Riserva di Lusso
·22 novembre 2022
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Quasi fotocopia del girone C dell’edizione precedente (con la sola eccezione della Tunisia in luogo del Perù questa volta), il Gruppo D dei Mondiali 2022 sembra uno dei più decisi alla vigilia, con le favoritissime Francia e Danimarca a fare il ruolo delle lepri da un lato, mentre Australia e Tunisia inseguono dall’altro.
L’Australia si presenta, come rappresentate della AFC – la confederazione calcistica asiatica – al suo quarto mondiale di fila, dopo aver vinto lo spareggio intercontinentale contro il Perù. Fa sempre un po’ strano trovare la nazionale oceanica in mezzo a Corea del Sud o Giappone – per citare le prime due che vengono in mente – ma, da quando nel 2005 fu accolta nella confederazione asiatica, l’Australia non ha mai mancato una qualificazione. Mentre era nella OFC – la confederazione calcistica oceanica – riuscì a qualificarsi soltanto a Germania 1974. Per una strano scherzo del destino in Germania, nel 2006, i Socceroos hanno ottenuto il loro miglior risultato, arrivando agli ottavi di finale contro la nazionale italiana e uscendo per colpa del rigore segnato da Francesco Totti, fischiato per il tanto discusso intervento su Fabio Grosso. In panchina c’era Gus Hiddink, in campo Mark Viduka, Tim Cahill e Mark Bresciano. Un’era geologica fa per il calcio australiano.
Il presente racconta di una qualificazione che è arrivata per il rotto della cuffia e soltanto ai rigori contro la nazionale peruviana, in un match thriller risolto da un colpo di genio del CT Graham Arnold, che poco prima della fine dei tempi regolamentari cambiò i portieri. L’inserimento di Andrew Redmayne fu decisivo per portare gli aussies di nuovo alla rassegna iridata. La squadra dovrebbe schierarsi in campo con il 4-1-4-1 con questi undici: Ryan; Karacic, Wright, Rowles, Behich; Mooy;Boyle, Hrustic, Irvine, Mabil; Mclaren. A leggere i nomi molti si staranno domandando chi suabi e in effetti rispetto all’11 che scese in campo contro l’Italia a Germania 2006 la qualità generale è decisamente diminuita. Purtroppo l’Australia calcistica sta un periodo di transizione in cui i talenti internazionali si contano sulle dita di una mano, probabilmente anche qualcosa di meno.
In porta il titolare è Matthew Ryan, che in questa stagione ha giocato 10 partite nel Copenaghen FC per poi accomodarsi in panchina e non mettere più piede in campo. La scelta di Arnie – come chiamavano sarcasticamente gli australiani il proprio ct – di affidare a lui la porta della nazionale è stata molto criticata in patria, non tanto perché gli altri due portieri convocati siano migliori di lui, perché né Andrew Redmayne, né tantomeno il trentasettenne Danny Vukovic hanno il talento per farlo, ma perché, con grande sorpresa di tutti, il ct australiano ha lasciato a casa il miglior portiere di questa generazione, Mitch Langerak, titolare del Nagoya Grampus in J League, di cui è stato MVP stagionale. Nel 2020 Langerak si era temporaneamente ritirato dalla Nazionale perché durante la pandemia non voleva lasciare da sola la sua giovane famiglia. Una scelta assolutamente comprensibile. Poi, a settembre scorso, era stato richiamato da Graham per le due amichevoli contro la Nuova Zelanda. Una scelta che tutti hanno visto come un segnale in vista del mondiale e che, invece, non è stata altro che uno specchietto per le allodole.
La difesa è il reparto più debole della squadra. I due centrali dovrebbero essere Bailey Wright (Sunderland) e Key Rowles (Hearts of Midlothian), con Fran Karacic (Brescia) e Aziz Behich (Dundee United FC) sulle fasce. Le alternative sono Miloš Degenek, difensore roccioso che veste la maglia dei Columbus Crew in MLS, sulla carta è più esperto degli altri due, e Harry Souttar, in forza allo Stoke City in Championship, ma appena rientrato in campo dopo mesi di inattività per infortunio.
A centrocampo c’è decisamente più qualità. Davanti alla difesa si installerà Aaron Mooy, regista sopraffino e talento mai del tutto sbocciato, tra i più esperti dell’intera rosa con 96 partite in Premier League. In questa stagione veste la maglia del Celtic Glasgow, guidati da Ange Postecoglu in panchina.
