Maradona mito senza erede: i "nuovi Diego", tra campioni, talenti incompiuti e flop spesso passati in Italia | OneFootball

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Il Posticipo

·25 novembre 2020

Maradona mito senza erede: i "nuovi Diego", tra campioni, talenti incompiuti e flop spesso passati in Italia

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Ogni calciatore di talento sbocciato in Argentina ha rischiato di sentirsi definire "il nuovo Maradona". E alcuni sono anche passati per la Serie A.

Nuovo Maradona


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(Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

Per chi è argentino, è nato dopo il 1978 e gioca a calcio, c’è modello non semplice da eguagliare Diego è e sarà sempre Diego, e non c’è neanche bisogno del cognome. Ogni singolo calciatore di talento sbocciato in Argentina ha rischiato di sentirsi definire “il nuovo Maradona” dai giornali o dalla TV. È capitato anche a Fernando Forestieri, per gli argentini El Topa, che arriva in Italia nel 2005 al Genoa con quella tanto interessante quanto pesante etichetta. Per lui, nonostante le aspettative, una carriera modesta, che ora lo riporta all’Udinese, dove ha già giocato molti anni fa. Il classe 1990 è solo uno dei tanti connazionali che nel corso degli anni (anzi, dei decenni) sono stati il nuovo Diego. Alcuni sono anche passati per la Serie A. Molti hanno deluso, altri hanno avuto carriere importanti. E solo uno (forse) ha davvero rispettato il paragone.

Flop

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(©Wikipedia)

Il primo nuovo Maradona è Diego Latorre, che viene…eletto erede del Diez nel 1989, quando Diego è ancora al Napoli.  Punti a favore: il nome e la squadra di provenienza, il Boca Juniors. Punti a sfavore, la carriera: nel 1991 lo acquista la Fiorentina, che prima lo lascia in prestito agli Xeneizes e poi lo schiera solo due volte nella stagione in cui retrocede in Serie B. Non esattamente il miglior segnale possibile di aver ingaggiato l’erede del Diez. Il resto dei suoi anni calcistici, Latorre lo spende tra Spagna, Argentina e qualche sporadica capatina in Centroamerica.

Burrito

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Mandatory Credit: Gary M Prior/Allsport

L’altezza, non eccelsa, c’era. Un po’ di sana locura anche. Giocava con il River, ma come si dice, non tutte le ciambelle riescono col buco. Ariel “El Burrito” Ortega, con un soprannome (l’asinello) che già segnala una certa forza caratteriale, è uno di quelli che forse ha dato più ragione a chi nel lontano 1992 lo aveva paragonato a Diego. Una lunghissima carriera fatta di alti e bassi, di lampi di classe e di colpi di testa, più figurati che reali, che lo porta anche in Serie A, con le maglie di Parma e Sampdoria, e che termina nel 2012 dopo non essere stato convocato per i Mondiali 2010…da Maradona.

Payaso

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(Photo by Christian Fischer/Bongarts/Getty Images)

Nel 1998 spunta Pablo Aimar. Anche El Payaso arriva dal River e con il Diez condivide una passione sfrenata per il dribbling e una spiccata capacità di dettare l’ultimo passaggio. Probabilmente difetta un po’ di…huevas, il che gli pregiudica il definitivo salto di qualità, ma non gli impedisce di avere un’ottima carriera in Europa tra Valencia (con cui nel 2004 si aggiudica da protagonista un Triplete sui generis, Liga, Europa League e Supercoppa Europea) e Benfica.

Male in Europa

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(Photo by Henri Szwarc/Bongarts/Getty Images)

Altro anno, altro erede. Nel 1999 è Marcelo “El Muñeco” Gallardo, attuale allenatore del River, l’ennesimo nuovo Maradona, grande in patria ma che ha fallito all’impatto con la realtà europea. Membro dell’Under-23 argento ai Giochi Olimpici di Atlanta, con il River Plate Gallardo sbanca il campionato nazionale, vinto sei volte, e sbarca al Monaco. I primi due anni nel Principato sono splendidi, con tanto di vittoria nella Ligue 1, ma poi i dissapori con il tecnico Deschamps lo portano a tornare a casa. Un’altra fallimentare esperienza in Francia (al PSG) certifica le difficoltà continentali del numero 10.

