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·18 dicembre 2024
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Pedro Mariani, al secolo Pietro, è uno dei ragazzi del Fila. Vale dire uno dei calciatori del Torino di quella generazione che era solita allenarsi nel centro sportivo – il Filadelfia per l’appunto – un tempo di Valentino Mazzola e gli Invincibili. Pedro Mariani è però anche uno di quei giocatori (caratteristica che accomuna proprio tutti ragazzi del Fila non a caso) rimasto per sempre affezionato ai colori granata e all’esperienza all’ombra della Mole.
Per CalcioNews24 quest’oggi abbiamo avuto il piacere di intervistare l’ex talento, tra le tante anche di Brescia, Bologna e Venezia. Dagli aneddoti del suo passato in Piemonte, all’attuale gestione del tecnico del Toro – nonchè suo compagno in laguna Paolo Vanoli – e la contestazione dei tifosi che sempre a Torino vede protagonista il patron del club Urbano Cairo. Sguardo conclusivo sul campionato, lotta scudetto e naturalmente la nazionale italiana.
Buongiorno Pedro. Lei ha vestito maglie di diverse compagini del panorama calcistico italiano, ma ha sempre asserito come quella del Torino sia ‘diversa’ dalle altre. Ci spiega?
«Io sono arrivato al Torino che avevo 12 anni – ero un ragazzino – e sono andato via che ero un uomo…già questo per me la dice lunga. Poi il Toro è una società unica, diversa: incarna dei valori, una fede, uno spirito che io non ho visto e riscontrato da altre parti. È unica nel suo modo di essere, anche per episodi ahimè tristi. Questo spirito indomito, questo popolo che c’è sempre a prescindere dai risultati… è stata una cosa ‘a pelle’. Poi vivere una ‘scoria’ del Grande Torino…»
Ci dica…
«Mi sono allenato e ho giocato nel vecchio Filadelfia…quella è un’emozione molto forte, molto grande, una cosa che ti segna. Spogliarsi nei loro spogliatoi, posizionare le scarpe nel loro armadietto…a un ragazzo che stava crescendo trasmette molto. Ho sentito sempre forte la loro presenza, quindi ero portato a dare ancora di più. Ho avvertito che lì bisognava fare sempre il massimo. Io rappresentavo gli Invincibili! Puoi non vincere a volte certo, ma non puoi non mettere l’impegno».
Ci racconta come ha fatto un giovanissimo Mariani a conquistare la fiducia di un gigante della storia del Torino quale Gigi Radice?
«E’ stata una grande emozione. Io ho esordito veramente molto giovane, avevo 17 anni. Immagina l’equivalente di un 2007 che esordisce e prende il posto di Pulici, Radice ha avuto certamente coraggio. Io devo tutto a Radice perché ha creduto in me, poi io ovviamente in Primavera mi ero contraddistinto. Però certo, prendevo il posto del più amato giocatore della storia del Torino. Io a Radice devo tutto…poi l’ho rincontrato nella mia carriera anche a Bologna!».
Passiamo da un allenatore del Torino all’altro, come valuta l’approdo di Vanoli sulla pachina sabauda?
«Buonissimo, io Vanoli l’ho conosco dai tempi del Venezia. Conosco il suo percorso, lui ha fatto una gavetta incredibile, sia in Italia che all’estero. Per me col Torino sta facendo bene, al netto naturalmente del livello della squadra. I granata non erano quelli da primi in classifica, ma nemmeno quelli da sette sconfitte di fila. Però vanno considerati gli infortuni, una rosa in parte monca e alcuni giocatori forse non dal livello del Toro…19 punti non sono pochi considerando tutto quello che è successo. Io credo che se aggiusteranno la rosa e rientrerà qualche infortunato il Torino con Vanoli in futuro potrà dire la sua. Lui è un grande lavoratore e sa fa giocare bene le squadre, basti vedere come giocava a inizio campionato».
Inutile girarci intorno, questi primi mesi dell’esperienza vanoliana a Torino sono stati caratterizzati da una forte contestazione nei confronti del presidente Cairo. Questo genere di avvenimenti può influire sul rendimento dei calciatori?
«Eh, è difficile. Lo so bene, un calciatore risente dell’ambiente. È come – per fare una metafora – se in casa i figli hanno o meno un ambiente gioviale e sereno con i genitori…quello fa la differenza. E ti dirò di più, a volte per i calciatori può diventare anche un po’ un alibi, perché siamo delle bestie strane (ride, ndr). Io mi auguro che la società decida cosa voglia fare da grande, sono passati tanti anni e secondo me il Toro merita qualcosa di più. Una programmazione, una gestione diversa».
