📝Mou, addii mai banali: dalla gloria con l'Inter all'esonero United | OneFootball

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Mario De Zanet·18 dicembre 2018

📝Mou, addii mai banali: dalla gloria con l'Inter all'esonero United

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Lo Special One è divenuto tale alla conferenza di presentazione del Chelsea. Quel nome se lo scelse, dopo aver conquistato una miracolosa Champions League con il Porto.

Oggi si è chiusa la sua avventura allo United: un’esperienza non memorabile, trascinata oltre la naturale durata. Una sorta di agonia, quest’esonero, a differenza del primo celebre addio, al Porto, appunto.


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In quel occasione, Mourinho, accostato al Chelsea per mesi, scelse di andarsene da trionfatore, con la prima Champions League in bacheca: il segnale arrivò proprio a pochi istanti dal triplice fischio dell’ultimo atto, quando Mou ricevette la medaglia, se la levò e si rintanò negli spogliatoio.

Il Porto non la prese bene: il presidente dei portoghesi non accettò la trattativa a sua insaputa con i Blues, ma specialmente la scelta di Mou di non festeggiare con i suoi giocatori.

Anche i tifosi non apprezzarono. In una dichiarazione al Daily Mail, uno dei leader del tifo organizzato dirà: “È ricordato con indifferenza. È uno dei migliori allenatori al mondo, ma certo non è una grande persona”.

Diverso, invece, fu l’addio al Chelsea: le divergenze con il patron Abramovic erano divenute irrisolvibili, ma la sua partenza fu vissuta in maniera drammatica dai tifosi e specialmente dai giocatori, che tanto si erano affezionati allo Special One. La partenza divenne inevitabile quando Mourinho, dopo il pareggio con il Rosenborg in Champions, sfidò Abramovic ad esonerarlo: il patron rispose che se se ne voleva andare, avrebbe potuto farlo. Avvenne il giorno dopo: fu ufficialmente una rescissione consensuale, ma di fatto si trattò di un esonero, dato che il Chelsea versò 23 milioni di sterline al portoghese ed al suo staff.

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Poi venne l’Inter, l’epopea del 2010. e quell’abbraccio straziante a Materazzi, tra le lacrime, prima di salire sulla macchina che lo avrebbe portato nel futuro, il Real Madrid. Un addio non ideale nei modi e nei tempi, ma perdonato dal popolo nerazzurro: l’amarezza fu trascinata via dai festeggiamenti per il Triplete.

Molto più turbolenta, invece, fu la partenza dal Real Madrid, dove ci fu l’aggiunta di una variabile inedita nel percorso di Mourinho nel calcio che conta: il suo spogliatoio era spaccato. In particolare, il suo rapporto con la bandiera Casillas era pessimo e non è migliorato nel tempo. Proprio ieri, il portiere scriveva su Twitter: “Quando capisce che è finito?”

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Ciò rende frammentato anche il popolo Blanco quando si tratta di ricordare Mou: chi lo critica, chi lo apprezza. E l’ultima sua sfida al Bernabeu ha ospitato proprio queste due posizioni: nel 4-2 all’Osasuna, lo stadio di Madrid si divideva tra chi lo fischiava e chi cantava il suo nome.

Nella seconda avventura al Chelsea, si trattò ufficialmente di esonero e, anche in questo caso, le relazioni interne allo spogliatoio furono il principale motivo dell’addio, oltre ai risultati: una costante oramai che si è rinnovata anche nella sua ultima avventura, chiusasi oggi.

Chiedere a Paul Pogba.