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Andrea Agostinelli·17 agosto 2018

🕰️ L'ultima volta in cui la Juventus non vinse nulla

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Cronistoria della stagione 2010/2011.

In un’intervista rilasciata a La Stampa e pubblicata dal quotidiano torinese il 29 aprile 2010, John Elkann ufficializza un cambio radicale nella dirigenza della Juventus annunciando suo cugino Andrea Agnelli come nuovo presidente bianconero.


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Sono passate poco meno di due settimane dal termine della stagione 2009-2010, la più disastrosa della storia recente juventina: settimo posto in campionato, eliminazione nella fase a gironi della Champions League dopo la sconfitta casalinga per 4-1 contro il Bayern Monaco, eliminazione ai quarti di finale di Coppa Italia contro l’Inter che costa la panchina a Ciro Ferrara, squadra affidata ad Alberto Zaccheroni ed eliminata dal Fulham agli ottavi di finale di Europa League.

“La distanza dai rivali che si è creata in questi anni, richiede un percorso complesso – dichiara Agnelli in una lettera aperta a tutti i tifosi bianconeri – Ecco perché l’acquisto più importante della Juventus 2010-2011 è senz’altro Giuseppe Marotta, uomo di calcio e grande conoscitore sia del mercato sia dei complessi meccanismi gestionali di una società sportiva”.

Marotta, dopo cinque anni spesi a Genova, sponda blucerchiata, arriva in bianconero portandosi con sé il suo braccio destro Fabio Paratici e il tecnico Luigi Del Neri, artefice dell’inattesa qualificazione in Champions League della Sampdoria e voluto fortemente sulla panchina della Juventus dallo stesso Agnelli.

Il compito del nuovo direttore generale è dei più ardui: costruire una squadra che possa competere per la qualificazione in Champions League e allo stesso tempo disfarsi di quei giocatori che non sono più funzionali per il progetto. In alcuni casi si tratta di un lavoro semplice: il prestito di Tiago all’Atletico Madrid, ad esempio, viene confermato sulla base di un compenso di 500mila euro, Trezeguet e Camoranesi salutano Vinovo dopo essere andati a scadenza di contratto mentre viene sciolta a favore del Genoa la comproprietà di Domenico Criscito.

Per altri (leggi Diego) Marotta deve invece ricorrere a tutta la sua diplomazia. Il trequartista brasiliano, dopo una stagione più anonima che deludente, viene rispedito in Bundesliga, per la precisione al Wolfsburg: affare da 15 milioni di euro, quasi dieci meno di quelli spesi nell’estate precedente, ma fondamentale per gettare le basi in vista di una nuova trattativa che si svilupperà nel corso del mercato invernale.

Per altri ancora (leggi Felipe Melo) si rivela una missione impossibile. Il centrocampista, complice anche un mondiale disastroso chiuso con l’espulsione per un pestone ai danni di Robben, non trova alcun acquirente e così, pur contro la volontà dello spogliatoio e della dirigenza, resta a Torino.

In entrata ci sono tre grande colpi, uno per reparto. Dal Bari arriva per 15 milioni Leonardo Bonucci, giovane difensore di scuola Inter, già nel giro della Nazionale, reduce dalla sua prima stagione in Serie A agli ordini di Gianpiero Ventura.

A centrocampo si lavora prevalentemente per rinforzare le fasce. Per questo motivo Lanzafame rientra dal prestito al Parma, per 12 milioni viene acquistato dal Catania El Malaka Martinez, dall’Udinese arriva Simone Pepe ma il vero colpo è un serbo dalla folta chioma bionda proveniente dal CSKA Mosca: si tratta di Milos Krasic.

Negli ultimi giorni di mercato, poi, Marotta piazza anche un altro affare a sorpresa: dal Napoli, infatti, arriva Fabio Quagliarella al termine di una trattativa lampo che fa infuriare i tifosi napoletani ma che anni dopo si scoprirà avere delle radici extracalcistiche.

INIZIO STAGIONE

Archiviata la parentesi dei due turni preliminari di Europa League con quattro vittorie in altrettante partite e la qualificazione alla fase a gironi, la Juventus debutta in campionato al San Nicola di Bari il 29 agosto. Del Neri schiera la sua squadra con il 4-4-2. Buffon non c’è a causa di un’operazione all’ernia del disco cosí quel pomeriggio è Storari a dover raccogliere dal fondo della rete il pallone scagliato all’incrocio dei pali da Massimo Donati. È l’unico gol della partita e infligge alla Juventus una sconfitta alla prima giornata di campionato per la prima volta dal 1982.

