Inter News 24
·31 dicembre 2024
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·31 dicembre 2024
Intervistato dal Corriere dello Sport, José Mourinho ha ripercorso diverse tappe della sua carriera da allenatore, citando ovviamente il Triplete conquistato con l’Inter fino al suo addio alla Roma.
QUANDO MI SONO SENTITO PIENAMENTE REALIZZATO COME ALLENATORE? – «Mai. Voglio vincere la prossima partita e sentirmi realizzato per un paio di giorni».
COME MAI LA SCELTA DI ANDARE AL FENERBAHCE? – «Perché amo il calcio e amo il mio lavoro. Non mi va di aspettare e ancora aspettare l’opportunità ideale, il posto perfetto, e ancor meno di prendermi un anno sabbatico. So che a tanti piace, o almeno così ce la raccontano. Ho detto sì a un club che mi ha voluto tanto e me l’ha dimostrato fin dal primo giorno».
INFASTIDITO DEL FATTO CHE SI PARLI DI ME PIÙ COME UN GRAN COMUNICATORE CHE UN GRANDE ALLENATORE? – «Un grande comunicatore non vince tutti i titoli più importanti del calcio».
COSA BUTTO E COSA SALVO DEL 2024? – «A livello personale scelgo il matrimonio di mia figlia, è stato un momento magnifico e sono felicissimo per loro… L’uscita dalla Roma è stata dura, però non butto nemmeno quella».
QUANTO SONO CAMBIATO DAI MIEI ESORDI COME ALLENATORE? – «Sono cresciuto a tutti i livelli. Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo, lavoro per migliorare continuamente. E non è una frase fatta».
DOVE RISIEDE LA GRANDEZZA DI UN ALLENATORE? – «Nella carriera, non nel momento. La grandezza di un allenatore è nei risultati, non nella filosofia. E nell’umanità, non nell’egocentrismo. Nel coraggio, non nell’autotutela. Nell’onestà, non nel relazionale. Nella sintonia con la nuova generazione di colleghi. Nel riuscire a dormire bene di notte perché sa di essere stato sempre indipendente intellettualmente e verticale».
SULLA CRISI DEL MANCHESTER CITY – «Solo Pep può parlare con cognizione di causa del suo caso. Il resto sono banalità, è superficialità».
DOVE SI È EVOLUTO IL CALCIO E DOVE È RIMASRO UGUALE? – «Uguale? Chi segna un gol in più o ne subisce uno in meno, vince. Evoluto, dici? L’allenatore, che fino a poco tempo fa era una figura fondamentale nella struttura del club, è diventato progressivamente meno importante e sempre più dipendente da strutture e personaggi il più delle volte impreparati. Calcio giocato? Calcio allenato? Calcio analizzato? Ci sono stati cambiamenti su tutti i piani e a tutti i livelli».
SUL VAR A CHIAMATA E IL TEMPO EFFETTIVO – «Sono l’ultimo che può parlare di Var e tempo effettivo. Lasciamo questi argomenti ai fenomeni del calcio. Io sono solo un allenatore e voglio fare solo l’allenatore».
CHI SONO I FENOMENI DEL CALCIO? – «Gli allenatori bravi che non sanno vincere, gli esperti dei social media e gente che ha potere decisionale ma che sa di calcio come io di fisica dell’atomo. Il calcio è il regno della superficialità e dei luoghi comuni e un’etichetta non si nega a nessuno. Di solito quando la gente parla di me pensa a cosa è successo quindici, dodici, otto o dieci anni fa. È così per la maggior parte dei grandi allenatori che di solito guidano le squadre migliori e hanno le maggiori possibilità di arrivare in finale. Negli ultimi anni ho fatto tre finali, una con il Manchester United e due con la Roma. Guardo a tutto ciò un po’ divertito, e allo stesso tempo con orgoglio perché quando fai questo con un club senza storia in Europa, ti rendi conto che hai realizzato qualcosa di speciale».
LA MIA PARTITA PERFETTA? – «Uhi, difficile rispondere… Porto-Lazio 4-1, semifinale Uefa 2002-2003? Loro hanno segnato dopo 50 secondi e in seguito non hanno più toccato palla. Inter-Bayern 2-0, dopo un minuto si sapeva già chi avrebbe vinto. Manchester-Tottenham 1-6, e avrebbero potuto essere 7, 8, 9. È altrettanto complicato non trovare una partita perfetta nei miei Chelsea che hanno mangiato la Premier».
RIMPIANTI – «Se parliamo di partite, tanti perché quando perdi pensi sempre che avresti potuto fare diversamente, e di partite ne ho perse parecchie. Se invece ti riferisci alle scelte professionali, il no a Florentino. Mi disse “Mou, non andare via adesso, il difficile l’hai fatto e viene il bello… Sapevo che sarebbe stato così, però volevo tornare al Chelsea dopo tre anni in Spagna di grandi lotte… E dopo Budapest. Non per il casino combinato da Taylor, ma per il fatto di non essermene andato subito. Avrei dovuto lasciare la Roma, non l’ho fatto e ho sbagliato».
SE TORNEREI A LAVORARE IN ITALIA? – «Certo».
SE VERO CHE PRIMA DI LASCIARE LA ROMA ACQUISTAI UN BIGLIETTO PER SALUTARE I TIFOSI ALL’OLIMPICO? – «Non uno, quattro. Ero in hotel con i miei assistenti che mi dissero: “Mister, meriti di salutare i tifosi e i tifosi meritano di salutare te. Andiamo”. Ci ho pensato qualche ora, poi ho temuto che mi avrebbero accusato di voler disturbare e io non faccio queste cose, mai».
SE SEGUO ANCORA ROMA E INTER? – «Non ho più visto giocare la Roma. L’Inter, sì».
COSA HO PENSATO QUANDO L’ATALANTA HA VINTO L’EUROPA LEAGUE? – «Ottimo, il premio alla competenza e a un progetto serio, tanti anni di lavoro fatto bene con lo stesso allenatore e la stessa filosofia di gioco. Ero triste per Xabi, tifavo Bayer, però l’Atalanta l’ha ultra meritato. Un buon arbitro, un buon Var, degni di una finale europea».
SU BOVE – «Bove è come me. Nessuno gli ha regalato niente. Ha esordito con me perché abbiamo principi simili, anche se uno ha vent’anni e l’altro sessanta».
UNA QUALITÀ CHE MI RICONOSCO – «L’umiltà, la lealtà e l’educazione… Adesso tanti rideranno. Anch’io sorrido pensando alla gente che ride di questa affermazione, però è così… E il difetto, non essere paraculo».
NEL MIO FUTURO UNA NAZIONALE? – «Sì. Voglio giocare un Europeo o un Mondiale, unire un Paese intorno alla sua nazionale nello stesso modo in cui sono riuscito tante volte con i club e i tifosi. Voglio farlo per il calcio, per quello che questo sport rappresenta. Sarà incredibile».