Nei quattro dietro alla prima punta troviamo Jackson Irvine, mediano di lotta e di governo che gioca in 2.Bundesliga con lo FC St.Pauli, e Ajdin Hrustic, leader tecnico della squadra, oggi in forza al Verona in Serie A. La sua stagione passata è stata splendida in termini di vittorie con l’Eintracht Francoforte, culminata con la Uefa Europa League 2021/22, ma altalenante per quanto riguarda le prestazioni personali, avendo giocato 23 partite totali in Bundesliga tra acciacchi e panchine varie. La tenuta fisica è sempre stata il suo tallone d’Achille e in queste ultime settimane si è ripresentata con forza, tanto da mettere in dubbio la sua presenza nella prima partita dei Socceroos al Mondiale.
Sugli esterni dovrebbero giocare Martin Boyle, leggenda degli Hibernians in Premership scozzese, e Mathew Leckie, una vita all’Hertha Berlino e da due stagioni tornato in A-League con il Melbourne City FC. Le alternative non sono tantissime. Durante la partita potrebbero trovare spazio Awer Mabil, discontinuo esterno offensivo che gioca allo FC Cadiz in Liga, e Craig Goodwin, giocatore a tutta fascia dell’Adelaide United con un discreto passato in Eredivisie. Davanti la maglia della punta centrale sarà affare a due tra Jamie Maclaren, quattro volte capocannoniere della A-League, di cui le ultime tre di fila, che avrebbe meritato miglior fortuna in Europa, e Jason Cummings, talento a livello giovanile in Scozia mai sbocciato e con una carriera da onesto mestierante dell’area di rigore.
La sorpresa e grande speranza dei tifosi australiani porta il nome di Garang Kuol, esterno offensivo di centrocampo classe 2004, che ha già giocato 12 partite in A-League mettendo a referto 4 goal e 3 assist. Il suo talento è strabordante e da gennaio lo vedremo in Europa con la maglia del Newcastle United che lo ha comprato per soli 350.000 dollari dai Central Coast Mariners di A-League. Kuol rappresenta la punta di diamante di una generazione di giovani e giovanissimi di qualità che sta spingendo per farsi spazio e che potrebbe regalare al calcio australiano almeno un decennio di gloria mai visto in precedenza. Un nome su tutti, quello di Nestory Irankunda, attaccante classe 2006, che ha esordito a soli 15 anni in A-League segnando 3 reti in 16 partite. Con lui Mohamed Touré e Yaya Dukuli (Stade Reims) e Alou Kuol (Stoccarda) il futuro dei Socceroos pare luminoso. Per questo suona ancora più stonata la scelta di Cristian Volpato (Roma) che ha declinato la convocazione di Arnold. Il giovane austro-italiano è così sicuro di avere spazio e futuro nella rosa dell’Italia che sarà?
Chissà che questo Mondiale non segni un nuovo inizio per il calcio australiano (Foto: Robert Cianflone/Getty Images – OneFootball)
In questo Mondiale l’Australia è destinata a uscire al termine della fase a gironi. L’unica partita che potrebbe portare qualche punto è quella con la Tunisia. Per il resto si prevedono due sconfitte con Francia, partita d’esordio per i Socceroos, e Danimarca.
Sulla scia del sorprendente Europeo, la Danimarca ha ampiamente dominato il proprio girone di qualificazione: escludendo l’irrilevante sconfitta all’ultimo turno contro la Scozia, sono arrivate nove vittorie con 30 gol fatti e solo uno subito.
Anche nella recente Nations League, al di là dei risultati – tra cui due vittorie un po’ episodiche contro la Francia e due sconfitte di misura contro la Croazia – la squadra di Kasper Hjulmand ha dimostrato di potersela giocare contro qualunque avversaria, grazie a un gruppo e a un’identità di gioco ormai ben consolidati.
A una solida ossatura di calciatori esperti, nei suoi due anni di lavoro il CT ha gradualmente integrato alcuni volti nuovi. L’ottima salute di cui gode il movimento calcistico danese è stato certificato anche dal percorso della nazionale U21 agli Europei di categoria dello scorso anno, dove venne eliminata ai rigori dalla Germania (poi vincitrice) dopo aver chiuso il girone a punteggio pieno.
A prescindere dai singoli, comunque, il vero punto di forza della Danimarca risiede in un’organizzazione tattica di alto livello per il calcio delle nazionali, che nel torneo continentale le ha permesso di arrivare a un passo dalla finale senza il proprio miglior calciatore e di cambiare frequentemente sistema di gioco, anche a partita in corso.