Meteora granata

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(Photo by Grazia Neri/Getty Images)

Il primo nuovo Maradona del terzo millennio è Carlos Marinelli. Chi? Ecco, appunto. Marinelli di Maradona ha solo il volto tatuato sul braccio, eppure in Italia qualcuno se lo dovrebbe anche ricordare, dato che ha vestito in due distinte occasioni la maglia del Torino. Per il resto una carriera costellata di infortuni e da eterno incompiuto. Al punto che assieme a Forestieri è l’unico di quelli ad essersi beccato l’investitura a non aver mai vestito la maglia dell’Albiceleste.

Grande illusione

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(Photo by Denis Doyle/Getty Images)

Nel 2001 brilla invece la stella di Javier Saviola. El Conejo illude un po’ tutti, compreso Pelè che nel 2004 lo inserisce nei 125 migliori calciatori viventi. Gran bella esagerazione, perchè nonostante un palmares molto ricco e tante squadre importanti, Saviola non ha mai recitato il ruolo da protagonista del calcio mondiale che sembrava destinato a prendersi. E comunque di Maradona l’ex Verona aveva davvero poco, essendo molto più attaccante puro che fantasista.

Vero erede?

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(Photo by Koji Watanabe/Getty Images)

Chi non ricorda la Boba, l’improbabile finta stordente del Cabezon Andres D’Alessandro? Il classe 1982 condivide il soprannome con Sivori ed è l’unico ad aver ricevuto l’investitura ufficiale del Diez, che nel 2002 lo ha definito il calciatore che più gli somiglia. Beh, la carriera racconta un’altra storia, ma se si parla di stupire e far divertire in campo, D’Alessandro rischia di essere re incontrastato degli eredi di Diego. Attualmente è una bandiera dell’Internacional de Porto Alegre, dove continua a dispensare talento e follia in egual misura.

Ultimo 10

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(Photo by Photogamma/Getty Images)

L’ultimo dei veri numeri 10, el Mudo Roman Riquelme rinuncia al dribbling come scelta di vita, ma colora il suo calcio di passaggi impensabili per i comuni mortali e con traiettorie imprendibili per i portieri di due continenti. L’esperienza al Barça dura poco ed è deludente, ma al Villarreal Riquelme trova la sua dimensione e guida il Sottomarino Giallo quasi alla finale di Champions, salvo sbagliare un rigore decisivo nella semifinale contro l’Arsenal.

Apache

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(Photo by Shaun Botterill/Getty Images)

Carlos Tevez, basta il nome. Una bacheca sterminata, con trofei accumulati con le maglie di Boca Juniors, Manchester (sia United che City) e Juventus, un livello di classe fuori dal comune e anche un caratterino niente male. Se non ci fosse qualcuno di cui si parlerà a breve, l’Apache rischierebbe di vincere il concorso per distacco, anche per la personalità spiccata che gli ha sempre permesso di divenire uno dei leader indiscussi delle squadre in cui ha giocato. Anche nell’Argentina di Maradona, di cui è risultato il miglior giocatore nel Mondiale 2010.

Il migliore

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Ma ovviamente se c’è qualcuno che si è avvicinato (e forse da qualche punto di vista ha anche superato) al Diez, altri non può essere che Lionel Messi da Rosario, sei Palloni d’Oro, quattro Champions League e una serie di record che ci vorrebbe una giornata per elencarli tutti. Eppure… eppure anche Leo, con la sua carriera costellata di successi, non ha ancora raggiunto Maradona. Manca il mondiale, quello sfuggito in diverse occasioni alla Pulce. Ultima chiamata, Qatar 2022.

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