“Krasic deve abituarsi a questo tipo di gioco ma ora va via per altri 15 giorni e non possiamo lavorare con lui – afferma con un filo di preoccupazione Del Neri nel dopo partita – Noi dobbiamo crescere di condizione. La Juventus deve abituarsi a restare più concentrata quando affronta squadre come il Bari, squadre che lottano di più e che hanno più verve”.

Un appello che cade nel vuoto dato che la sua squadra continua a dare segni di sofferenza. Le prime due uscite casalinghe, intervallate da una vittoria per 4-0 sul campo dell’Udinese, sono un pareggio per 3-3 con la Sampdoria e una pesante sconfitta per 3-1 contro il Palermo che apre definitivamente la prima crisi stagionale.

“Siamo da scudetto? No. Da scudetto sono altre squadre, noi dobbiamo pensare a lavorare” dichiara amareggiato Del Neri ma fortunatamente per lui, la settimana seguente Krasic spegne sul nascere ogni polemica con una tripletta che piega il Cagliari e permette ai bianconeri di preparare al meglio la partita contro i campioni d’Italia in carica, l’Inter di Rafa Benitez.

A San Siro finisce 0-0 ed è il secondo passo di una striscia di 13 partite consecutive senza sconfitte, il cui picco viene raggiunto la sera del 30 ottobre con la vittoria per 2-1 in casa del Milan. Non solo. Il 12 dicembre la Juventus si impone per 2-1 sulla Lazio e sale al secondo posto in classifica.

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Nell’arco di tre mesi Del Neri è riuscito a trovare una formula base che permette alla sua squadra di essere solida a livello difensivo, pericolosa in fase offensiva ma soprattutto vincente. Come detto il sistema base è il 4-4-2 ma la chiave di volta è l’utilizzo di Marchisio come esterno sinistro. Con questa mossa il tecnico si garantisce equilibrio a metà campo dato che il centrocampista azzurro di fatto, con Aquilani e Felipe Melo, va a comporre una linea a 3 che scarica da ogni compito difensivo Krasic, libero a quel punto anche di muoversi fra le linee come trequartista.

In attacco, complice il rendimento sotto le attese di Amauri e la scelta di utilizzare Alessandro Del Piero come dodicesimo uomo, la coppia titolare è formata da Iaquinta e Quagliarella, il capocannoniere bianconero con nove gol. Gli ultimi due sono altrettanti colpi di genio che confermano una volta di più le sue straordinarie capacità balistiche.

A Catania, con il risultato sul 2-1 per gli uomini di Del Neri, ruba palla al limite dell’area a Biagianti e senza pensarci un attimo lascia partire un destro a giro che beffa sul primo palo un mal posizionato Andujar.

Due settimane dopo, resiste alla trattenuta di Andrea Mantovani e facendo perno sulla gamba sinistra si coordina per una rovesciata che permette alla Juventus di sbloccare il risultato sul campo del Chievo.

Con una vittoria la squadra di Del Neri resterebbe in scia del Milan ma sull’ultimo pallone della partita Sorensen è in ritardo nella diagonale su Pellissier e il centravanti clivense sfrutta la spizzata di Granoche per il gol del definitivo 1-1, un pareggio che fa scivolare i bianconeri al quarto posto.

LA SVOLTA (NEGATIVA) DI GENNAIO

Nonostante la battuta d’arresto finale e l’eliminazione in Europa League dopo sei pareggi in altrettante partite, Del Neri è fiducioso per il futuro tanto che in un’intervista rilasciata a Repubblica dichiara: “Noi puntiamo a vincere ogni singola partita: lo scudetto non sarà facile da conquistare ma è alla nostra portata”.

Il problema è che 120 secondi dopo il fischio d’inizio di Juventus-Parma, prima partita del 2011, Fabio Quagliarella resta a terra in seguito ad un contrasto e immediatamente lancia urla di dolore strazianti. L’esito degli esami a cui verrà sottoposto nei giorni seguenti è impietoso: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. In poche parole, stagione finita.

Finisce dopo 12 minuti, invece, la partita di Felipe Melo che non apprezza la pressione fallosa di Paci e nella caduta rifila un calcio in faccia al difensore gialloblu. Per l’arbitro De Marco non ci sono dubbi: cartellino rosso.

È l’inizio della disfatta. In dieci uomini la Juve perde 4-1 sotto i colpi degli ex Giovinco e Palladino. Tre giorni dopo al San Paolo è Edinson Cavani a distruggere definitivamente i sogni di gloria bianconeri con una tripletta che spinge la squadra di Del Neri al settimo posto.