Si è parlato di voci di cessione del club, poi puntualmente smentite…
«Se deciderà di rimanere bene, ma allora dovrà svoltare, fare il presidente meglio di come lo sta facendo adesso. Se invece lascerà dovrà farlo in buone mani, perché il Toro è un patrimonio italiano se non mondiale! Il Toro non merita di essere dodici-tredicesimo, merita di provarci ad andare in Europa. Il Toro ha una storia, una società che in passato ha vinto o sfiorato trofei e che quando andava male arrivava tra le prime sei. Dovrà (Cairo, ndr) fare e dare di più, o altrimenti come dicevo lasciare. Anche perché essere il presidente del Toro non vuole dire essere presidente di una squadra normale, basta vedere i presidenti del passato».
Allarghiamo per un istante gli orizzonti alla Serie A più in generale, qual è la sua disamina su questa prima parte di campionato?
«Il campionato italiano mi sembra si stia nuovamente alzando di livello. Basti vedere come – Roma a parte – tutte le big siano lì che più o meno lottano. Ma anche le cosiddette squadre di ‘media classifica’ sono capaci di dare del filo da torcere alle più grandi. Guardiamo il Lecce o l’Udinese ad esempio, lo stesso Torino o ancora Bologna e Verona…sono capaci di costruire prestazioni di livello con tutti. Devo dire che è un campionato avvincente, forse è da un po’ che non vedevamo un campionato così combattuto e qualitativamente di così alto livello»
Quindi nel podio scudetto di Mariani mettiamo chi troviamo?
«Ad oggi mi sento di dire che Atalanta, Napoli ed Inter siano le tre più accreditate. Questa Atalanta in modo particolare è la squadra da temere. Perché? Perché ha cambiato tanto e dopo una partenza un po’ indecisa è riuscita a inserire nuovi giocatori e trovare una quadra. Qualora l’Inter, ad esempio, avesse perso a Roma contro la Lazio è normale che i punti di distacco avrebbero iniziato a farsi sentire…e sai, rimontare 5-6 punti a questa Atalanta non sembra un’impresa da poco. Io quindi ad oggi vedo queste tre, subito dopo la Lazio e la Juve, con i bianconeri che – magari con qualche aiuto a gennaio – proveranno a trovare la giusta quadra. Ad oggi Atalanta, Napoli ed Inter mi sembrano, vuoi per completezza della rosa vuoi per forma, le più accreditate a battagliare per lo scudetto».
E il riverbero di questo rinnovato ‘splendore’ del campionato italiano può far bene alla Nazionale di Luciano Spalletti?
«Si, assolutamente! Nel campionato c’è più competizione, si è alzato il livello, e molti calciatori sono tornati a giocare anche meglio. Tutti quelli in Nazionale sembrano aver trovato una marcia in più e a sua volta la Nazionale sembra aver trovato una quadra. Anche lo stesso Spalletti ha rivisto alcune cose, ha fatto un mea culpa, rivendendo alcune cose dal punto di vista tecnico-tattico e non solo. Allenare una Nazionale non è come un club, vanno assemblati giocatori diversi, con metodi di allenamento diversi… mentalità diverse. Però ecco, sembra anche lui aver trovato una quadra. Però si, certamente questo campionato così importante, bello e qualitativo può giovare anche alla Nazionale italiana»
Per chiudere, l’abbiamo sentita affermare di recente in una trasmissione che avete ancora una chat Whatsapp con tutti i ragazzi del Filadelfia, ci conferma questo aneddoto?
«Sì, abbiamo una chat whatsapp dove ci teniamo ancora in contatto! Sono passati davvero tanti anni, qualcuno l’abbiamo perso per strada… però noi lì ci sentiamo, ci diamo il buongiorno, commentiamo le partite, il campionato. Ogni tanto pubblichiamo delle cose del passato e a volte ci prendiamo perfino in giro (ride, ndr). Stiamo mantenendo vivo quello che è stato per noi un periodo bellissimo. Non ci siamo mai più lasciati dai tempi!»
Si ringrazia Pietro ‘Pedro’ Mariani per la disponibilità e la gentilezza mostrate in questa intervista.
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