Davanti all’intoccabile Kasper Schmeichel, Hjulmand ha alternato difesa a tre e a quattro. La prima soluzione – con Kjær tra Christensen e Andersen, tutti piuttosto abili nella gestione del pallone – permetterebbe agli esterni bassi di spingersi in avanti con più continuità. A sinistra in particolare ci si augura che Joakim Mæhle ripeta le straordinarie prestazioni dell’Europeo, quando regalò due gol e un assist e venendo inserito nella top-11 della competizione.
Sulla destra sono in ascesa le quotazioni di Alexander Bah, che grazie a doti atletiche dirompenti e buona tecnica si è rapidamente guadagnato la titolarità nel Benfica dove però è solito partire largo, mentre in nazionale la soluzione in ampiezza è di solito fornita dall’esterno alto Skov Olsen – o dal sostituto Robert Skov: più probabile quindi che il terzino titolare sia uno tra Rasmus Kristensen del Leeds e l’esperto Daniel Wass del Brøndby, entrambi propensi a occupare zone più centrali, lasciando la fascia all’ex-Bologna, pupillo del CT dai tempi del Nordsjaelland.
A centrocampo è praticamente certo l’impiego dall’inizio dei mediani Højbjerg e Delaney – con Mathias Jensen e Christian Nørgaard del Brentford come primi cambi – a formare una cerniera centrale che consenta a Christian Eriksen di muoversi con una certa libertà.
In una squadra dagli ingranaggi ben assemblati, il numero 10 è l’olio che lubrifica la manovra e dopo i nove mesi di assenza è subito tornato centrale per la sua capacità unica di gestire i tempi di gioco e trovare passaggi decisivi. La sua influenza è stata particolarmente evidente nell’ultima partita contro la Francia nella quale, pur abbassandosi spesso per aiutare la prima costruzione, è riuscito per ben 8 volte a mandare i compagni al tiro.
Il reparto con meno certezze è sicuramente l’attacco, dove nelle sei partite di Nations League il CT ha ruotato molto gli interpreti e l’overperformance realizzativa ha nascosto le difficoltà della squadra nel creare occasioni pulite: 9 gol segnati a fronte di 5,7 xG, di cui più della metà ottenuti nelle due sfide contro l’Austria.
Detto di Skov Olsen, per la maglia da centravanti i favoriti sono Jonas Wind e Kasper Dolberg. Il primo, potendo vantare una tecnica da dieci in un fisico da nove, è prezioso per come sa venire incontro e giocare spalle alla porta, ma pare non sia al meglio a causa di un problema alla coscia.
Dolberg negli ultimi mesi col Siviglia ha trascorso più tempo in panchina che in campo, ma agli Europei si era guadagnato il posto segnando 3 volte ed è andato in gol anche nell’ultima partita di Nations League contro la Francia, su assist di Mikkel Damsgaard; superati i problemi muscolari che lo hanno tenuto fermo per quasi tutta la scorsa stagione, l’ex-Samp finora non ha giocato moltissimo nel Brentford ma, soprattutto in assenza di Wind, con la sua tecnica nello stretto è una delle principali fonti creative in rosa.
Dovrebbero partire più indietro nelle gerarchie Yussuf Poulsen, Martin Braithwaite e Andreas Cornelius, che ha dalla sua la doppietta con cui ribaltò da subentrato la partita di andata contro la Francia, a giugno.
Chi invece ha iniziato alla grande la stagione è il 22enne Jesper Lindstrøm che, al secondo anno con l’Eintracht, ha già segnato 8 gol in 22 partite e può rappresentare un jolly tatticamente interessante: centrocampista offensivo dinamico e veloce, è molto abile negli inserimenti senza palla e dotato di un ottimo tiro.
La non più rivelazione Danimarca di Hjulmand è pronta a stupire anche ai Mondiali (Foto: Ritzau Scanpix/Getty Images – OneFootball)
Per la Danimarca sarà molto importante vincere la partita di esordio di martedì 22 contro la Tunisia, per non arrivare con l’acqua alla gola al big match contro la squadra di Deschamps, che presumibilmente sarà più agguerrita rispetto ai recenti incontri, anche perché la seconda classificata dovrà poi sfidare la prima del gruppo C, quello dell’Argentina.
