro, il Sudafrica parte favorito nei confronti dei namibiani: questi ultimi, infatti, sono solamente alla loro terza presenza nella rassegna continentale, dopo quelle del 1998 e del 2008, mentre i sudafricani vantano dieci partecipazioni, con un successo (quello casalingo del 1996). Appunto al 1998 risale il precedente derby di Coppa d’Africa tra Sudafrica e Namibia, conclusosi col successo per 4-1 dei “bafana bafana”: quella selezione sudafricana (qualificatasi anche al Mondiale del medesimo anno in Francia) poteva contare su elementi quali Mark Fish e Philemon “Phil” Masinga. Ma per quali motivi la partita tra le due Nazionali dell’Africa meridionale è un vero e proprio derby?
Per la storia: la Namibia, colonia tedesca fino alla fine della Prima Guerra Mondiale col nome/non nome di “Africa del Sud-Ovest”, fu poi affidata in amministrazione (tramite “mandato fiduciario” della Società della Nazioni, cioè l’antesignana dell’attuale ONU) al Sudafrica, allora facente parte dell’Impero Britannico. Divenuto indipendente, il Sudafrica non solo non rinunciò al “mandato”, ma addirittura gestì l’Africa del Sud-Ovest quale propria provincia, provocando le ribellioni locali, che si tramutarono nella guerriglia indipendentista guidata dalla SWAPO (South West African People’s Organisation, cioè Organizzazione del Popolo dell’Africa del Sud-Ovest). L’indipendenza dell’ex colonia tedesca venne raggiunta nel 1990, per la precisione il 21 marzo 1990: restava, tuttavia, il problema (magari secondario, ma comunque problema a tutti gli effetti) del nome, che nessuna amministrazione si era preoccupata di dare a tale territorio. Benché scarsamente popolata (poco più di due milioni di anime), l’ex colonia germanica aveva (e ha tuttora) una composizione etnica variegata, sicché, per evitare gelosie, si optò per il nome neutro di Namibia, derivante dal deserto del Namib (vasta distesa arida che occupa gran parte del territorio). Le diatribe tra Sudafrica e Namibia si chiusero ufficialmente e definitivamente nel 1994, col passaggio ai namibiani della città costiera di Walvis Bay, precedentemente rimasta in mani sudafricane. Archiviata la fase “calda”, la rivalità tra i due Stati dell’Africa meridionale è ora solamente (o quasi) una sfida tra vicini: se quel confronto del 1998 ebbe un esito tutto sommato scontato (dato l’enorme dislivello allora esistente tra le due Nazionali), la sfida di questa Coppa d’Africa sembra più incerta, più per la crisi nella quale è precipitato il Sudafrica (comunque favorito dal pronostico) che per la modesta crescita dei namibiani. Di certo c’è solo che una vittoria darebbe nuova linfa alle speranze di qualificazione (anche tramite un possibile ripescaggio), mentre una sconfitta consisterebbe nell’addio anticipato alla manifestazione. Un pareggio, infine, servirebbe a poco, poiché costringerebbe entrambe le compagini a far bottino pieno nell’ultimo impegno del girone, al cospetto di avversari nettamente superiori.
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