Con una sola vittoria in cinque partite a Gennaio, le uniche buone notizie arrivano dal mercato. L’obiettivo è uno solo: rinforzare l’attacco. Definito in 24 ore l’arrivo di Luca Toni dal Genoa per sostituire Quagliarella, Marotta cerca in maniera ostinata un secondo centravanti dato che gli infortuni muscolari cominciano a tormentare Iaquinta e Del Neri non ne vuole sapere di affidarsi ad Amauri, spedito in prestito al Parma. Per questo motivo bussa alla porta della Sampdoria per chiedere informazioni su Giampaolo Pazzini. La trattativa è lunga e sembra destinata a compiersi ma quando il centravanti sceglie Milano, sponda nerazzurra, il d.g. è costretto a virare su altre piste. La più calda porta al Chori Domínguez, esterno offensivo spagnolo del Valencia che negli anni a seguire diventerà famoso per via di un aneddoto hot sulle sue dimensioni raccontato in telecronaca da Sandro Piccinini.

Alle 14 del 31 gennaio la trattativa sembra chiusa ma poi Marotta, che nel frattempo ha strappato al Wolfsburg per soli 300mila euro Andrea Barzagli, chiama Massimo Cellino e definisce sulla base di 15 milioni l’acquisto di Alessandro Matri. L’impatto dell’ex centravanti rossoblu è devastante. Al suo debutto segna una doppietta proprio al Cagliari e una settimana dopo prende in controtempo Julio Cesar con un colpo di testa che permette alla Juventus di battere 1-0 l’Inter.

L’INIZIO DELLA FINE

Il peggio sembra essere alle spalle ma la settimana dopo a Lecce, Mesbah e Bertolacci condannano la squadra di Del Neri alla prima di tre pesantissime sconfitte consecutive.

La seconda porta la firma di un ex, Marco Di Vaio, mentre Gennaro Gattuso con quella che lui stesso definirà una ciofeca batte Buffon dal limite dell’area e permette al Milan di trovare quella che ad oggi è ancora l’ultima vittoria rossonera in casa della Juventus.

Con questa striscia negativa i bianconeri si trovano a 10 punti dal quarto posto occupato dalla Lazio e a -5 dal sesto posto occupato dalla Roma: l’obiettivo Europa ora è un miraggio. Per provare la rimonta, Del Neri si affida alla vecchia guardia, nella persona di Alessandro Del Piero. Il capitano si è messo alle spalle la telenovela relativa al suo rinnovo, rimandato in diverse occasioni ad inizio stagione ma promesso a febbraio dal presidente Andrea Agnelli, ed è pronto per caricarsi la squadra sulle spalle nel momento del bisogno.

Non è un caso che sia lui a fornire a Matri l’assist che permette alla Juventus di sbloccare il risultato sul campo del Cesena così come è sua la conclusione che si stampa sul palo prima che lo stesso Matri la ribadisca in rete con un colpo di testa in torsione.

Sembra tutto fatto ma la crisi è lontana dall’essere finita. Prima Buffon stende Parolo per il rigore che Jimenez trasforma nel momentaneo 1-2, poi Motta si becca il secondo cartellino giallo della sua partita per un fallo ingenuo ai danni di Giaccherini e per concludere Parolo beffa Buffon a dieci minuti dalla fine per il gol del definitivo 2-2.

È la goccia che fa traboccare il vaso. Al triplice fischio scatta la contestazione dei tifosi bianconeri; i cori più gettonati sono “Del Neri vattene!” e “Questa maglia non la meritate”. La società prova a stemperare gli animi aprendo ai tifosi bianconeri le porte del centro sportivo di Vinovo ma la settimana dopo all’Olimpico, in concomitanza con la sofferta vittoria per 2-1 sul Brescia, questa contestazione si tramuta in striscioni che attaccano senza mezze misure allenatore e dirigenza.

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“Del Neri è l’ultimo dei problemi, anzi non lo è proprio – tuona Gigi Buffon dal ritiro della Nazionale -. Non lo conoscevo, ci lavoro da 4 o 5 mesi e lo ritengo un grandissimo lavoratore, una persona seria. In un momento molto travagliato mantiene la lucidità e la linearità di comportamento di chi è navigato ed è bravo a non farsi travolgere”.

Buffon ha ritrovato a gennaio una maglia da titolare ma la crisi di risultati e il rapporto incrinato con i tifosi, che ne mettono in dubbio la sua integrità fisica, lo stanno portando a prendere una decisione clamorosa: lasciare la Juventus. Sullo sfondo, infatti, è nato un interesse reciproco con la Roma.