Maignan, Kimpembe, Kanté, Pogba, Nkunku a cui si aggiunge un’altra mezza dozzina di nomi più e meno importanti, e soprattutto l’ultimo in ordine di tempo a dare forfait, il neo pallone d’oro Karim Benzema. Questa è la lista delle assenze per infortunio abbattutasi sulla nazionale dei Les Bleus, quanto sarebbe bastato ad escludere dal novero delle candidate alla vittoria finale qualsiasi compagine. Il fatto che la Francia sia ancora a tutti gli effetti una candidata al titolo basta a rendere l’idea dell’abnorme quantitativo di talento a disposizione di Didier Deschamps.
I campioni in carica arrivano a questi Mondiali con il solito mix di turbolente polemiche tra campo e non tipico delle spedizioni francesi. Sul fronte sportivo alla cocente delusione dovuta al testacoda avuto con la Svizzera all’Europeo è seguita un’altrettanto sconfortante campagna in Nations League – competizione della quale non frega una ceppa a nessuno a meno che tu non vi fallisca miseramente -, rischiata di terminare addirittura con una retrocessione che avrebbe avuto del clamoroso. Al di là dei risultati a preoccupare è stata soprattutto la mancanza di continuità nella proposta di gioco, un aspetto in fin dei conti normale per una formazione che vive di fiammate come quella francese, ma che nelle ultime apparizioni è sembrata andare ad intermittenza in maniera fin troppo preoccupante.
L’auspicio è ovviamente quello di non ripetere tale copione, motivo per il quale Deschamps si affiderà ad un undici in grado di garantirgli maggiore rettitudine. Lo schieramento sarà con ogni probabilità l’ormai classico 3-4-2-1 (tramutabile in un 4-2-3-1 a seconda degli interpreti in campo), meno chiari sono invece i nomi di chi andrà ad occupare tali piazze nello scacchiere. I dubbi sono soprattutto su chi difenderà la porta di Lloris. Seppur recuperato dal primo minuto, Varane potrebbe inizialmente essere tenuto a riposo in via precauzionale, spalancando così le porte del centro difesa a Dayot Upamecano, affiancato sulla sinistra da Lucas Hernandez e sulla destra da uno tra Saliba e Koundè, con il primo difficilmente tenibile fuori dopo il grandissimo inizio di stagione con l’Arsenal. A sgroppare rispettivamente a destra e sinistra saranno invece Pavard e l’altro Hernandez, a meno che Deschamps non opti per la difesa a 4, in quel caso Theo potrebbe essere sacrificato lasciando il posto di terzino sinistro al fratello maggiore, da cui trarrebbe beneficio una delle ali in rosa (Coman, Dembelè).
Lo stato di forma lasciato intravedere nell’ultimo periodo lascia intendere che una delle due piazzole in mezzo al campo non possa che essere appannaggio di Adrien Rabiot, mentre per l’altro posto sarà staffetta tra i due madridisti Tchouaméni e Camavinga, con il 22enne ex Monaco apparentemente in vantaggio per una maglia da titolare.
Scherzo del destino ha voluto che davanti ancora una volta capeggiasse il nome di Olivier Giroud, ad un tratto quasi messo da parte dal ct francese, che ora dovrà baciare terra per non aver commesso il madornale errore di lasciare il numero 9 del Milan a casa. Attorno a lui orbiteranno Antoine Griezmann e Kylian Mbappé, con la schiera di mezze punte e ali in panchina pronta a dare nuova linfa all’attacco, sia come subentro ai due che alla prima punta.
L’infortunio di Benzema spalanca oltretutto a Giroud le porte verso il traguardo di recordman di gol con la maglia della Francia (49 contro i 51 di Henry) nonostante i 0 gol messi a segno nella scorsa edizione, ma visto com’è andata a finire poi… (Foto :FRANCK FIFE/AFP via Getty Images – OneFootball)
Quello che attende la Francia sarà un Mondiale molto strano. Se nel 2018 i galletti erano considerati nettamente la nazionale più forte del torneo oltre che strafavorita per la vittoria finale, questa volta le premesse sono ben diverse. Nonostante ciò non sembra esserci qualcuno di nettamente più forte, motivo per il quale i sogni di ripetere la gloria di quattro anni fa sono più che leciti. Molto dipenderà naturalmente dai piedi del numero 10, che dopo l’infortunio di Benzema si ritrova sulle spalle tutto il peso di essere trascinatore morale e tecnico della squadra, ruolo in cui ad oggi non si è mai trovato del tutto a suo agio, ma cui non può sottrarsi in questa occasione. Verosimilmente l’ultimo step rimastogli per consolidare definitivamente il proprio status all’interno del panorama calcistico mondiale.
Detto questo come spesso capita il peggior nemico della Francia potrebbe rivelarsi la Francia stessa. Con un girone fin troppo agevole anche solo immaginare un suicidio in questa fase diventa impossibile, talché le possibili strade appaiono due: quella di un’eliminazione precoce contro una formazione rispettabile ma di livello nettamente inferiore in stile Svizzera, oppure un cammino che vedrà i galletti ancora una volta tra le prime quattro del mondo.
La Tunisia che si è qualificata al Mondiale è una squadra figlia di nessuno, caduta in un limbo che l’assorbe da tempo e rende le aquile di Cartagine una delle nazionali più misteriose al mondo: una tradizione calcistica di tutto rispetto, un campionato nazionale vivace e un bacino di giocatori proveniente anche dalle diaspore del popolo tunisino; eppure i risultati sono modesti. Lontani i fasti del decennio 1996-2006 (tre qualificazioni di fila al Mondiale e una Coppa d’Africa vinta nel 2004), tuttavia la squadra resiste ai vertici del calcio africano senza brillare ed è 30ª nel ranking FIFA. All’ultima rassegna continentale è arrivata ai quarti più per caso che per meriti, eliminata dal sorprendente Burkina Faso, e anche l’approdo in Qatar è stato raggiunto col minimo sforzo: contro il Mali allo spareggio è bastata un’autorete nella sfida d’andata.
Guardando i convocati ci si accorge del mix di giocatori che sono stati scelti, più disomogeneo rispetto alle altre nazionali africane: Jalel Kadri, che ha sostituito Kebaier dopo avergli fatto da assistente per tre anni, ha guardato in diverse direzioni per arrivare ai 26. Ha convocato otto giocatori del campionato nazionale, suddivisi equamente tra le big seguendo una specie di manuale Cencelli. Ha guardato poi verso il vicino est, con sette giocatori sparsi tra Egitto e campionati del Golfo. Infatti la Tunisia è una delle poche squadre che ha giocatori nel campionato qatariota e non parliamo di giocatori qualunque. Youssef Msakni, attaccante esterno di 32 anni e capitano della squadra, gioca a Doha da dieci anni e oggi è la stella dell’Al-Arabi, gloria decaduta del calcio locale che sta provando a riprendersi il proprio posto. Ciò dovrebbe garantire il sostegno del pubblico di casa, in giornate in cui si parla molto di tifosi prezzolati almeno la Tunisia dovrebbe averne di veri, seppur acquisiti per strada.
E comunque di tifosi tunisini se son visti già svariati (Foto: Francois Nel/Getty Images – OneFootball)
A completare la lista tutta la pattuglia dei calciatori militanti in Europa, sparsa tra diversi campionati: da una parte l’esperienza di giocatori come Talbi, Skhiri e Khazri che costituiscono l’ossatura della rosa; dall’altra due giovani che sono il presente e il prossimo futuro del calcio tunisino. Il primo nome da segnarsi è quello di Hannibal Mejbri, di proprietà del Manchester United e spedito al Birmingham City a farsi le ossa. Giocatore in grado di districarsi sia in mediana sia sulla trequarti, con doti di passaggio e movimenti tra le linee, è al punto in cui deve raggiungere la maturità e potrà farsi notare a gara in corso. Anis Ben Slimane, classe 2001 del Brøndby, invece il posto da titolare ce l’ha assicurato e da lui ci si aspetta molto. In Danimarca ha completato la sua formazione, diventando un centrocampista completo e dalle grandi doti atletiche: su di lui, in passato, si è parlato di un interessamento dell’Arsenal. Gli manca un pochino di spunto in zona gol ma il potenziale è indubbio: da lui passeranno le speranze di ben figurare in un girone che comprende Francia, Danimarca e Australia.
L’obiettivo della Tunisia è quello di raggiungere almeno una vittoria, confermando quanto fatto in Russia dove con la vittoria contro Panama ha interrotto un digiuno che risaliva ad Argentina ‘78. Dal punto di vista tattico è una squadra che alterna 4-3-1-2 e 4-3-3, molto dipende da Khazri che può giocare sia da esterno sinistro sia alle spalle degli attaccanti. Il suo punto forte resta l’organizzazione difensiva: nelle ultime nove gare ufficiali, tra amichevoli e qualificazioni per la Coppa d’Africa, ha subito gol solo dalla Seleção. Il netto 5-1 dello scorso settembre è l’eccezione di una formazione che con Kadri ha messo in luce un’attitudine importante: magari non segno molto ma subisco pochissimo.