E proprio i giallorossi sono gli avversari della Juventus al rientro dalla pausa per la Nazionale in uno scontro diretto valido per l’accesso ai preliminari di Europa League. La squadra di Del Neri, che passa dal 4-4-2 al 4-2-3-1, soffre nel primo tempo e solo il salvataggio sulla linea di Chiellini evita il gol del vantaggio giallorosso. Nella ripresa Krasic e Matri confezionano la seconda vittoria consecutiva per i bianconeri, un successo che proietta i bianconeri a -2 dal sesto posto.

Con le rispettive vittorie su Udinese e Genoa la settimana successiva, il distacco fra Roma e Juventus resta di due punti a sei giornate dalla fine ma allo stesso tempo i bianconeri sono a soli sei punti dal quarto posto. Improvvisamente la Champions League non è più un miraggio. Per restare in scia di Lazio e Udinese è necessario vincere contro Fiorentina e Catania. Purtroppo per i bianconeri arrivano due pareggi: 0-0 al Franchi e 2-2 in casa contro gli etnei con la beffa della punizione dal limite di Lodi arrivata ben oltre i tre minuti di recupero concessi dall’arbitro Bergonzi.

A causa di questi risultati, l’unica speranza per la Juve di restare agganciata al treno dell’Europa è vincere in casa della Lazio la sera del 2 maggio. I bianconeri soffrono per 80’ poi Ledesma viene espulso e su una delle poche occasione della partita, Pepe fredda in diagonale Muslera per il gol che regala la vittoria alla Juventus.

Sarà l’ultima gioia stagionale. La settimana dopo, infatti, la squadra di Del Neri non approfitta della sconfitta della Lazio sul campo dell’Udinese e del pareggio casalingo della Roma contro il Milan nonostante Del Piero, alla sua rete numero 284 in bianconero, e Matri firmino il momentaneo 2-0 sul Chievo.

Ancora una volta la Juve si fa riagguantare in rimonta e, sul risultato di 2-2, solo un clamoroso errore di Uribe evita a Buffon di subire il gol più comico di tutta la sua carriera.

L’ultima mazzata ai sogni di gloria europei della Juventus, infine, la da il Palermo che il giorno dopo elimina il Milan in semifinale di Coppa Italia e si conquista l’accesso all’Europa League rendendo privo di senso il settimo posto occupato dalla squadra di Del Neri.

EPILOGO

Le ultime due giornate sono un supplizio. Al Tardini, la Juventus viene sconfitta 1-0 dal Parma per via di una sassata dal limite dell’area di Giovinco che regala la salvezza ai ducali. Una settimana dopo all’Olimpico, che per l’ultima volta ospita una partita casalinga della Juventus, c’è il Napoli di Walter Mazzarri: finisce 2-2 con l’unico gol in maglia azzurra di Cristiano Lucarelli.

Fra le due partite, però, arriva la conferma di una notizia nell’aria da tempo: “La Juventus mercoledì scorso mi ha comunicato che cambierà allenatore per il prossimo anno –  annuncia in conferenza stampa Luigi Del Neri – Accetto questa decisione anche se, torno a ripetere, rifarei le stesse scelte. La Juve non ha avuto il tempo di attendere un cambiamento e una crescita graduale”.

La lista dei suoi successori non è molto lunga, in pratica è composta da un solo nome, lo stesso che i tifosi bianconeri espongono in uno striscione il giorno dell’ultima di campionato.

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Le preghiere dei tifosi vengono ascoltate e il 31 maggio la Juventus annuncia Antonio Conte come nuovo allenatore.

“Vogliamo vincere, e vogliamo tornare a farlo con Antonio Conte – afferma Andrea Agnelli -. È lui il primo tassello di un mosaico per ritornare al successo”. Nella realtà dei fatti Conte è il secondo tassello perché una settimana prima, come un lampo a ciel sereno, Marotta ha perfezionato l’arrivo a parametro zero di Andrea Pirlo.

L’ultimo tassello invece, in una campagna acquisti che porterà in bianconero Vucinic, Lichtsteiner, Vidal, Estigarribbia, Elia e Giaccherini, è l’apertura dello Juventus Stadium la sera dell’8 settembre 2011.

Con un nuovo stadio, un nuovo allenatore e una squadra profondamente cambiata la Juventus si presenta ai nastri di partenza della stagiona 2011/2012 come una serie pretendente per la qualificazione in Champions League.

Il resto è storia, leggenda, mito.